UNA PROMESSA PER DUE

di Patrizio 71


Capitolo 1

Tokio, base dei Cyborg.

-Joeee, dove sei?-
-Sono qui… che succede?-
-E' arrivata una lettera per te.-
-Per me? E chi può essere?-  Françoise consegnò la lettera al ragazzo, guardandolo con aria interrogativa.
-Grazie. Ma perché mi guardi così?-
-Niente, mi chiedo chi può essere... forse una delle tue ammiratrici?-
-Ma smettila, non faccio il pilota da due anni oramai.-
-Va bene, sarà come dici tu... ti lascio solo... ci vediamo dopo.-
-Si, ciao.- Joe aprì la busta, notò subito che non c'era intestazione, solo il suo nome.
Il timbro postale indicava Dallas, Texas come provenienza. "Mah, chi sarà da così lontano".
"Caro Joe, non so nemmeno da dove iniziare. Forse dovrei presentarmi, anche se avrei preferito farlo venticinque anni fa quando sei venuto al mondo. Ebbene... mi chiamo George Harris e sono tuo padre. Forse resterai un po' attonito di fronte a questa mia affermazione ma ti giuro che è la pura verità. Sono venuto a sapere di te solo due mesi fa, quando, durante una mia missione nei dintorni della baia di Tokyo, di nascosto mi sono presentato a casa di tua madre e ho scoperto la verità su di lei, e su di te. Non so perché l'ho fatto, forse volevo rivederla dopo tanto tempo. L'ho sempre amata nel mio cuore, anche se è stato un amore breve ed impossibile. In quella casa ho trovato solo una signora anziana di nome Akiko, una donna minuta e stanca coetanea di tua nonna, che, con voce triste, mi ha raccontato ogni cosa accaduta a tua madre alcuni anni dopo la fine della grande guerra quando, dopo essere sopravvissuto alla prigionia giapponese, e dopo essere stato dimenticato dai miei concittadini, l'ho conosciuta e me ne sono subito innamorato. Ho saputo dello sforzo di Kaoru nel portarti in grembo e di darti alla luce. Anche se ci siamo amati una sola notte, è l'unica donna che ho portato con me nel mio cuore. Ha lottato contro tutto e tutti per dare alla luce mio figlio. Ho saputo da quella signora il suo cognome, Shimamura e che aveva pensato di chiamarti Joe. Lei è morta davanti a quella chiesa ed io non sapevo niente. Non chiedermi del perché non ti abbia cercato da quando ho saputo di te. Non riuscirei nemmeno a guardarti in faccia. Io sono uno scienziato. I miei studi sull'energia atomica mi hanno portato a lavorare per un’organizzazione chiamata Fantasma Nero la quale, all'inizio, credevo fosse benefica ma che si è rivelata come la più criminale e  senza scrupoli  da cui non posso venirne fuori se non col tradimento e quindi con la morte. Mi vergogno di me stesso e non trovo pace. Se stai leggendo questa lettera vuol dire che sono riuscito a consegnarla al mio unico fratello ma che pagherò questa mia leggerezza con la morte. Mi stanno torturando e vogliono sapere ciò che non ho intenzione di dirgli. Non so quanto potrò resistere. Da quando ho saputo di te, ho sabotato di proposito alcuni esperimenti sugli armamenti per i sottomarini nucleari. Purtroppo mi hanno scoperto ma sono riuscito a far avere mie notizie e questa lettera a mio fratello. Si, hai uno zio nel Texas, il suo nome è Steve Harris, è un ricco imprenditore petrolifero che vive solo in una fattoria vicino a Dallas. Sicuramente ha avuto i mezzi per trovarti e spero ci sia riuscito, così saprai di me. E' molto malato, soffre di cancro allo stomaco, non so quanto tempo gli resta da vivere. Se vai a trovarlo, lui sa di te e  può raccontarti tutto ciò che sa. Spesso ci siamo sentiti per corrispondenza ma i miei capi non sanno di lui, né devono saperlo. Gli ho detto di trovare notizie su cosa fai e dove abiti e di spedirti questa lettera solo dopo la mia morte, non avrei voluto tu corressi rischi mortali per cercarmi, non l'avrei sopportato. L'unico mio rammarico è di non essere riuscito a guardarti negli occhi e dirti quanto avrei voluto conoscerti e passare del tempo con te. Ti voglio bene. Tuo padre."
Joe sbiancò all'istante, mai si sarebbe immaginato di ricevere notizie dal padre e di avere uno zio negli Stati Uniti. Nel vedere il dottor Gilmoure che gli si stava avvicinando dovette trattenersi dal piangere.
-Tutto bene ragazzo?-
-Certo, dottore, tutto bene.-
-Non mi sembra dalla tua espressione.-
-Non si preoccupi, sto bene, ho solo un po' di mal di testa.-
-Joe, puoi venire con me in laboratorio?-
-Arrivo subito professore, mi dia un minuto.-
-Ti vedo pallido, sicuro di star bene?-
-Tutto bene, glielo assicuro... arrivo subito da lei.-
Joe teneva la lettera del padre in mano, quasi fosse un tesoro. Ancora non ci credeva. Il suo sguardo si incupì. Ma cercò di ricomporsi e di reagire. Nel suo cuore aveva sempre saputo che suo padre potesse essere scomparso, o che forse non volesse saperne niente di lui. E' vero, quella lettera lo aveva destabilizzato, ma il suo cuore non avrebbe mai battuto per lui, bensì solo per sua madre.
"Papà. Tu non mi volevi. Solo la mamma ha lottato tanto per me."
TOC TOC... -Sono io, posso entrare?-
-Prego, entra.-
-E' successo qualcosa dottore?-
-No, volevo solo commentare una notizia con te.-
Sul tavolo, nel suo laboratorio, c'era un quotidiano nazionale aperto.
-Sai Joe, poco fa, sullo Yomiuri Shinbun stavo leggendo un articolo molto interessante. Sembra che negli Stati Uniti abbiano sviluppato una nuova tecnologia cibernetica di livello molto alto che permetterebbe di invertire in qualche modo il processo di trasformazione dei cyborg, nel senso che possono togliere elementi meccanici sostituendoli con altri umani mediante speciali micro incisioni e mini trapianti. In poche parole riescono a fondere perfettamente la parte meccanica con quella umana favorendo, quando è possibile, anche il processo naturale di invecchiamento.
-Molto interessante, ma di quali organi si tratta?-
-Beh, il cuore no, quello voi cyborg lo avete già, seppur artificiale. Qui si parla di alcuni organi ma l'articolo non li specifica tutti. Ci sono scritti solo degli esempi. Ma una cosa mi ha colpito particolarmente. Sembra che nei cyborg donna possono inserire l'apparato naturale riproduttivo. Hanno fatto già delle prove su animali e, pare, con ottimi risultati. Qui di seguito c'è un sunto dell'intervista rilasciata dal dottor Ryan, il direttore di questo centro il quale, tra le altre cose, è un mio vecchio amico. Lui era molto più bravo di me nel campo della ricerca. Io, purtroppo, ho scoperto a mie spese di esserlo molto di più nella cibernetica applicata al settore militare.-
Con quelle parole Gilmoure si incupì e Joe fu pronto a rincuorarlo.
-Non dica così dottore. Ne abbiamo parlato decine di volte. Non è colpa sua se le avevano detto che eravamo tutti dei volontari che si sono offerti spontaneamente. E comunque questa notizia è una buona cosa no? Chissà quanti cyborg potranno rifarsi una vita.-
-Non è così semplice Joe. Ho sentito il dottor Ryan di recente e mi aveva accennato di queste sue ricerche. Oltre al fatto che non funziona su tutti i cyborg, ma solo su alcune categorie diciamo... meno meccanizzate dei normali tipi, è un processo lungo e complicato. L'équipe di quel centro è formata da luminari sia in campo anatomico che in quello biocibernetico e neurologico. Occorre fare degli esami di idoneità, avere dei requisiti ben precisi. Prima dell'operazione, c'è una speciale preparazione fisica e mentale, assistenza, controlli e speciali farmaci da assimilare. Successivamente c'è l'operazione vera e propria, la quale deve svolgersi senza alcun tipo di rigetto. Infine altri controlli periodici ed altri farmaci particolari, una dieta speciale per qualche mese ed esercizi sia fisici che respiratori fino ad esaurimento del ciclo. Hanno stimato la durata intera del trattamento in un anno e mezzo circa, dipende dal paziente. Senza contare il costo complessivo, si parla di circa dieci milioni di dollari.-
-Accidenti, sono parecchi soldi.-
-Si, ma dobbiamo considerare anche la complessità di questo fatto, è una cosa eccezionale.-
-Professore, posso farle una domanda?-
-Certo, dimmi pure.-
-Mi corregga se sbaglio. Io credo, anzi, sono sicuro che, tra noi, Françoise, per com'è lei, abbia tutti i requisiti per fare tranquillamente quel tipo di intervento, giusto?-
-No, non ti sbagli. So alla perfezione com'è lei e ti assicuro che risponderebbe perfettamente ai canoni richiesti dal dottor Ryan.-
-Quindi, se potesse farla, tornerebbe quasi normale.-
-Presumo di si. Ma perché me lo chiedi?-
-Professore, devo partire per Dallas, in Texas per qualche giorno. La situazione mi sembra tranquilla, che ne dice?-
-Ma perché in Texas? Cosa ci devi andare a fare?-
-Pare che lì viva un uomo che potrebbe essere mio zio.-
-Ma è fantastico ragazzo. E come l'hai saputo?-
-La lettera che mi è giunta poco fa, me l'ha spedita lui, credo dopo attente ricerche. E lui potrebbe…-
-Potrebbe cosa?-
-Niente professore, è un idea che mi è passata per la testa improvvisamente… diceva?-
-E cosa aspetti? Fai le valigie e parti.-
-Grazie mille dottor Gilmoure.-
-Joe, viene anche lei con te, vero?-
-In realtà lei non sa niente.-
-Non credi che ci resterà male?-
-In effetti...-
-Secondo me dovresti dirglielo.-
-In realtà, dopo quello che mi ha detto, farei anche una visitina a questo centro di ricerche del suo amico Ryan.-
-Parli sul serio?-
-E perché no. Dato che sono negli Stati Uniti parlerò anche con lui. Non è che un giorno o due di differenza cambino qualcosa. E forse riuscirò a far fare a Françoise quella operazione.-
-Cosaa? Sarebbe fantastico. Se vuoi ci parliamo assieme, ma... economicamente non so se...-
-Vedremo, una cosa alla volta. Comunque ha ragione, devo dirle tutto, anche di quell'istituto. Però le parlerò io, se permette. Devo convincerla a restare qui.-
-Certo, come vuoi.-
-Si, preferisco. Ci sono stati parecchi dirottamenti in questi ultimi due anni, non vorrei accadesse proprio durante questo viaggio.-
-Joe, ricordati di fare attenzione.-
-Come sempre, professore.- Joe uscì dalla stanza e si diresse fuori. C'era un bel sole, la primavera giapponese era alle porte e la temperatura era piuttosto mite.
Appena scese gli scalini trovò Punma e Bretagna che stavano chiacchierando, Jet e Albert erano in giro per Tokyo a spassarsela, lui cercava lei e la trovò seduta su una sdraio che prendeva il sole.
-Occhio alla tua pellicina delicata, sai che il primo sole è il più pericoloso.-
-Ahhh, si sta una meraviglia. Perché non ti sdrai accanto a me.-
-Volentieri.-
-Tutto bene?-
-Si, certo.-
-Non hai da dirmi niente?-
-A proposito di che?-
-Beh, della lettera, per esempio.-
-Se te lo dico non mi crederesti.-
Joe abbassò lo sguardo, la chiacchierata col dottor Gilmoure gli aveva fatto dimenticare la lettera del padre. Aveva in mente solo lei e quell'articolo di giornale.
-Joe, chi è il mittente?-
-Mio padre.- Françoise sgranò gli occhi…
-Cosaaaa? E me lo dici così tranquillamente?-
-E' morto Françoise, non c'è molto da dire. Ricevendo quella lettera mi ha già detto che è morto.-
-Oh Joe, mi dispiace tanto. Avresti potuto conoscerlo, povero tesoro mio.-
-Non fa niente, mi ero rassegnato già da tempo ad essere solo.-
-Non sei solo.-
Françoise si alzò in piedi e gli prese le mani.
-Alzati.- Lui si alzò in piedi e lei lo abbracciò stretto.
-Io starò sempre con te, se lo vorrai.- Mentre lei lo stava per baciare Joe ebbe un esitazione...
-Che ti prende Joe?-
-Niente, pensavo solo che... tu potresti avere di meglio, molto meglio di me.-
-Ancora con questa storia?-
-Françoise, devo dirti una cosa importante. Vedrai che poi cambierai idea su di me, e su di noi.-
-Se è uno scherzo è davvero di pessimo gusto.-
-No, è una cosa seria. Ascoltami, ti prego.-
-C'è un'altra donna?-
-Ma no, non è questo.-
-Sei sempre innamorato di me?-
-Si... ma non è questo.-
-Allora, qualsiasi altra cosa non mi importa di saperla. Faremo come stabilito mille volte.
Quando questa maledetta tensione USA URSS finirà ed il mondo sarà in pace, ce ne andremo via insieme, non è certamente il tempo che ci manca, essendo dei cyborg.-
-Non si tratta di questo. Devo parlarti di una cosa molto importante della quale ho discusso col dottor Gilmoure.-
-Sarebbe?-
-Prima devo farti una domanda.-
-Va bene… dimmi.-
-Françoise, se tu potessi tornare quasi umana, diciamo ancora di più di come sei ora, e se tu potessi avere dei figli, cosa mi rispondi?-
-Ma che stai dicendo? Lo sai anche tu che è impossibile.-
-Si ma... se fosse possibile? Se tu potessi tornare quasi del tutto indietro lo faresti?-
-Assolutamente si. Sai che è sempre stato ciò che voglio di più dalla vita, insieme allo stare con te.-
-Bene, a me questo basta e avanza.-
-Che significa?-
-Niente, va bene così.-
-Joe, hai paura di cosa potrei fare? Io non potrei mai lasciarti, nemmeno se, per un assurdo caso, tornassi umana.-
-Invece dovresti farlo, non potresti stare con me, non sarebbe giusto.-
-E per le altre era giusto? Guarda che so tutto, eppure non ti facevi tanti problemi.-
-Con loro era diverso, non ho costretto mai nessuno. Ma a te non potrei fare una cosa simile.
Non potrei mai negarti il piacere di diventare mamma e di invecchiare come un normale essere umano. Piuttosto mi ucciderei.-
-Sei crudele. Come al solito non capisci i miei sentimenti. Credi che stia insieme a te solo perché siamo simili?-
-Françoise, se non ci fossimo trovati insieme non ci saremmo mai conosciuti né messi insieme.-
-Ma è successo e a me va bene così. E... per la cronaca, ho avuto mille occasioni per cercare un altro uomo che mi avrebbe accettato così come sono ma ho sempre voluto te e solo te, stupido testone che non sei altro.-
-Devo fare un viaggio.-
-E dove?-
-Dallas, Texas.-
-A fare cosa?-
-Devo conoscere una persona che potrebbe essere mio zio.-
-Posso venire con te?-
-Françoise, sai quanti dirottamenti ci sono stati negli ultimi anni?-
-Diversi, lo so. Ma io vengo ugualmente con te. Su questo non ci sono dubbi.-
-Preferirei restassi qui al sicuro.-
-Io invece preferisco venire con te... sempre se non ti do fastidio.- … Disse con vivo sarcasmo.
-Devo?-
-Devi.-
-Va bene, tanto non potrei farti cambiare idea anche se lo volessi.-
-Appunto, quindi è inutile che ci provi.-
-Va bene, allora avvertiamo il professore che domani partiamo.-
-Domani???-
-Si, è urgente, devo vederlo prima possibile.-
-Va bene. Vado a preparare le valigie.-
-Aspettami e vengo ad aiutarti.-
-No, le faccio io tutte e due, ti dimentichi metà cose come sempre.-
-Donna di poca fede. A dopo.- ... disse sorridendole.
 Françoise sorrise, gli si avvicinò e lo baciò sulle labbra, questa volta ricambiata.
-A dopo, chéri.-
"Petite. Se tu sapessi le mie vere intenzioni mi uccideresti."

Capitolo 2

Joe si diresse nel laboratorio del professore. TOC TOC
-Avanti Joe, entra pure.-
-Come faceva a sapere che ero io?-
-Sesto senso. Hai parlato con lei?-
-Si, e come lei aveva previsto, verrà con me.-
-Joe, posso chiederti quanto tempo starete via?-
-Non lo so dottore, ma credo una settimana, massimo dieci giorni, perché?-
-Abbiamo degli impegni molto importanti.-
-Che genere di impegni?-
-Joe, sai già tutta la storia. Ufficialmente siamo un gruppo esperto di antiterrorismo internazionale e militare che ha dato il suo contributo alla sconfitta della più grossa organizzazione criminale di tuti i tempi,  i Black Gost. Godiamo di assoluta facoltà di scelta ed azione ma se ci viene chiesto di eseguire azioni sotto copertura, di spionaggio o di protezione esponenti politici, dobbiamo rispettare gli accordi con le Nazioni Unite, solo così il nostro passato e le nostre identità personali, non saranno mai messe a conoscenza del Mondo. Sono già stato contattato anzitempo dall'ambasciata americana in Giappone, dobbiamo essere presenti all'incontro Usa URSS il 22 maggio a Mosca.-
-Professore, stia tranquillo, siamo appena al 10 di Marzo. E comunque siamo stati già molto efficienti per l'incontro di Nixon con Mao Zedong e Zhou Enlai a Pechino.-
-Si, vero, ma lì siamo stati perfetti e avevamo studiato ogni particolare del servizio di sicurezza e delle persone presenti all'incontro. Abbiamo avuto tutto il tempo di accertarci delle identità di ogni uomo addetto alla sorveglianza onde evitare falle. In Unione Sovietica non avremo tutta questa autonomia.-
-Faremo bene il nostro lavoro anche questa volta, può fidarsi ciecamente.-
-Non lo metto in dubbio Joe, ma quest'incontro, è in assoluto il più importante del secolo, ci sono molte cose d'importanza mondiale in ballo, non te lo scordare.-
-Abbiamo tempo, magari, nel frattempo, quando tornano Jet e Albert, potreste iniziare a definire il piano per la sicurezza dei premier. Forse sarà ancora più complicato ma oramai siamo abituati ad avere tutto sotto controllo e a prevedere ogni mossa di eventuali attacchi o attentati. Andrà bene, glielo garantisco.-
-Hai ragione, di tempo ne abbiamo in abbondanza. Voi andate pure e comportati bene con tuo zio.-
-A proposito. Dove è situato il centro di ricerche del suo amico Ryan?-
-A New York, perché?-
-Se tutto va come previsto, passeremo anche di lì. Avevo intenzione di portarci Françoise con calma una volta  finita questa delicata missione ma, dal momento che è inamovibile, ne approfitto per portarcela ora.-
-Sarebbe magnifico... e credo di intuire il tuo piano. Casomai, quando vai da lui, fammelo sapere che lo avverto per telefono e gli illustro un po' la situazione.-
-Grazie professore, di cuore.-
-A presto, Joe.-
L'indomani mattina i due ragazzi salutarono il professore, Ivan e gli altri ragazzi presenti, Punma, Bretagna e Chang. Gli altri erano tornati momentaneamente alle loro occupazioni tradizionali. Sarebbero tornati alla base tra una decina di giorni.
Il viaggio all'aeroporto di Tokyo si svolse stranamente nel più completo silenzio.
Françoise aveva tentato più volte di capire cosa avesse Joe per la mente ma senza risultati.
Ad un certo punto non ce la fece più ed iniziò...
-Si può sapere cos'hai? E' da quando siamo partiti che sei silenzioso.-
-Ma io sono sempre silenzioso.-
-Non così, almeno non così a lungo. Cosa c'è che non va?-
-Niente, sono solo un po' ansioso.-
-Questo posso capirlo ma a tutto c'è un limite. Sei deluso perché ti ho praticamente costretto a venire con te?-
-Ma no, non è questo. Anche se lo avrei preferito. E' solo che... è tutta la situazione, prima scopro che mio padre non solo era vivo ma che non ha nemmeno tentato di trovarmi perché era un criminale, poi che ho uno zio in Texas. Nonostante abbia cercato di negarlo a me stesso, questa situazione mi ha colpito.-
-Joe, se vuoi parlarne, sai che ci sono sempre per te.-
-Lo so, e ti ringrazio, ma non voglio coinvolgerti troppo in certe questioni che potrebbero farmi stare male, tu devi essere tranquilla e serena.-
-Ma Joe, cosa dici? Io sono serena e felice se lo sei anche tu. Perché vuoi escludermi dalle tue cose? Io non l'ho faccio mai con te.-
-Hai ragione, ma hai già i tuoi problemi, con i tuoi, con la danza che a stento riesci a praticare. Mi dispiace tanto per la tua situazione, e ancor di più che non possa fare niente per aiutarti. Ma ti giuro che farò tutto il possibile affinché un giorno tu possa essere felice.-
-Io sono già felice, sto assieme a te, cos'altro potrei desiderare?-
-Una vita migliore, ed io ce la metterò tutta per riuscire a dartela.-
-Non so se essere contenta per le tue parole o se essere spaventata. Sei strano quando parli in quel modo.-
-Non pensarci ora. Ci penseremo a tempo debito. Siamo arrivati.-
I due ragazzi consegnarono l'auto al parcheggiatore per la custodia fino al loro ritorno. Presero le valigie ed entrarono all'aeroporto. Il volo partì puntuale, erano circa le 9 del mattino.
-Ed ora rilassati, il volo è molto lungo. Quando hai voglia di parlare io sono qui.-
Joe appoggiò la testa sopra la sua spalla. -Posso restare così?-
-Certo amore mio, io leggerò un po'. Tu riposati. Mi sono accorta sai, stanotte non hai chiuso occhio.-
-Come? Ho cercato di non darti fastidio... mi dispiace.-
-Non mi hai dato nessun fastidio. Ma ormai ti conosco a memoria, e so quando sei teso e quando non riesci a dormire.-
-A te non posso davvero nascondere niente. Ma ho sbagliato a dormire con te. Forse avrei dovuto lasciarti in camera tua così avresti riposato meglio.-
-Sono stata io ad insistere, non ricordi? E poi io sto benissimo. E basta ora. Se vuoi parlare fallo, ma senza dire scemenze.-
Gli accarezzò i capelli, come faceva di abitudine e poi le guance. Gli diede un leggero bacio sulle labbra e tornò a leggere.
-Fallo ancora.- Lei sorrise e lo baciò ancora allo stesso modo ma lui accolse quel bacio e iniziarono a baciarsi molto più profondamente.
-Ora va meglio.- Esclamò lui...
-Si, decisamente meglio.- Continuò lei... -Credevo fossi un altro da ieri sera, non mi hai nemmeno sfiorata... e questo non è da te.-
-Hai ragione, scusa. Ero molto stanco ieri sera.-
-Scusami tu. Ora rilassati. Dopo cercherò di farlo anch'io.-
Françoise, anche se non lo dava a vedere, era molto pensierosa. C'era qualcosa che non le tornava nel comportamento di lui. Stava leggendo quel suo libro ma in realtà iniziava sempre la stessa pagina oramai da un po'. Rifletteva su quanto le aveva detto Joe e c'erano molte cose dette da lui che non le erano piaciute e non si capacitava del perché. "Qualcosa non mi torna in lui. Ho come una sensazione di disagio. E' strano, è molto più enigmatico del suo solito e non riesco a percepire i suoi pensieri. Di solito riesco a capirlo solo guardandolo, ora mi accorgo che siamo lontani anni luce dal capirci. Ho un brutto presentimento".
Assorta nei pensieri si addormentò, mentre lui dormiva da un ora circa. Si svegliarono perché passò il tizio del carrello dei cibi e delle bevande. Il resto del viaggio fu tranquillo, anche se parlarono molto poco.
Joe era sempre più taciturno, lei sempre più pensierosa. Atterrarono al Forth Worth di Dallas all'incirca alle 8 del mattino ora locale. L'aeroporto di Dallas era davvero enorme e affollato. Non fu facile prendere le valigie con quella massa di gente ed arrivare all'uscita.
Non sapendo con precisione il luogo della casa dello zio, i ragazzi si recarono nell'ufficio informazioni più vicino della città. L'impiegato, alla richiesta di Joe fu molto restio nel dare informazioni. Joe gli spiegò la situazione e quello che gli aveva scritto il padre. Finalmente il ragazzo diede loro tutte le informazioni necessarie. Così chiamarono un taxi e si fecero portare in centro di Dallas per cercare un albergo. Posarono le valigie e si sistemarono.
-Joe.-
-Si?-
-Tutto bene?-
-Certo, perché me lo chiedi?-
-Niente. E' solo che... mi sembri distante.-
-Amore mio, tranquilla. Va tutto bene.-
-Ho tempo di fare una doccia?-
-Certo, io intanto torno alla reception e mi faccio consigliare un autonoleggio.-
-Ok, ma non metterci troppo. Non voglio restare qui da sola.-
-Mmm... interessante. E' una proposta?-
-Può darsi.-
Gli sorrise con sguardo malizioso... Françoise iniziò a spogliarsi e poco dopo Joe sentì il rumore dell'acqua cominciare a scorrere.
"Beh, credo che il noleggio possa aspettare." Joe, senza indugiare oltre, si spogliò di corsa e raggiunse Françoise sotto la doccia. Appena sentì la porta della cabina aprirsi e se lo trovò davanti completamente nudo, lo guardò quasi di sbieco cercando di nascondere la sua soddisfazione ed il suo desiderio, ma un leggero morso sul labbro inferiore la tradì…
-Improvvisamente mi è venuta voglia di fare la doccia. Posso?-
-Vieni subito qui.- Iniziarono a baciarsi e a desiderarsi sempre con maggior impeto per poi  alla fine  abbandonarsi alla passione. Si riposarono qualche ora, il viaggio era durato molte ore.
Dopo di che si vestirono e andarono giù in reception assieme. Oltre all'informazione circa la macchina da noleggiare, Joe chiese ed ottenne la cartina stradale della periferia di Dallas. Era lì che suo zio aveva il ranch.
La macchina arrivò subito poco dopo. Françoise faceva da navigatore ed arrivarono finalmente davanti al cancello di una proprietà immensa. Joe, al contrario di Françoise, quasi non riusciva a vedere il ranch da quanto era lungo il vialetto per arrivarci. Scesero entrambi e suonarono il campanello.
Una voce di donna rispose:
-Chi è?-
-Buonasera signora, vengo da parte di George Harris, ho bisogno di parlare col signor  Steve Harris.-
-Ma chi siete?-
-Il signor Harris è lì con lei?-
-Si, perché?-
-Gli dica che suo nipote Joe Shimamura è venuto a trovarlo, lui capirà.-
-Aspetti un minuto, prego.-
Passarono forse due minuti... -Disinserisco gli allarmi e vi apro il cancello. Non fate caso ai cani se abbaiano, fanno così quando entrano degli estranei.-
-Va bene, grazie.- L'enorme cancello si aprì e i due ragazzi percorsero il viale. Il ranch era davvero enorme, c'erano svariati animali.
-Guarda, i cavalli... però ne conto solo quattro... strano per un ranch così enorme.-
-Magari ne aveva molti di più quando era in salute.- Arrivarono davanti all'entrata.
Il portone si aprì e si fece avanti una donna sulla cinquantina e una ragazza.
-Salve, io sono Margareth, questa è mia figlia Susy. Il signor Harris è in salotto, vi sta aspettando.-
-Piacere, io mi chiamo Joe e lei è Françoise.-
-Molto piacere.-
-Enchanté.-
-Seguitemi.- Li condusse in un enorme salotto. Steve Harris era sulla sedia a rotelle che guardava fuori dall'enorme finestra che dava sul lato del ranch riservato ai cavalli.
-Signor Harris, ci sono visite per lei.- Si girò e, molto cordialmente, li salutò.
-Benvenuti nella mia fattoria, sono felice che mi abbiate trovato. Tu devi essere Joe.-
-Si signore, sono io. Mi chiamo Joe Shimamura, questa è Françoise Arnoul, la mia ragazza.-
-Onorata signor Harris.-
-Basta con questo signore. Mi fate sentire ancora più vecchio di quel che sono già. E' da molto tempo che non ricevo visite che non siano dottori o infermieri, mi fa piacere vedere facce nuove e giovani come voi.-
-Come sta signore?-
-Figliolo, io sono arrivato al capolinea, tuo padre te l'avrà già accennato. Sono molto malato.-
-Si, mi ha detto del cancro allo stomaco. E non può curarsi in qualche modo?-
-Temo di no. Siamo all'ultimo stadio. E' questione di settimane. Per questo sono felice di averti almeno conosciuto. Sei l'unico parente che mi resta.-
-Lo so, e mi dispiace conoscerla in questa situazione difficile. Ma io non sapevo niente, mi creda.-
-Lo so Joe. Comunque credo tu voglia sapere soprattutto di George, tuo padre.-
-A dirle la verità è la ragione principale per cui sono venuto qui… anche, non nascondo, che mi fa piacere vederla.-
-Si, lo so. Tuo padre mi aveva detto che un giorno saresti venuto. Tu sai cosa gli è successo, vero?-
-No, di preciso no. Mi ha solo detto di non cercarlo perché sarebbe stato pericoloso per me e per chi mi sta vicino e che probabilmente sarebbe morto presto a causa del suo lavoro.-
-Si, tutto questo è esatto, ma non è tutto.-
-Ci racconti di lui signore, la prego.-
-Posso parlare anche davanti a questa bella signorina?-
-Certamente, lei sa tutto di me, anzi, a dire il vero mi conosce più di quanto mi conosca io.-
Françoise arrossì ma, tutto sommato, Joe aveva detto il vero, era proprio così.
-Joe, se vuoi parlare da solo col signore, per me non c'è problema, davvero.-
-No, Fran, resta con me... ho bisogno di te.-
-Allora resto volentieri mon amour.-
-Adoro la Francia, è molto tempo che non ci vado.-
-Beh, può ancora venirci, non si perda d'animo.-
-Dubito che ne avrò il tempo, ma ci proverò mademoiselle.-
-Mi racconti, la prego.-
-Bene Joe. Tu sai che George è mio fratello. Ha saputo di te non molto tempo fa, ma questo te lo avrà scritto in quella lettera che hai ricevuto. Anche volendo, non saresti mai riuscito a trovarlo se lui non avesse voluto.
Quando ricevetti la sua ultima lettera, in quella stessa busta, vi era contenuta, ben ripiegata, anche quella che ti ho spedito da Dallas, la stessa che lui avrebbe voluto spedirti ma che non sapeva dove. Mi spiegava che era in pericolo e che lo avrebbero ucciso poiché avevano scoperto i suoi sabotaggi. Lo torturavano perché erano convinti che lui facesse il doppio gioco e che lavorasse per altre persone. Erano vicini a realizzare un'arma molto pericolosa.. Per questo tuo padre ha fatto si che molte formule venissero distrutte, per non completare del tutto quell' arma.-
-Che tipo di arma?-
-In pratica i sottomarini armati di missili nucleari, telecomandati a distanza, sarebbero stati in grado di colpire bersagli a lunga gittata, e quando parlo di lunga, intendo molto lunga, migliaia di chilometri.-
-Accidenti, un bel guaio per chi non ha difese idonee contro un simile attacco.-
-Si, esatto.-
-Ma come gli è venuto in mente di lavorare per simili criminali?-
-Tutto è cominciato verso la fine della seconda guerra mondiale, quando, durante l'invasione americana, conobbe tua madre e, anche se non poterono vedersi per molti mesi, si innamorarono perdutamente. Poi,  nell’agosto del 1946, circa un anno dopo la fine della guerra, lui fu costretto a lasciare il Giappone. Il governo nipponico lo avrebbe fatto uccidere se lo avessero trovato. La famiglia di tua madre, anche se disonorata, accettò le richieste di Kaoru per far fuggire tuo padre negli Stati Uniti a bordo di una mercantile. Non seppe che Kaoru era rimasta incinta. Per tutti questi anni ha ignorato di avere un figlio. Quando si è laureato in fisica nucleare, divenne presto un grande scienziato e, durante i suoi viaggi in Asia,  fu preso a lavorare per quell'organizzazione. Accettò di buon grado perché avrebbe avuto ottime risorse e tempo da dedicare ai suoi studi sull'energia solare e altre forme alternative. Quando poi gli fu prospettato di applicare le sue teorie all'energia nucleare con l'inganno che sarebbero state usate a scopi benefici, lui accettò e ci si buttò dentro anima e corpo. Mi disse che avrebbe impedito a qualsiasi costo un nuovo uso del nucleare come arma di distruzione di massa come avvenne a Hiroshima e Nagasaki. Lui amava il Giappone, si sentiva in colpa essendo americano. Ma poi scoprì le vere intenzioni dei Fantasmi Neri e si ribellò. Non fu facile comunicare tra di noi. L'ultima lettera, per fortuna la più importante, mi è stata recapitata da un suo fedele collaboratore all'insaputa di tutti. Credo che tuo padre fosse già morto quando l'ho aperta. Mi ha detto di Kaoru, che avevo un nipote di nome Joe e che, probabilmente, avrei dovuto cercarti con tutti e due i cognomi, Harris e Shimamura. Ed eccoti qui, davanti a me. -
-Non ho parole signore, è una storia molto triste ed io non ho saputo mai niente. Il poco che so è che mia madre, molto malata e con una febbre da cavallo causata dalla polmonite, mi ha affidato ad un prete che poi mi ha cresciuto. E' vero che la sua famiglia ha aiutato mio padre, ma quando sono venuto al mondo, l'insistenza e la disapprovazione degli altri loro concittadini hanno portato i miei nonni a rinnegare mia madre come figlia perché li aveva disonorati. Va bene aver amato un nemico americano, ma un figlio era troppo da digerire a quei tempi. Sono vivo per miracolo.-
-Povero ragazzo mio, chissà quanto hai sofferto. Non ho mai avuto il piacere di conoscere tua madre, ma, da quel che mi ha raccontato tuo padre, doveva essere una donna straordinaria.-
Il volto di Joe si incupì, una lacrima gli scese dalle guance e Françoise fu prontissima ad abbracciarlo ed a calmarlo. Stava letteralmente crollando.
-Tranquillo amore mio.  "Meno male sono venuta con lui, sapevo che sarebbe andato incontro a ricordi spiacevoli". Ora ci sono io qui con te... sei al sicuro.-
-Françoise... Dio mio Françoise.-
-Vieni qui tesoro mio, piangi pure quanto vuoi.- Françoise abbracciò Joe con tutte le forse che aveva e lui piano piano smise di piangere. "Amore mio, meno male che hai insistito a venire con me".
-Mi dispiace Joe che tu sia venuto a conoscenza solo ora di tutti questi fatti, se avessi saputo, ti avrei cercato prima.-
-Non è colpa sua signore. La ringrazio di avermi raccontato questa storia. Anche se triste, almeno ora so qualcosa di mio padre.-
-Joe, mi resta un mese di vita, forse meno e devo essere onesto con te. Ho fatto qualche ricerca. So del tuo passato da teppista, da campione di formula uno, so che lavoro fai quando non corri. Non è che tutto mi sia particolarmente chiaro, alcune notizie che ho chiesto su di te, mi sono arrivate come incomplete e laconiche, come se qualcosa di te fosse tenuto nascosto ma voglio credere che tu sia un bravo ragazzo. Non ho che te al mondo, come parente... intendo.-
-Credo di si. Anche a me dispiace di non aver saputo di lei molto prima, avremmo potuto conoscerci meglio.-
-Sono d'accordo ma ora abbiamo questioni molto più importanti a cui pensare.-
-In che senso?-
-Joe, non giriamoci tanto intorno. Tu non hai davvero bisogno dei miei soldi, questo lo so. E so che non sei qui perché sono il tuo unico parente. Non hai quell'espressione in viso, né tu né tantomeno la tua splendida ragazza. Si vede che siete due persone unite, che vi amate, e che avete ben saldi e radicati sani principi ed ideali. Resta il fatto che sono molto ricco e che, presto, lascerò questo mondo. Ti dico subito che il ranch e tutte le proprietà ad esso annesse, oltre ad un cospicuo assegno, vanno, secondo le mie volontà, alla signora Sanchez e sua figlia per ringraziarle di essermi state vicino per tutto questo tempo, credo siano più di venti oramai. Il resto dei miei soldi, circa trenta milioni di dollari vanno a te, come mio unico erede.-
-Signore, io sono lusingato, ma non ho bisogno di denaro... ci sono già i miei sponsor che pagano molto bene anche al di fuori della Formula Uno. Io volevo solo conoscerla e sapere qualcosa in più riguardo mio padre. Forse potrei tornare a trovarla quando il lavoro me lo permetterà, che ne dice?-
-Joe, non so quanto tempo mi resta. Oramai è deciso. Volente o nolente tu avrai quei soldi. Alla mia morte, quindi temo molto presto, ti chiamerà il notaio A.J.Dawson e ti dirà le modalità, compresi i numeri dei conti e le cassette di sicurezza. Tu fai beneficienza Joe?-
-Ma io...-
-Si, lui ha aperto un fondo benefico per bambini orfani a nome di sua madre in Giappone ed un altro per favorire la costruzione di ospedali e scuole in sud Africa.- Rispose Françoise vedendo Joe un po' titubante.
-A dire il vero, signore, se posso chiederle, dovrei aiutare una persona molto malata per un operazione chirurgica per la quale occorre molto denaro, forse potrei approfittare della sua offerta.-
-Figliolo, il tuo è un gesto molto nobile, hai la mia benedizione. Se vuoi posso anche anticipare ogni cosa.-
-Assolutamente no, anche perché, prima di tutto questo, spero di rivederla, davvero.-
-Well, comunque direi che andiamo d'accordo. Sono contento della mia scelta... ma a dire il vero sapevo già ogni cosa ragazzi miei. A proposito, congratulazioni per la sua carriera di ballerina ma chère Françoise.-
-Merci beacoup, monsieur Harris. Lei è una persona très très gentil.-
Rimasero tutti e tre a parlare del più e del meno. Steve Harris era una persona davvero interessante, si poteva percepire dalla sua sicurezza e disponibilità che ne aveva viste di cotte e di crude, nulla lo scandalizzava. Forse Joe e Françoise avrebbero anche potuto confidargli il loro più grande segreto ma, un cuore ed una mente provata come quella di Steve, non avrebbe retto ad una simile notizia. Restarono per cena, la signora Sanchez, per l'occasione, sfoggiò tutta la sua arte culinaria messicana e presentò in tavola cibi molto piccanti, graditissimi da tutti.
Dopo la cena era giunto il momento dei saluti. Joe sapeva benissimo che, probabilmente, era l'ultima volta che incontrava suo zio.
-Non so come ringraziarla per il suo tempo e per la sua disponibilità, ma per noi è giunto il momento di tornare al nostro albergo. Domani possiamo tornare a trovarla?-
-Temo di no, domani sarò tutto il giorno in ospedale per altri controlli, temo saranno gli ultimi.-
-Non dica così, non si libererà così facilmente di noi.- Esclamò Françoise.
-Mia cara, vorrei fosse così ma ahimé il tempo è tiranno. Un'ultima cosa Joe, non avercela con tuo padre, ti assicuro che, da quando ha saputo della tua esistenza, non si è dato pace per fare in modo di poterti conoscere ma, come sai, non gli è stato possibile.-
-Questo lo so e le sono grato delle sue parole. Noi purtroppo domani pomeriggio abbiamo un altro aereo. Le telefonerò quando saremo tornati a Tokyo. Dobbiamo prepararci per una missione molto importante, fa parte del nostro lavoro. Ma torneremo a trovarla.-
Joe e Steve si strinsero calorosamente la mano, dalla sedia a rotelle Steve gli fece cenno di abbassarsi.
-Sei un bravo ragazzo, tuo padre sarebbe orgoglioso di te... ed anche la tua coraggiosissima madre.-
-Grazie Steve, lei sarebbe stato uno zio ed un padre con i fiocchi.-
-Mi accontento di essere uno zio. Sono grato al signore di averti potuto conoscere. E mi raccomando, tratta bene questa deliziosa ragazza.-
-Mi tratta bene, anche troppo bene, stia tranquillo Steve.-  Steve baciò la mano di Françoise molto galantemente.
Presero la macchina e tornarono in albergo. Durante il viaggio Françoise notò che Joe era più taciturno del solito. Era una situazione difficile per lui, e, per la prima volta, anche lei si sentì impotente perché non sapeva bene come aiutarlo. Sapeva che quando Joe si chiudeva a riccio in quel modo, le sue ombre potevano farsi avanti fino a circondarlo completamente. Per un cervellotico cronico come lui, non era il massimo della situazione. E poi rimuginava su alcune cose che non le tornavano... "soldi per un'operazione chirurgica? ma cosa...", ma non si azzardava a chiedergli spiegazioni. Avrebbe aspettato che fosse lui stesso a parlargliene.
-Ho bisogno di fare una doccia.-
-Anch'io Joe.-
-Vuoi andare prima tu?-
-Va bene, grazie... ne ho proprio un gran bisogno. Ehi, se vuoi la rifacciamo insieme. Ti stuzzica l'idea?-
-Si ma... non stasera Fran. Sono stanco. Scusami.-
-Va bene, come vuoi.- "Non è lui, questa ne è la prova".
Entrarono nel letto, un piccolo bacio sulle labbra.
-Buonanotte.-
-Notte.- Françoise, nonostante la stanchezza, non aveva assolutamente un briciolo di sonno e Joe se ne stava girato dall'altra parte con gli occhi ben aperti. Non si dissero una parola. Joe aveva molti pensieri in testa. Al contrario di quel che pensava lei, non erano rivolti a suo zio ed a quello che si erano detti riguardo a suo padre, bensì a tutt'altro.
"E' brutto pensare queste cose, ma, tra non molto, il mio sogno più grande potrà realizzarsi. Certo… avrei cercato di aiutare Françoise anche senza i soldi dello zio, ma ne avrei avuti molti meno da devolvere ai bambini poveri. Ora potrò fare entrambe le cose e quindi realizzare il sogno della donna più importante della mia vita... si, ti renderò felice come lo eri un tempo, anche se senza di me." Una lacrima gli scese sulla guancia, un piccolo singhiozzo ma cercò di controllarsi. D'istinto si voltò su di lei cercando di capire se dormiva.
Françoise restò ferma immobile con gli occhi chiusi e lui tirò un sospiro di sollievo.
"Ti ho sentito, non credere che io stia dormendo. Perché piangi? Perché non vuoi dirmelo? Joe".

Capitolo 3

-Buongiorno.-
-Buongiorno.-
-Dormito bene?-
-Non tanto a dire la verità.-
-Perché? Il letto non era comodo?-
-Il letto era perfetto, non è quello.-
-Ho capito, non vuoi parlarne. Va bene così.-
-No che non va bene Joe. E' da ieri sera che sei strano. Non che tu non ne abbia buoni motivi, questo posso capirlo. Mi resta difficile capire il perché tu mi stia evitando. Va bene la doccia, che già di per se è strano da parte tua rifiutare, ma nemmeno un bacio, una carezza, nessun contatto. Ho fatto o detto qualcosa che non va con tuo zio?-
-Assolutamente no, sei stata fantastica, come sempre ed io apprezzo ogni cosa che fai e che dici. Sono io che non riesco a metabolizzare tutti questi avvenimenti e poi... va beh, lasciamo stare. Ci penseremo quando sarà il  momento.-
-Joe, che succede? Perché credo tu mi stia nascondendo qualcosa?-
-Te ne parlerò Françoise, te lo giuro. Ora dobbiamo andare. Ho fretta di arrivare a New York.-
-Cosaaaaaa? E che ci andiamo a fare così lontano?-
-Ti spiego tutto quando siamo in volo.-
-Ma Joe, non credevo prendessimo altri aerei. E poi non è che abbia portato molte cose con me.-
-Tranquilla, compreremo ciò che ci serve, se occorre. Ma dobbiamo andare, ti prego.-
-Non capisco tutta questa apprensione da parte tua, come se dovesse accadere qualcosa l'indomani. Tutta questa fretta è fuori luogo.-
-Fran, capirai tutto, fidati di me. Perché tu ti fidi ancora di me, vero?-
-Si, e lo sai.-
-Allora  andiamo, coraggio.-
-Va bene, andiamo.-
Lasciarono la macchina all'autonoleggio e presero un taxi.
-All'aeroporto, grazie.-
Arrivati all'aeroporto, comprarono i biglietti.
-Siamo fortunati, il primo volo parte solamente tra tre ore. Ah, ecco un telefono, devo assolutamente chiamare il dottor Gilmoure.-
-Per cosa?- Esclamò lei.
-Devo comunicargli che andiamo lì perché deve avvertire un suo collega.- Françoise continuava a non capire ma seguiva il suo ragazzo più fiduciosa che mai.
-Pronto.-
-Professore, siamo noi. Siamo all'aeroporto di Dallas, tra tre ore abbiamo il volo per New York. Si ricorda ciò che mi ha detto?-
-Ragazzo, sai che ore sono?? Comunque si, mi ricordo. Farò quella telefonata. Tu le hai parlato?-
-No, ancora no. Vedo di farlo durante il volo, sperando che non mi butti di sotto dall'aereo.-
Françoise lo guardò interdetta, aveva sentito ogni singola parola e non nascondeva una certa perplessità. Per non dire nervosismo. Si, ora come ora voleva chiarimenti e non si sarebbe rassegnata moto facilmente. Decise quindi di affrontarlo e di metterlo alle strette. Lui, a quel punto, non si sarebbe più rifiutato di darle le spiegazioni che voleva.
-Grazie professore. La saluta anche Françoise.-
-Fate attenzione. Ci sentiamo presto.-
-Temo non sarà una vacanza.- Esclamò Françoise.
-Può anche esserlo, se vogliamo, ma ci dobbiamo andare anche per un motivo ben preciso.-
-Sono tutta orecchi, puoi iniziare. Visto che ci sei, ti pregherei di farlo dall'inizio.-
-Se mi guardi in quel modo, non posso che acconsentire alla tua richiesta. Magari durante il volo?-
-No, qui, ora. Tanto mancano più di due ore e mezzo all'imbarco.- Joe, un po' controvoglia, iniziò.
-So già che ti arrabbierai ma cercherò di essere il più chiaro possibile. Hai ragione, non è una vacanza vera e propria quella che andiamo a fare a New York. E' una visita ad un centro specializzato che riunisce tutti assieme i luminari che hanno affrontato gli studi più avanzati sulla cibernetica. Hanno fatto passi da gigante circa la fusione dell'anatomia umana con la tecnologia cibernetica. Ho portato con me tutti i tuoi referti che mi ha dato Gilmoure.-
-Cosa? E a che ti servono quei referti? Sono cose mie, personali. Come ti sei permesso?-
-Sbaglio, o avevi detto che ti fidi di me?-
-E questo cosa c'entra, ora? Questa è privacy, Joe.-
-Lo so questo, e ti prego di acconsentire. Prima di farli vedere a qualcuno avrei chiesto il tuo consenso. Non sono così sprovveduto come credi.-
-E a chi dovresti farli vedere, di grazia?-
-Al dottor Jason Ryan, direttore e primario del centro ricerche di New York e alla sua équipe di specialisti.-
-E cosa spera di ottenere? Perché dovrebbe vedere cose mie personali? Con quale scopo? E poi, perché non me ne avete parlato prima? Non ho forse il diritto di essere prima informata se un perfetto sconosciuto possa venire a conoscenza del mio segreto più intimo?-
-Non è come pensi, nessuno vuole studiarti o scannerizzarti, solo vedere come sei nel tuo insieme di essere umano e di cyborg.-
-E tu come lo chiami? Scanner? Risonanza? Radiografia? Tutto si riduce ad essere messa a nudo di fronte a degli estranei.-
-Françoise, ti prego.-
-No Joe, non voglio. Dammi subito quei referti. Dovreste vergognarvi di aver fatto una cosa del genere a mia insaputa. E non voglio venirci a New York.-
-Fran, ascoltami, e fallo bene. Puoi concedermi un minuto per spiegarti? Poi ti prometto che faremo ciò che ritieni meglio, ma fammi provare a spiegarmi, fallo per me, te lo chiedo per favore.-
Lo guardò in un primo momento con aria sospettosa ma, quando affondò i suoi occhi nel suo sguardo limpido e sincero che le chiedeva di ascoltarlo, non poté far altro che dargli tutta la sua attenzione.
-Va bene, se la metti così ti ascolto.-
-Le tue perplessità sono più che giustificate, non avevamo il diritto di decidere certe cose al posto tuo. E sapevo che questo ti avrebbe messo in imbarazzo, ti conosco troppo bene. Ma devi fare uno sforzo. Si tratta di una cosa della massima importanza, per me è diventata la mia principale missione.
Quando nel mezzo c'è il tuo bene, io morirei per te.-
-Joe...-
-Ascolta, se non vuoi farlo per te stessa, almeno fallo per l'amore grande che nutro per te.-
-Joe, lo sai che ti amo da morire. E magari posso anche accettare. Ma almeno dimmi di cosa si tratta. Cosa c'è in ballo?-
-Forse la tua parziale guarigione, o meglio, trasformazione come vuoi chiamarla. Se, dopo aver studiato bene tutto il tuo corpo e tutti i tuoi meccanismi, Ryan arrivasse alla conclusione, come io e il dottor Gilmoure già pensiamo, che tu sei idonea per quel tipo di operazione, potrai tornare quasi umana, potrai riavere alcuni organi tramite dei trapianti ed essere collegati al tuo sistema cybernetico formando un tutt'uno. Tra questi ci sarebbe anche la possibilità di donarti un nuovo organo riproduttivo. Françoise, potresti avere dei figli tuoi, forse potresti anche invecchiare, ci pensi che bello sarebbe?-
Françoise cercò di metabolizzare tutte quelle frasi dette da Joe e non si capacitava. Era troppo, anche per lei. Non riusciva a crederci. Forse era un sogno. Poi le vennero in mente le parole di Joe alla base e pensò che lui avesse già in mente qualcosa. Ma insieme alla grande felicità, unita alla speranza, c'era qualcosa che non le tornava. Aveva sensazioni contrastanti ma cercò di metterle da parte, per il momento.
-Joe, dici davvero? Non mi stai prendendo in giro, vero?-
-E' tutto vero, amore mio. Se, come penso, tu possiedi tutti i requisiti, con un po' di pazienza, tornerai quasi quella di prima. Sei consenta?-
-Joe, sarebbe il mio sogno poter tornare quasi umana, soprattutto avere dei figli. Avremo dei figli nostri, una famiglia tutta nostra Joe...-
Lo abbracciò con tutte le sue forze e iniziò a piangere copiosamente. Lui ricambiò il suo abbraccio ma dentro di lui la tristezza stava venendo fuori poco a poco ma cercò di controllarsi, per quanto potette.
-Ma questa operazione, sarà complicata, molto complicata. Magari anche costosa... non so se...-
-Per questo ho voluto incontrare mio zio, non solo per la curiosità di conoscere finalmente un mio parente, cosa per me bella ed inaspettata, ma sapevo dalla lettera di mio padre che era un uomo ricco e potente. Essendo suo unico parente, anche volendo, non poteva estromettermi dall'eredità. A me non interessano i suoi soldi, questo lo sappiamo tutti, compreso lui, ma una parte serviranno a te per fare quell'operazione. Il resto sai già che lo darò in beneficenza.-
-Allora non gli hai mentito, anche se io non sono "malata" come gli hai detto tu.-
-Una piccola bugia a fin di bene, il risultato è lo stesso, non cambia niente.-
-Joe, non so cosa dire. Io non ti ringrazierò mai abbastanza. Non so cosa verrà fuori ma, qualsiasi cosa succeda, promettimi che l'affronteremo insieme.-
-Te lo giuro. Tutto purché tu sia assolutamente sicura e felice.-
Il viaggio durò all'incirca tre ore. Quando arrivarono era ormai sera. L'aeroporto J.F.K. era davvero enorme, forse tre volte quello precedente di Dallas. Arrivarono in albergo molto stanchi.
-Io ho fame, tu?-
-Anch'io ho un discreto languorino.-
-Ok, facciamoci consigliare un buon ristorante alla repection.-
Il posto era davvero carino, non molto elegante ma accogliente. Françoise guardava fuori dal ristorante la massa di gente che camminava per la via. New York era davvero un altro mondo.
-Non ti sembra tutto più grande in questo posto?-
-Si, ha fatto la stessa impressione anche a me, una città davvero mastodontica, tutto è gigante, dai negozi, ai grattacieli, alle strade.-
-Sai Joe. Non credo che riuscirei a vivere in una città come questa. Mi ci perderei.-
-E' solo abitudine ma chère, ad ogni cosa ci facciamo l'abitudine.-
-Ma le radici sono radici. Ed io non mi staccherei mai dalla mia Paris.-
-Come io dalla mia Tokyo.-
-Un giorno uno di noi due dovrà pensarci a questa cosa... e molto seriamente.-
A quelle parole, Joe restò in silenzio limitandosi ad annuire.
Dopo la cena, nonostante la stanchezza, decisero di fare una passeggiata.
-Che hai Joe? Ti vedo pensieroso.-
-Niente, solo un po' di stanchezza.Tu come stai?-
-Vediamo... sono in questa bellissima e gigantesca città americana, sto passeggiando mano per la mano con l'uomo che amo più di me stessa, secondo te come potrei stare?-
-Sei straordinaria, bellissima. Stasera sei tu che illumini questa città.-
-Sei un adulatore favoloso. Je t'aime Joe.-
-Aishiteru, Françoise.-
Joe cercò di non pensare a ciò che li aspettava domani. Stava sempre più maturando in lui l'idea che il momento della loro separazione si stava sempre di più avvicinando. Sentiva la mano di lei che gli stringeva la sua come in una morsa, come una sua proprietà personale. Non fu facile trattenersi e mettersi ad urlare, ma c'era molto vicino. La smorfia triste e sconsolata sulle sue labbra lo tradì proprio mentre lei aveva il suo sguardo fisso sul viso di lui. Si accorse di questo e cercò di far finta di niente.
-Joe, tutto bene? Cos'è quell'espressione triste?-
-Niente tesoro, è stato solo un attimo, non preoccuparti.- "Maledizione Joe, controllati, che cavolo"!
"Ma cosa c'è che non va Joe? C'è qualcosa che non mi hai detto, lo so, lo sento. Devo scoprirlo, costi quel che costi".
Françoise si fermò, gli si mise davanti, lui dovette fermarsi a sua volta e lei gli si avvicinò e gli buttò le braccia al collo.
-Abbracciami più forte che puoi, ho bisogno di te.-
Joe non se lo fece ripetere due volte e ricambiò affettuosamente il suo abbraccio.
Quando si staccarono Françoise cercò il suo sguardo con insistenza ma lui cercava continuamente di evitarlo, Sapeva che lei lo conosceva a memoria, non sarebbe stato possibile nascondere le sue vere emozioni ancora per molto.
"Una parte di me vorrebbe che fosse subito domani, per sapere cosa ne sarà di noi. Un'altra non avrebbe mai voluto che il dottor Gilmoure mi avesse parlato di quel centro. La perderò, si, per sempre ma è giusto così...  per lei."
"Sento che c'è qualcosa che non va, non è lui, anche se cerca in tutti i modi di nasconderlo. Quando evita il mio sguardo qualcosa di brutto sta accadendo dentro di lui. Devo sapere, non resisto più."
Lo strinse con tutte le sue forze.
-Torniamo in albergo?-
-Si, è meglio. Domani ci aspetta una lunga giornata.-
Si erano molto allontanati dall'albergo, decisero per un taxi.
Fino al ritorno, in taxi, Joe non profferì parola. Françoise fece giusto giusto due parole col tassista ma aveva una gran fretta di tornare in albergo. Entrarono in camera. Lei si diresse subito in bagno a rinfrescarsi, lui fece altrettanto. Mentre lei guardava la città dalla finestra, Joe, d'istinto, si buttò sul letto. Lei gli si avvicinò e dolcemente lo baciò sulle labbra.
-Sei bellissimo amore mio, anche da stanco.- Lei cercava ancora i suoi occhi, sapeva con certezza che quegli occhi non le avrebbero mai mentito. Lui cercò ancora di distogliere lo sguardo e spense la luce grande e accese solo l'abatjour. Ma lei non si dette per vinta e si mise seduta sopra il suo bacino. Poi si chinò con suo corpo a lui tenendogli il viso fermo con le mani.
-Dimmi cos'hai, o ti giuro che mi arrabbio sul serio.-
-Te l'ho detto, sono solo un po' stanco, sarà questa città, che ne so io!-
-Non dirmi bugie, so che c'è qualcosa che ti turba, è da quando eravamo sull'aereo per New York che sei strano. Guarda che ti conosco bene.-
-E' questo il problema. Mi conosci troppo bene. Ma devi fidarti di me, te l'ho già detto. Si sistemerà tutto e sarai felicissima.-
-Ma perché parli sempre al singolare? Tu dove sei in tutta questa storia?-
-Con te, sempre e dovunque.- "Ma non nel modo in cui pensi tu!"
-A me basta questo, che ci sia sempre tu con me. Il resto conta nella misura in cui noi vogliamo che conti.-
-Oyasumi, Françoise.-
-Bonne nuit, Joe.-
Si scambiarono un bacio dolcissimo e dormirono stretti e accoccolati tutta la notte.

Capitolo 4

L'indomani mattina si svegliarono di buon'ora. La giornata era splendida, c'era un bel sole. L'ideale per passare una piacevolissima giornata. Joe, d'accordo col dottor Gilmoure, sapeva già che dovevano essere al centro il più presto possibile. La "visita" di Françoise non era un semplice controllo con un medico qualsiasi, né col dottor Gilmoure. Era un qualcosa di assolutamente straordinario.
-Ma dobbiamo andarci per forza subito?-
-Si Fran, te l'ho detto. Non è come farsi visitare per un influenza. Devi aver molta pazienza e farti visitare come si deve. Poi ci spiegheranno tutto.-
-Io continuo a non essere troppo convinta. E poi, non mi va di farmi vedere senza vestiti da estranei. Solo tu ed il dottore Gilmoure potete farlo, anzi...  nuda solo tu.-
-Non dovrai spogliarti nuda, stai tranquilla. Non l'avrei nemmeno permesso. Sai come sono fatto.-
-Si che lo so... il solito gelosone... e a me piaci così, ricordatelo!-
-Dai, prepariamoci ed andiamo.-
-Ok, mi fido di te amore.-
Scesero nella hall e chiesero dove recarsi per affittare un'auto. La receptionist gli disse che l'avrebbe fatta recapitare direttamente davanti all'albergo. La ragazza prese una specie di catalogo e lo mostrò ai due.
-Prego, scegliete pure la macchina che vi piace di più.-
-Fai tu Joe, per me una vale l'altra, ma non esagerare come tuo solito. Ti aspetto là seduta su quella poltrona.-
-Tranquilla... ehm... va benissimo questa.- Disse rivolto alla concierge.
-Accidenti, lei ha l'occhio lungo... ha scelto una delle più care, complimenti.-
Françoise restò un po' perplessa quando, appena una mezz'ora dopo, sentì un rombo di motore fermarsi davanti all'entrata dell'albergo. Si alzò insieme a Joe che, nel frattempo, si era messo accanto a lei a sfogliare  una rivista.
-Signor Shimamura, l'auto che ha noleggiato è arrivata.-
-Ok, allora metta pure tutto in conto alla stanza.- Disse rivolto alla concierge.
-Va bene, dentro troverà tutti i documenti, assicurazione compresa.-
-Ok grazie.-
-Cosa non ti era chiaro quando ti ho detto di "non esagerare come tuo solito"?-
-Perché? mica è una Ferrari.-
-Questo lo vedo, e allora cos'è? Così... per curiosità?-
-E' una Chevrolet Camaro Rally Sport, ultimo modello, ti piace?-
-Non cambierai mai.-
-Così arriveremo prima. Prego, dopo di te.-
Partirono verso il centro del dottor Ryan che distava circa una settantina di chilometri da New York. 
Era immerso in una grande parco pieno di verde con molti alberi. Dall'esterno, non sembrava nemmeno un istituto scientifico, bensì un enorme palazzo. Dovevano tenerci molto alla pricacy. C'erano telecamere dappertutto lungo il muro di cinta ma l'ingresso era solamente uno.
Suonò al citofono.
-Si?-
-Siamo Joe Shimamura e Françoise Arnoul, abbiamo appuntamento con il dottor Jason Ryan.-
-Aspetti un secondo.-
Dopo circa un minuto...
-Prego, entrate, il dottor Ryan vi sta aspettando.-
L'enorme cancello si aprì elettricamente ed entrarono dentro. Percorsero il vialetto a passo d'uomo, era lunghissimo. Parcheggiarono l'auto davanti all'entrata. Joe, visibilmente teso, aprì lo sportello dell'auto per far scendere Françoise.
-S'il vous plait, mademoiselle.-
-Merci beacoup, monsier.-
In realtà Françoise era molto pensierosa, ancora non aveva capito bene del perché erano in quel posto. "Non sarebbe stato meglio farsi una bella vacanza e visitare la città?"
Joe prese la cartella con tutte le carte ed i referti di Françoise e richiuse lo sportello.
Il palazzo era magnifico. Le finestre erano enormi, i vetri lucidissimi, per non parlare del portone principale, di legno massello, alto più di due metri e mezzo.
Anche il giardino, pieno di fiori, era ben curato. Lo avevano appena irrigato e si sentiva l'odore dell'erba fresca.
L'enorme porta si aprì ed uscì fuori una bella ragazza bionda e formosa, tipicamente americana che, con un bel sorriso, fece cenno di entrare.
I due ragazzi entrarono seguendola. Françoise, vedendo lo sguardo di Joe posarsi più volte sul fondoschiena di lei gli dette una gomitata non da poco.
-Ahi, mi hai fatto male.-
-Così impari a guardarle il sedere.-
-Ma io non stavo guardando niente, ero solo sovrappensiero.-
-Si certo, dicono tutti così. Tu intanto smettila e dammi la mano.-
-Agli ordini sergente!- Joe, sorridendo, le prese la mano e lei gliela strinse con decisione.
TOC TOC
-Avanti.-
-Dottore, sono arrivati.-
-Li faccia entrare.- I due ragazzi entrarono nello studio del dottor Ryan.
-Salve, ben arrivati.-
-Salve dottore, io sono..-
Ryan non lo fece nemmeno continuare...e dopo aver stretto la mano ai due ragazzi...
-Piacere mio...lo so benissimo chi è lei. E visto che è qui voglio chiederle una cosa...-
-Scusi?- Rispose un po' sconcertato...
-Quando ricomincia a correre?-
 Joe tirò un sospiro di sollievo. Temeva già che ci fosse qualcosa che non andava...
-Mah, ci penserò. Ora ho altri pensieri per la testa.-
-Un vero peccato. Due anni fa avendo puntato molto su di lei con le scommesse, mi ha fatto vincere un sacco di soldi.-
-Vedremo. Ora abbiamo cose più importanti a cui dedicarci, non trova?-
-Si. E questa deliziosa signorina ne è la prova... Françoise Arnoul. Incantato di fare la sua conoscenza. Anche lei dovrebbe tornare a fare la ballerina de l'Opéra, mi creda.-
-Beh, stesso discorso di Joe, una cosa alla volta. Vedremo.-
-Avete avuto difficoltà a trovarci?-
-Nessuna difficoltà dottore. Ma ora, se non le dispiace, veniamo subito al dunque.-
-Va bene. Avete portato tutte le carte che vi ho chiesto?-
-Si, certo, eccole.-
Prima di consegnarle nelle sue mani Joe, un po' esitante, guardò negli occhi Françoise e capì che doveva essere lei a consegnarle al pur sempre estraneo anche se luminare scienziato.
-Vuoi pensarci tu?-
-Grazie Joe.-
Françoise, dopo un iniziale tentennamento, consegnò a Ryan la cartellina gialla con tutti i referti e le analisi più recenti di lei.
-Il mio amico Isaac mi ha detto praticamente tutto di questa signorina, quindi partiamo già in vantaggio. Ora studierò queste carte, nel frattempo lei sarà accompagnata nella stanza elettromagnetica dei raggi gamma.-
A quelle parole Françoise impallidì. Iniziò a tremare vistosamente e si strinse a Joe. Lui le prese il viso tra le sue mani, guardandola dolcemente e tentando di rassicurarla.
-Andrà tutto bene, oggi faremo gli esami, poi sarai tu a decidere cosa fare. Ti prometto che non faremo niente che tu non voglia, te lo giuro amore mio.-
-Io mi fido solo di te, ricordatelo. E' solo che... ho un po' di paura.-
Stava quasi tremando, lui se ne accorse subito. "Ha bisogno di te, lascia da parte le tue preoccupazioni e dedicati completamente a lei."
Joe le prese la mano, poi le accarezzò il viso teneramente. La guardò negli occhi, gli sorrise con una piccola smorfia della bocca, mandando gli angoli all'insù e lei , a quel gesto, gli sorrise e si calmò.
-Cosa deve fare oggi di preciso, dottore? Noi eravamo venuti solo per delle informazioni, nient'altro.-
-Dottore, voglio sapere cosa mi farete. E cosa comportano questi esami. Voglio sapere tutto.
Ci sono stata quasi trascinata, ma mi fido di Joe e so che lui fa tutto per il mio bene, quindi parli, per favore. Mi spieghi tutto.-
-Credevo l'avesse già fatto Isaac, mi dispiace. Va bene. sedetevi. Volete qualcosa da bere? Ve lo faccio portare?-
-Io sto bene così.-
-A me un po' d'acqua, se non le dispiace.-
-Certamente... pronto? Jane, porta dell'acqua e dei bicchieri in ufficio, grazie.-
Il dottore fece sedere i due ragazzi su un divanetto situato alla destra della scrivania dell'uomo, una specie di salottino dentro l'ufficio. Françoise, dopo aver bevuto l'acqua, prese la mano di Joe e iniziò a stringerla molto insistentemente. L'uomo cominciò...
-Quindi Isaac non vi ha accennato niente?-
-In realtà a me qualcosa ha detto.- Esclamò Joe, ma mi disse che lei sarebbe stato più eloquente nell'elargire spiegazioni.-
-Sempre molto gentile il dottor Gilmoure.-
-Cosa dovrei fare, io? Delle radiografie a raggi gamma? Mi spieghi, per favore.-
-Allora. Si tratta di stabilire se il tuo corpo, per il modo in cui sei stata ciberneticamente modificata, può essere in qualche modo trasformato e riportato in parte allo stato iniziale. Se rispondi, come credo, ai requisiti fisici, tecnici e nervosi, indispensabili al nostro operato, potresti tornare quasi esattamente come prima, seppur con qualche modifica.-
-Ma come può essere possibile?-
-La nostra tecnologia punta alla fusione di organi meccanici ed umani attraverso innesti e trapianti fatti con microlaser a bassa intensità. Con i raggi gamma, possiamo vedere meglio che con quelli X i punti di congiunzione che sono presenti nel tuo corpo i quali uniscono i tuoi organi meccanici con quelli umani. I trapianti avverranno con innesto cellulare e organi artificiali creati in laboratorio che rispecchieranno età, grandezza e crescita a medio-lungo termine. Il cuore non verrà in alcun modo toccato, sarà supportato da peacemaker per far fronte alla maggiore richiesta di ossigeno nei primi mesi, dopo di che ti verrà tolto. Ma prima di tutto questo verranno fatti opportuni esami di idoneità. Se risulterai adatta a quel tipo di intervento si susseguiranno tre fasi fondamentali: la preparazione, fatta con esercizi particolari e assunzione di farmaci a cadenza regolare; l'operazione vera e propria, che vi ho già spiegato e la riabilitazione, la fase più complessa, dove il tuo organismo pian piano si dovrà abituare agli organi trapiantati. La tua parte meccanica sarà notevolmente ridotta. Il problema sarà il processo di invecchiamento. Quello non sarà garantito, forse potrai si invecchiare ma molto lentamente, anche se non come ti sta accadendo ora. Se decidi di andare in quella stanza dovrai spogliarti, basta rimanere con l'intimo. Ti verrà passato un gel su tutto il corpo che farà da filtro per i raggi gamma a bassa frequenza che scannerizzeranno ogni centimetro del tuo corpo. Dopo quell'esame e dopo aver visto le vostre carte con i miei collaboratori, potrò pronunciarmi. Tutto chiaro?-
-Chiarissimo dottore.- Esclamò Joe.
-Che ne dici amore? Promette bene, vero?-
-Joe, non so. Sembra tutto una bella favola ma... dentro di me ho una paura tremenda.-
-Ascolta Fran, te l'ho detto anche prima. Sei tu quella che deve decidere. Quindi stai tranquilla. Quello che ti posso dire è che, visto che siamo qui, una "piccola radiografia" non costa niente. Almeno poi sapremo cosa ci aspetta. Se il risultato fosse positivo, avresti una nuova vita davanti. Pensaci.-
-Va bene, Joe, mi hai convinta. Facciamolo.-
Françoise fu accompagnata dall'infermiera nella stanza dei raggi gamma. Si spogliò, la fece adagiare sul lettino e, dolcemente, la ragazza la cosparse da cima a fondo di uno speciale gel. Poi si fece tutto buio e Françoise ebbe un sussulto.
-Prego, stia ferma. L'esposizione ai raggi gamma, seppur a bassa frequenza, richiede la quasi assoluta immobilità della paziente. Si rilassi. La macchina sta per partire. Mi raccomando, è vitale che lei non muova un muscolo almeno per cinque minuti. Può farcela?-
-Ci proverò. Faccia pure.-
Partì l'apparecchio. Per fortuna non era molto rumoroso. Questo aiutò un po' Françoise la quale, anche se era molto nervosa mantenne la fermezza necessaria facendo lenti e profondi respiri.
Quando tutto finì la ragazza le dette dei tovaglioli di carta per pulirsi e lei poi si rivestì.
Nel frattempo, nell'ufficio di Ryan...
-Dottore, desidero avere delle spiegazioni.-
-Prego, cosa vuole sapere?-
-Mi corregga se sbaglio. Qualcosa mi dice che io e lei, alla fine di tutto, non potremmo stare più insieme.-
-Questo dipende da voi. Posso darti del tu?-
-Certo, faccia pure, dottore.-
-Sapevo già che mi avresti fatto questa domanda. L'ho capito dal tuo sguardo cupo non appena la tua ragazza è uscita dalla stanza. Non deve essere facile per te ma... se vuoi il mio personale parere ti dico subito che, per entrambi, ma soprattutto per il bene di Françoise, sarebbe opportuno che ognuno andasse per la sua strada. Vedi Joe, se, come credo, lei desidera avere dei figli, li vorrà certamente dall'uomo che ama. Ma quell'uomo sei tu e, nel tuo caso, sarebbe molto improbabile che ciò accada. Noi stiamo sviluppando alcuni farmaci che potrebbero aiutarti, ma siamo ancora lontani da un risultato certo. E potrebbero addirittura anche essere inutili. Comunque, tornando al discorso di prima, emotivamente sarebbe meglio per lei stare assieme ad un essere umano, a patto che egli accetti la sua vera natura. La mia è solo un ipotesi data come scienziato, quindi prendila per quello che è. Non conosco il vostro stare insieme, quindi non riesco a dirti altro.-
-Immaginavo.-
-Capisco solo una cosa guardandoti... che l'ami davvero tanto e che vuoi il suo bene più di chiunque altro al mondo.-
-Io voglio una cosa che ho sempre voluto per lei dal primo momento che l'ho vista. Desidero che riprenda ad essere solo Françoise Arnoul, e non il cyborg 003. Voglio che faccia una vita normale, senza timori e senza missioni pericolose. E se per fare questo dovrò rinunciare a lei, allora lo farò.-
-Lo sai anche tu che, anche dopo la completa riabilitazione, il suo corpo sarà quasi del tutto umano, quindi non potrebbe sopportare né fisicamente né emotivamente, tali livelli di stress. Non sarà più in grado di affiancarvi nelle missioni, né correre alcun tipo di rischio se non quelli di un normale essere umano.-
-Lo so, e sarebbe pericoloso farsi vedere insieme a noi, la sua vera identità sarebbe compromessa e potrebbe essere presa di mira da molte persone.-
-Fino a quando sarete membri di questa squadra "speciale" non potrete stare insieme. E se è vero, come so dal dottor Gilmoure, che la vostra squadra è stata creata per scopi antiterroristici, allora temo che per un bel po' non sarà sciolta. In questo particolare momento, nel mondo, c'è bisogno di persone come voi.-
-Ho avuto già le mie risposte. la ringrazio dottore. Solo... voglio parlarci io con lei, al momento giusto. E per il costo totale di tutto l'iter, cosa mi dice?-
-Possiamo fare solo una stima. Françoise sarebbe solo la terza "cavia" umana per questo intervento ma, da quel che ho capito, è una situazione molto complessa. Potrei dirti che siamo nell'ordine all'incirca tra i dieci-dodici milioni di dollari. So che è una bella somma ma, come ho spiegato prima, la complessità dell'operazione e la partecipazione di scienziati provenienti da varie parti del mondo, ognuno luminare nel suo campo, mi porta a stare in margini più ampi.-
-I soldi, fortunatamente, sono l'ultimo dei nostri problemi. Su questo può stare tranquillo e può iniziare a sviluppare il percorso da fare anche da subito.-
-Va bene, quindi decideremo presto.-
-Françoise permettendo, direi di si... non è un carattere facile, è molto ostinata. E quando le parlerò di ciò che ci siamo detti prima, andrà su tutte le furie ma, anche a costo di legarla, la porterò da lei.-
Intanto, Françoise fece ritorno con l'assistente di Ryan.
Appena entrò Joe gli si fece incontro e lei lo abbracciò. Appena lei si scostò...
-Amore mio. Ho avuto un po' di paura.- Gli disse abbracciandolo di nuovo.
-Stai tranquilla, è tutto passato.-
-Si, per fortuna è durato poco.-
-Allora facciamo così. Io mi prendo il resto della giornata per studiare l'esame fatto insieme alle cartelle mi avete portato. Domani mattina farò vedere i risultati alla mia équipe per avere una visione assolutamente completa per poi confrontarmi con loro su come eventualmente procedere. Poi ci rivediamo tra due/tre giorni al massimo e ne parliamo insieme. Può andarvi bene? O dovete ripartire subito?-
-No, dottore, va benissimo.-
-Ok, allora vi aspetto fiducioso.-
-Joe, vai avanti, ho bisogno di chiedere qualcosa al dottor Ryan.-
Joe restò un po' perplesso ma annuì. Uscì dalla stanza e aspettò Françoise nella saletta di aspetto accanto alla portineria.
-Dottore, ora che siamo soli vorrei da lei delle precisazioni.-
-Prego, cosa vuole sapere?-
-Lei sa che io e Joe stiamo assieme, vero?-
--Beh, anche un cieco se ne accorgerebbe.-
-Ecco...io... vorrei sapere, se risulto idonea, e se accetto di fare quest'operazione, che ne sarà di noi?- Il dottor Ryan restò un po' perplesso e prima di rispondere ci pensò un po' su.
-Posso darti del tu?-
-Certo dottore.-
-Joe mi ha detto che te ne avrebbe parlato lui di questo.-
-Si, ma io voglio anche il suo parere.-
-Ok, allora ti dirò tutto quanto.-
-L’ascolto.-
-Dopo l'operazione, e dopo la tua riabilitazione... diciamo alla fine di tutto, il tuo corpo ti apparterrà in modo molto diverso. All'inizio ti sembrerà strano ma ti ci abituerai benissimo piano piano. Noi ti diremo quali organi sarà possibile sostituire. Poi sarai tu a scegliere. A seconda della tua scelta, faremo un programma preciso di interventi. Ricordati che, uno degli organi che possiamo sicuramente immetterti, è l'utero, potrai avere dei figli, riavrai finalmente il tuo tanto sospirato ciclo mestruale... non è cosa da poco. Sarai anche seguita da uno psicologo che si accerterà che tu non risenta di questo cambiamento a livello emotivo e psicologico.-
-Lo so, è il motivo principale per cui sono qui, avere la possibilità di diventare mamma. Ma lei non mi ha risposto.-
-Verità?-
-Si, preferisco.-
-Non sarebbe un bene per te restare con lui. Anche se Joe conserva parti ed emozioni umane, il vostro rapporto non potrà essere lo stesso.-
-E lei come fa a saperlo?-
-La mia è solo un’ipotesi ma presumo che cambieranno le vostre emozioni, specialmente le tue. Il mio timore è che, col tempo, finirai per sentirti troppo diversa da lui sapendo che è un cyborg.-
-Ma lui è stato con altre donne dottore essendo un cyborg. Lo so per certo.-
-Non lo metto in dubbio, lo so che è un bel ragazzo oltre che molto famoso, ma se avesse continuato una storia con una di loro, avrebbe dovuto confessargli che lui non avrebbe mai potuto dar loro dei figli.-
-Ah, dottore, su questo non ci sono problemi. Non era quello che volevano da lui, non si preoccupi.-
-Si, ma qui stiamo parlando di te, non gli hai chiesto cosa vuole lui?-
-Lui dice che vuole solo il mio bene...-
-Su questo non ci piove.-
-Io voglio solo sapere se, secondo lei, per me ci sarebbero delle complicazioni a livello fisico se decidessi di restare insieme a lui.-
-No, questo no. Ma, come ti ho detto, tu avresti dei figli, saresti più vulnerabile, visto anche il lavoro che fate. Isaac mi ha detto tutto al telefono. Non credo sia una buona idea restare assieme, e questo lo sa anche Joe. Lui ne è già consapevole. Tu sarai di nuovo quasi completamente umana... forse ora non te ne puoi rendere conto ma le cose cambieranno. Anche se tu volessi, non potresti restare con un cyborg. Non sareste compatibili a lungo termine, finireste per peggiorare le cose. Non lo dico io, bensì il corso naturale della vita. A quello non possiamo andare contro. Per non parlare del lavoro che fate al di fuori della vostra identità originale. Non potrai più supportare i tuoi "colleghi". Il livello di rischio sarebbe troppo alto. Joe stesso mi ha detto che non lo permetterebbe mai.-
-Forse lei può aver ragione se parliamo del mio lavoro di supporto alla squadra, circa l'agire sul campo... non sono stupida, lo capisco benissimo. E che magari potrei essere più vulnerabile se per caso restassi incinta. Ma la prego, non stia a darmi lezioni di chi posso o non posso amare. O sul fatto che non riusciremo ad essere compatibili per lungo tempo stando insieme. Ci conosciamo e ci intendiamo a memoria, emotivamente e soprattutto fisicamente. Siamo totalmente empatici. Non mi separerei mai da lui, nemmeno con le minacce. E non mi fermerò davanti a niente se questo serve a restare insieme a Joe. Vorrò dei figli solo da lui. Troveremo una soluzione.- Ryan rimase di stucco, non si aspettava tanta determinazione. Forse si era reso conto di essere stato anche troppo pessimista e di aver esagerato, del resto non conosceva quasi per niente il loro vissuto.
-I miei complimenti mia cara. A sentirti parlare così, potresti anche aver ragione su tutto. La tua determinazione e la tua forza sapranno farsi valere, ne sono sicuro.-
-Non ho alcun dubbio al riguardo. Ma ora voglio sapere cosa le ha detto Joe.-
-Mi dispiace, ma ho promesso di non rivelartelo.-
-Ma io ho il diritto di saperlo.-
-L'unica cosa che mi sento di dirti è una sua frase che mi ha colpito molto:
"Voglio che sia solo Françoise Arnoul, non più il cyborg 003". Ecco, questo mi ha detto.-
-C’era da aspettarselo. Purtroppo spesso tende ad annullarsi per farmi felice. A volte riesco a stento a rendermi conto di quanto sia fortunata.-
-Lui ti ama più di se stesso, questo è fuori dubbio.-
-Per questo le dico che non è concepibile per me lasciare Joe. Ne abbiamo passate troppe insieme, siamo uno il completamento dell’altra. Non rinuncerò mai a lui.-
-Capisco. Ma temo lui non la pensi così. Non dirgli che ti ho detto questo o per me saranno guai.-
-Lo immagino… senta dottore, non c'è una minima possibilità che lui possa avere dei figli?-
-Non lo escludo, in tal senso abbiamo anche iniziato a sviluppare alcuni farmaci sperimentali, anche il dottor Gilmoure ne è a conoscenza, ma sarebbe ugualmente molto difficile... almeno per ora. E questo Joe lo sa.-
"Ma non impossibile". L'espressione di Françoise si fece seria e pensierosa. "Maledizione Joe, che hai in mente?" Ma si riprese quasi subito, voleva andarsene immediatamente da quell'ufficio.
-Grazie dottore, quando torniamo ne riparleremo.-
-Va bene. Aspetto la sua decisione.-
-Arrivederci-
-Arrivederci.-
Chiuse la porta alle sue spalle e un velo di tristezza si impadronì dei suoi occhi color cielo. Era confusa e triste, ma si sforzò di non far scendere nessuna lacrima. “Joe… ma perché non possiamo solo essere felici?”
Françoise si diresse verso la portineria. Joe la stava aspettando con impazienza. Lei non lo guardò nemmeno in viso, salutò la receptionist e si diresse verso l'uscita.
-Arrivederci, esclamò Joe.-
-Arrivederci.-
Françoise, con passo spedito, stava dirigendosi verso la macchina che avevano noleggiato.
Joe la raggiunse...
-Ma che ti prende?-
-Apri.-
Joe notò gli occhi lucidi di lei, anche se si sforzava di tenere lo sguardo basso. Era molto vicina al pianto. Si domandava cosa si fossero detti di preciso, poco fa lei era tranquilla, o così sembrava.
-Che è successo? Cosa ti ha detto Ryan?-
-Perché mi fai questa domanda, non sai già tutto?-
-No, altrimenti non te lo chiederei.-
-Voglio tornare subito in albergo.-
Joe non insistette. Quello sguardo lo conosceva benissimo. Doveva aspettare che fosse lei a tornare sull'argomento, forzandola, avrebbe fatto peggio che meglio. Tornarono all'albergo in completo silenzio. Arrivati, salirono con l'ascensore ed entrarono, sempre senza scambiarsi parola. Aperta la porta di camera    Joe si buttò sul letto. Quel pomeriggio era stato intenso dal punto di vista emotivo. Si sentiva a pezzi, come aver compiuto una missione per una settimana senza chiudere occhio. Era sempre stato con i nervi tesi ed aveva bisogno di riposare. Dal momento in cui si erano svegliati, l'unico suo pensiero andava a lei. Aveva fatto del suo meglio per restare calmo e ci era abbastanza riuscito, ma la tensione accumulata di quel giorno, iniziava a farsi sentire. Françoise, sempre silenziosa, aveva fretta di farsi una doccia per togliersi i residui di quel gel schifoso ed appiccicaticcio che le erano rimasti sulla pelle. Uscì dal bagno e si mise a sedere sul letto, dando le spalle a Joe il quale si alzò a sedere, mise le mani sulle sue spalle e le diede un bacio dolcissimo sul collo. Lei non lo degnò di uno sguardo, si alzò e si sedette davanti allo specchio accanto al letto ed iniziò a pettinarsi i suoi lunghi capelli biondi. Joe aveva deciso di aspettarla ancora. Lui, a suo modo ci aveva provato. "Probabilmente non è ancora il momento". Fu lei a rompere il ghiaccio, come lui si aspettava... "finalmente."
-Hai fame? Perché io non ne ho stasera. Se vuoi andare a mangiare qualcosa io ti aspetto qui.-
-Ora basta! … gridò spazientito… Per quanto ancora ti comporterai così?-
-Ah, e come mi starei comportando, scusa?-
-Come una bambina piccola. Mi spieghi cos'hai oppure devo prendere un paio di pinze e strapparti le parole dalla bocca?-
-Cos'ho? Semplice... aspetta che devo trovare le parole giuste...ahh, ecco, le ho trovate... SEI UN VIGLIACCO, un MASCALZONE, ecco cosa sei. Ma questo non è una novità.- …gridò....
-Cosa avrei fatto di così sbagliato questa volta?-
-So tutto, ed il perché siamo venuti in questo posto. Tu vuoi che io accetti di fare l'intervento per poi avere la scusa buona per lasciarci, ammettilo, sarà tutto più facile. Non vuoi stare più con me e combattere da solo, senza più bisogno di proteggermi e di preoccuparti per me. Non è così?-
-Non è come credi.-
-Ah no? e cos'è allora?-
-Io voglio solo la tua felicità, nient'altro che questo. E se la tua felicità più grande significa mettermi da parte per farti realizzare i tuoi sogni da donna, da mamma, senza pericoli di ogni tipo, allora sono disposto a farlo, a lasciarti andare. Si può amare anche in questo modo, non lo sai?-
-Certo che lo so. Ma, come è accaduto anche in passato, vuoi decidere per tutti e due e questo sai benissimo che non lo sopporto. Mi avevi promesso che non sarebbe più accaduto.-
-Ma qui si tratta di una cosa molto delicata ed importante. Ti conosco fin troppo bene. Non sei sicura di fare quell’intervento perché hai paura di perdermi, mentre io vorrei che tu accettassi senza battere ciglio. Sai benissimo che io non potrò mai darti un figlio. Anche se provassimo, ci sarebbe una remota possibilità che ciò accadesse.-
-Sei un idiota. Non tieni mai conto di una cosa importante e non ti senti quando parli.-
-Sarebbe?-
-Dei miei sentimenti. Io ti amo, stupido testone che non sei altro. Non potrei mai vivere senza di te.-
-Anch'io ti amo Françoise. ma stavolta è diverso. Se tu farai quell'operazione, dopo la tua riabilitazione, potrai avere una vita come tutte le ragazze di questa terra, ma soprattutto non potresti mai starmi vicino. Sarebbe pericoloso per te. Tu devi pensare alla tua vita ed io, purtroppo, non so se potrò farne parte. Sarebbe da egoista da parte mia ed io non voglio che butti via i tuoi anni migliori per stare con me... non voglio, non riuscirei a perdonarmelo.-
-Taci, sono solo scuse.-
-No, rifletti una buona volta. Sai benissimo che la vita di un cyborg non è esattamente come ogni essere umano. Possiamo vivere la nostra vita in modo abbastanza normale, e qui siamo d'accordo. Ma abbiamo anche dei doveri, che derivano dal nostro operato, siamo gli unici che possono far fronte a certe minacce. E sai benissimo che non possiamo mescolare le nostre vere identità facendo una doppia vita. Io, al bisogno, posso essere sempre 009 ma tu, non potrai più essere 003. E questo è un bene prezioso a cui tu non puoi rinunciare. Puoi essere sempre Françoise Arnoul, l'ètoile de l'Opèra. Io non posso essere per sempre  Joe Shimamura, il campione di formula uno. Fino a quando la situazione mondiale sarà critica abbiamo dei compiti a cui non possiamo sottrarci. Tu potrai essere libera, mentre io non al momento non posso esserlo, o almeno fino a quando cesseranno le ostilità tra le superpotenze, ma chissà quanto tempo dovrà passare. E stare con me ti porterebbe a correre rischi per i quali non sono sicuro di riuscire sempre a proteggerti. Devi restarne fuori, al sicuro. Cristo Santo, cerca di capire... MALEDIZIONE, dovrai dimenticarmi... e subito!-
-ALLORA NIENTE OPERAZIONE, AL DIAVOLO TUTTO E TUTTI!-
Uno schiaffo in pieno volto, fortunatamente controllato,  le arrivò fulmineo senza nemmeno rendersene conto. Françoise mise la sua mano sulla guancia e guardò Joe con occhi lucidi, cominciando a tremare. Lui rimase di sasso, era incredulo nell'aver avuto una simile reazione e si mise la testa tra le mani.
-Mi... mi dispiace tanto. Non so cosa mi sia preso. Scusami. E' solo che...tu non...-
Françoise rimase immobile, non sentiva dolore per lo schiaffo, lui non voleva farle male, ma non si capacitava del suo comportamento, sentiva quella strana sensazione già provata in passato dove lui cercava di allontanarla. E non voleva pensare al passato, non ora che le cose tra loro andavano a gonfie vele...forse.
Joe si avvicinò a lei piano piano, si inginocchiò e abbracciò il suo bacino appoggiando la testa sul suo ventre. Iniziò a piangere copiosamente. Quello schiaffo lo aveva sentito molto più lui di lei e quella ne era la prova. Lei avvertì questo suo dolore e gli cinse la testa con le sue braccia. Fu un abbraccio molto dolce, Joe non accennava a calmarsi e lei era sull'orlo di una crisi di pianto.
-Joe, amore. Adesso calmati.-
-Scusami... scusami. Mi dispiace... io.- Stava singhiozzando vistosamente, non era solito a tali manifestazioni, anzi, l'esatto opposto.
-Tranquillo Joe, ci sono io qui con te. Tutto andrà per il meglio.-
-Mi...  mi dispiace per quello schiaffo, sono mortificato. Scusami.-
-Non mi fa male il tuo schiaffo, mi fa più male vederti così. Ti fidi di me, Joe?-
-Ciecamente, sei la mia ragione di vita.-
-E allora perché cerchi di allontanarmi ancora una volta?-
-Perché voglio solo il tuo bene. Per me tu sei la ragione del perché continuo a combattere per rendere il mondo un posto migliore, senza di te la mia vita non avrebbe senso. Durante tutta la mia esistenza, l'unica persona che mi ha dato la forza di andare avanti quella sei tu.-
-Ma io ci sono, stiamo insieme. Ed io voglio solo questo. Abbandoniamo quest'assurda idea e viviamo la nostra vita come sempre.-
-No, questo mai. Non è la vita che sogno per te. E non lo devi pensare neanche tu. Devi avere il meglio. Ed io farò tutto ciò che è in mio potere per dartelo. Non cambierò mai idea, e nemmeno tu, a costo di  trascinarti con la forza.-
Joe si stava calmando. Lei si abbassò verso di lui e gli stava asciugando dolcemente le lacrime con le sue dita. Finalmente si guardavano negli occhi. Lei gli cinse il collo con le mani e lui ricambiò il suo abbraccio. Quando si staccarono Joe la guardò ancora più intensamente nei suoi occhi azzurri, forse si era convinta...pensò.
-Dimmi che lo farai, fallo per te, per noi.-
-Va bene, farò come vuoi, basta che tu mi resti vicino.-
-Ti resterò vicino nella misura in cui potrò farlo... non chiedermi altro... ti prego.-
-Questo mai. O con te oppure non se ne fa niente.-
-Ma cosa ho fatto per meritarti?-
-Joe, solo se per un assurdo motivo tu morissi io rinuncerei a te, ma, fino a quel momento non ti lascerò mai e non c'è operazione che tenga, io sarò sempre tua e tu sarai per sempre mio.-
-Françoise.-
-Joe.-
-Vieni qui.-
Si baciarono appassionatamente e finirono per fare l'amore. Fu un rapporto molto intenso e passionale, ogni fibra del loro corpo aveva cercato quasi dolorosamente quell'unione, e mentre ansimavano , mentre gemevano di piacere, i loro sguardi si incrociavano continuamente, i loro corpi aderivano completamente l'uno all'altra arrivando all'apice del piacere assieme, come spesso accadeva. Erano oramai le 21, quando lei...
-Grazie Joe.-
-Di cosa?-
-Dopo tutto quel che è successo oggi avevo un gran bisogno di te, di essere amata così da te. E' stato meraviglioso.-
-Si, lo è stato anche per me. Ma ora pensiamo alle cose serie.-
-Sarebbe?-
-Per caso ora hai fame? …sai com’è… con tutta quell’energia spesa…
-Cretino, ti va sempre di scherzare.-
-E’ un si o un no?-
-Altro ché. Da lupi.-
-Meno male, anch'io. Allora andiamo, altrimenti potrei dare di matto se non metto qualcosa sotto i denti.-
-Stasera schifezze?-  
-Ok, vada per le schifezze, ma poi non ti lamentare quando mi chiedi se ti vedo la pancetta.-
-Stupido, stasera non te lo chiederò, tanto mi dici sempre che ti piaccio ugualmente, giusto?-
-Certo che si. Hot Dog e patatine con salse e coca?-
-Aggiudicato.- Eh si che di fame ne avevamo molta. Divorarono quegli Hot Dog.
-Squisito.- Disse Françoise leccandosi le labbra sporche di maionese.-
-Golosona.-
-Mi ci andrebbe anche un bel gelato di panna e cioccolato.-
-Agli ordini mademoiselle. Lo prendiamo di quelli grandi, come questa città?-
-Si, ma poi camminiamo un po' così smaltiamo un po' di calorie, ok?-
-Sono d'accordo.- …poco dopo…
-Accidenti, mi sono sporcato tutta la camicia.-
-E non solo, hai tutta la panna appena sopra le labbra.-
-Davvero? Che figuraccia.-
Joe prese un fazzoletto dalla tasca ma lei lo fermò all'istante.
-Lascia, ci penso io.-
Lo baciò con dolcezza sopra la bocca e con la lingua gli leccò tutta la panna rimasta sulle sue labbra.
-Mi stai facendo impazzire, lo sai?- Le disse Joe stringendo le labbra.
-Lo so perfettamente, è quello che voglio.- Rispose lei sicura di se, con sguardo malizioso.
-Non so cosa ti farò quando torniamo in albergo.-
-Davvero? Non vedo l'ora di scoprirlo.-
-Tu sei... sei... maledetta.-
-No, ti amo e mi piace da morire stuzzicarti. E' troppo divertente.-
-Anch'io ti amo piccola attentatrice.-
Tornarono in albergo e presero l'ascensore. Françoise gli si avvinghiò addosso ed iniziò a baciarlo con impeto. Joe la prese in braccio senza staccare le labbra dalle sue, la loro stanza era alla fine del corridoio e, in qualche modo, Joe riuscì ad aprire senza lasciarle la bocca. Iniziarono a spogliarsi e finirono entrambi sul letto. Quella notte si amarono oltre ogni limite, come se non lo facessero da settimane. Fino al punto di esplodere insieme con i loro piaceri che erano diventati una cosa sola  dentro di lei. Restarono fermi qualche istante, guardandosi e baciandosi dolcemente. Le sue gambe erano ancora avvinghiate al suo bacino quando gli sussurrò all'orecchio:
-Giurami che sarà per sempre così tra noi, comunque vada.-
-Sarà sempre così, amore mio.-
-Joe, giuramelo.-
-Te lo giuro.-
Si infilarono sotto le coperte e lei, come sempre, appoggiò la sua testa nell'incavo della sua spalla. Le piaceva molto questa cosa delle coccole dopo aver fatto l'amore. Lei lo accarezzava sul petto, lui ogni tanto, le carezzava le guance, i capelli e le dava qualche bacio dolce sulle labbra fino a che un bacio si prolungò più del dovuto e riaccese i loro sensi.
-Joe.-
-Dimmi.-
-E' stato fantastico.-
-Tu sei fantastica.- Lei lo stava ancora baciando, poi lo stava baciando sul petto. Non era passata nemmeno un ora da quando avevano fatto l’amore ma lui capì che non era ancora finita. Stasera lei era più intraprendente del solito e lui ne approfittò volentieri.
-Françoise.- …gli scappò un piccolo gemito…
-Allora non sei stanco.-
-Non mi stancherei mai di te Françoise.-
-Ho ancora voglia di te Joe.-
Lui non se lo fece ripetere due volte, prese le redini del gioco in mano e iniziò a baciarla di nuovo.
-Amami ancora, come solo tu sai fare.-
Un po' di tempo dopo...
-E' stato meraviglioso Joe.-
-Di solito non me lo dici mai, stasera addirittura due volte perché?-
-Lo è sempre di più. Ed è vero, raramente ti ho detto una cosa del genere. Stasera te lo volevo dire.-
-Ne sono lusingato... ma tu... tu stai piangendo.-
-Sono lacrime di gioia, Joe. Mi hai giurato che sarà per sempre così ed io voglio crederti.-
-Sarà sempre così mon amour.-
-Oh Joe.-
"E' vero, te l'ho giurato, ma come faccio a dirti che ti ho mentito? Sto malissimo, Signore, dammi la forza di reagire, per il suo bene". 
-Si, però non ti ci abituare tanto... mi hai distrutto.-
-Sei un buffone, non è la prima volta che lo facciamo tante volte in una sola giornata. Pensa a quando saremo dei vecchietti. Li rimpiangerai questi giorni, caro mio.-
-Hai perfettamente ragione... come sempre.-
Si addormentarono abbracciati, come quasi sempre accadeva tra loro.

Capitolo 5

Il risveglio fu soave per Françoise, mentre Joe, anche se passarono alcune ore prima che il sonno lo prendesse nella notte, si svegliò un po' prima di lei. Passò quei minuti ad accarezzarla, non era poi male come passatempo. Lei dormiva come un ghiro e lui sapeva benissimo che, in quello stato, ci sarebbero volute tutt'altre carezze per svegliarla. Quando Françoise aprì i suoi occhi celesti come il cielo, Joe ebbe quasi un magone allo stomaco. Era bellissima, la sua Françoise. Si erano sempre amati, voluti. Come poteva farle una cosa del genere?  Era diventato un suo chiodo fisso, anche se si sforzava di nasconderlo .
-Buongiorno dormigliona.-
-Buongiorno.-
-Dormito bene?-
-Direi a meraviglia. Tu?-
-Abbracciato a te, dormo come un bambino, lo sai.-
-E' bello risvegliarsi insieme, non te l'ho mai detto ma mi trasmette infinita sicurezza.-
-Occhioni azzurri. Sei bellissima.- Joe la baciò dolcemente.
-Fran, sono le nove, che dici? Facciamo colazione?-
-Certo, e poi a spasso per la grande mela.-
-Oggi e domani facciamo i turisti, ce lo meritiamo, non credi anche tu?-
-Che bello Joe, si, volentieri. Andiamo.-
-Sapevo che l'idea ti sarebbe piaciuta.-
-Si è vero. Ci siamo stati con Jet ed i ragazzi, qualche volta, ma mai noi due da soli.-
-Compriamo una Polaroid e scattiamo qualche foto, ti va?-
-Certo che si, andiamo.-
Visitare una città come New York non era semplice, le attrazioni erano moltissime.
In quei due giorni riuscirono a vedere comunque la Statua Della Libertà, l'Empire State Building, Central Park, il Ponte di Brooklyn, Times Square, il Rockefeller Center, dove Françoise potette ammirare il Radio City Music Hall, uno dei più sfarzosi e più grandi teatri del mondo.
Scattarono moltissime foto, anche buffe. Una in particolare, quella di loro due aventi come sfondo la Statua Della Libertà, il malcapitato americano la dovette scattare per ben quattro volte. Infatti Joe aveva messo la mano nelle sue natiche e lei, contrariata, gli aveva dato un pizzicotto suscitando una smorfia di dolore in lui.. La foto era davvero divertente. Françoise era al settimo cielo. E soprattutto notò la felicità di Joe in quei due giorni, le sembrava di vivere un sogno. Non erano abituati ad essere soli in vacanza, a fare i turisti. Era un fatto quasi inedito per loro. Voleva assaporare tutti quei momenti insieme a lui con la maggiore intensità possibile. Dal canto suo lui sembrava essersi allontanato dai brutti pensieri di quei giorni, sembrava un altro. La sera prima del fatidico giorno in cui avevano appuntamento con Ryan, avevano prenotato in un ristorante molto raffinato.
Quando entrarono sentirono addosso gli sguardi dei presenti. Il cameriere fece cenno loro di seguirlo.
-Sei bellissima da togliere il fiato. Ti guardano tutti. Sono l'uomo più invidiato della sala.-
-Sei un adulatore, ma forse è tutta colpa del vestito, te l'avevo detto che il rosso è un colore troppo appariscente.-
-Ti sta benissimo, lascia che le signore e signorine presenti in sala siano invidiose di te.-
-Hanno altro cui vedere quelle signore, vestito di tutto punto come sei. Il blu è un colore che ti dona, lo sai?-
-Si, me lo hai sempre detto.- Joe d’istinto, si guardò intorno e si accorse che, in effetti, gli sguardi femminili su di lui lasciavano molto poco spazio all’immaginazione.
-Certo, e tutte queste signore sedute ai tavoli si rifaranno gli occhi, pensa un po' se non te ne accorgevi.-
-Sciocchina, io non ho occhi che per te.-
-Lo so mon amour. Ma se ogni tanto me lo dici mi sento meglio.-
Joe sorrise mentre fece sedere, molto galantemente, la sua ragazza.
La cena si svolse nel migliore dei modi. Parlarono di tutto tranne di quello che avrebbero fatto l'indomani, per loro scelta... chiaramente. Usciti dal ristorante...
-Che facciamo ora?-
-Quello che vuoi. Lascio decidere a te. Sei tu quella che vuole sempre fare una passeggiata per smaltire, o qualcosa del genere... che poi, cosa ci sarà da smaltire lo sai solo te!-
-Dai, noi donne siamo fatte così, dovresti saperlo.-
-Va bene, sono a tua disposizione.-
-Joe, stasera non ho voglia di camminare, anche perché abbiamo camminato molto in questi due giorni, non credi?-
-Allora...cinema?-
-Bella idea, è molto che non andiamo a vedere un bel film. Ho visto delle locandine interessanti oggi:
l'Avventura del Poseidon, Siddharta. che ne dici?.-
-Chiediamo dove si trova il cinema più vicino e saliamo in macchina.-
La scelta ricadde su Siddharta. Guardarono il film con lei appoggiata alla spalla di lui, mano nella mano. Erano davvero molto felici. Mentre tornavano verso l'albergo Françoise vide Joe un po' pensieroso.
-Siamo arrivati.-
-Vedo. Aspetta che ti aiuto a scendere.-
-Ottima idea, questo vestito non è proprio adatto a questo genere di macchine.-
-Dammi la mano.-
-Merci beacoup Joe.-
Tornarono in stanza, abbastanza silenziosi. Françoise decise di rompere il silenzio.
-E' stata una bellissima giornata, come quella di ieri. Vorrei ce ne fossero molte altre in futuro.-
-Si, siamo stati benissimo. Una volta tanto è bello fare anche i turisti.-
-Sembri più rilassato, sono contenta.-
-Il merito è soprattutto tuo ma chèri.-
-Promettiamoci una cosa. Che fino a domani, quando andiamo da Ryan, non discuteremo più.-
-Sono d'accordo. E cosa facciamo per passare il tempo? Non è molto tardi...-
Joe si era sdraiato sul letto con le mani giunte dietro il collo appoggiato alla spalliera del letto, mentre Françoise si stava togliendo le scarpe e si era seduta sul fondo del letto. La sua schiena seminuda era una gioia per gli occhi di lui il quale, all'improvviso, la raggiunse con le sue mani e iniziò a massaggiarle le spalle molto delicatamente.
-Mmm... ma che mani hai mon amour.-
-Non sono io che le comando, vanno loro per conto suo.-
Françoise cominciava a respirare un pochino più forte, quasi ad ansimare. Le mani di Joe la stavano accarezzando dolci e decise come non mai. Era una sensazione piacevolissima ed eccitante allo stesso tempo.
-Joe...-
-Si?-
-Che intenzioni hai?-
-Nessuna, sto solo seguendo le mie mani, sono loro che mi guidano.-
-Joe, se continui così sento che il mio autocontrollo mi abbandonerà presto.-
-Davvero? Allora le lascio fare. E devo dire qualcosa anche alle mie labbra, sai... mi hanno appena detto che non possono più stare ferme.-
Iniziò a baciarle il collo e a dare piccoli morsi sulla sua pelle delicata e soffice.
-Joe, sei tornato-
-Si, amore.-
La carica erotica che Joe sapientemente le stava trasmettendo ebbe l'effetto di farla sussultare e girare improvvisamente verso di lui, lo guardò in istante e si impossessò della sua bocca.
I momenti che susseguirono furono di passione ma anche di una estrema dolcezza, in cui ogni piccola parte dei loro corpi fu lentamente accarezzata e baciata.
-Amami, come solo tu sai fare...- disse lei mentre gemevano insieme di piacere, fino a raggiungere la pace dei sensi.
-Abbracciami e non muoverti di qui per nessun motivo, le sussurrò all'orecchio.-
-Il mio corpo appartiene al tuo, ed il tuo appartiene a me.-
Si sdraiarono vicini, mano nella mano, senza dire una parola. Solo giochi di bellissimi sguardi. Fino ad abbandonarsi l'uno nelle braccia dell'altra.
-Bonne nuit, Françoise.-
-Oyasumi Joe.-
Il sonno che ne seguì fu dolce e sereno per entrambi, restarono avvinghiati nei loro corpi nudi senza più un briciolo di energia, ne di pudore.
Françoise si svegliò prima di Joe, tra le sue braccia, non si erano mossi di un centimetro.
"E' incredibile il potere che eserciti su di me. Forse non te ne rendi nemmeno conto. Non riuscirai nel tuo intento di allontanarmi, non posso e non voglio rinunciare a tutto questo. Sono anni che ci conosciamo, che combattiamo insieme, che ci amiamo, che siamo una cosa sola. Non ti permetterò di lasciarmi stupido, testardo e cervellotico che non sei altro."
Mentre lo guardava in viso, gli accarezzava i capelli, facendo attenzione a non svegliarlo. Un bacio sulla fronte molto delicato. Sentì un mugolio.
-Daiiii, ho sonno.-
-E' tardi.- Gli sussurrò dolcemente all'orecchio...
-Mmm... mmm.-
"Quanto ti amo, in ogni cosa che fai, anche quando brontoli e mi rimproveri, ma ora dobbiamo andare. Anch'io sono ansiosa di sapere."
-Joe, coraggio. Svegliati. E' già mezzogiorno.-
A quelle parole il ragazzo ebbe un sussulto... -COOOSAAAA? Porc... è tardissimo.-
-Dai, scherzo... sono appena le nove.- Gli disse sorridendo e prendendolo in giro per lo scatto dal letto.
-Brutta.... mi hai fatto prendere un colpo… vieni qui...- Cominciarono a volare i cuscini… ed anche alcuni indumenti. Un po' di "lotta" mattutina è quel che ci vuole per svegliarsi di buon umore.
Risero e scherzarono per un po'. Ma dovevano prepararsi. Ryan li stava aspettando.
Dopo la colazione, salirono in auto e si diressero subito al Centro.
Durante il viaggio i due ragazzi, tutto sommato, erano tranquilli, passarono il tempo parlando del più e del meno. Ma all'arrivo davanti a quel grande cancello, lo sguardo di Joe improvvisamente cambiò e Françoise se ne accorse subito.
Alla fine del vialetto, Joe scese dall'auto e, molto galantemente, aprì lo sportello a Françoise.
-Prego.- le disse in modo abbastanza serio.
-Grazie.-
-Coraggio, andiamo.-
Françoise prese la mano di Joe ed entrarono salutando la segretaria alla reception.
-Buongiorno.-
-Buongiorno.-
-Il dottor Ryan vi sta aspettando.-
-Ok, grazie.-
-Vi accompagno?-
-No grazie, conosciamo già la strada.-
Ecco, a quel punto l'espressione dei due ragazzi si incupì radicalmente. Non fu facile arrivare alla fine di quel corridoio verso l'ufficio di Ryan.
TOC TOC
-Avanti.-
-Buongiorno, dottore.-
-Buongiorno a voi.-
-Siamo in anticipo?-
-No, tutt'altro. Prego, sedetevi. Vi faccio portare qualcosa? Un caffè? Dell'acqua?-
-Per me va bene dell'acqua.- Esclamò Françoise.
-Anche per me, grazie.- Disse poi Joe.
-Dottore, siamo ansiosi di sapere, ci dica tutto.-
-Bene, ho studiato attentamente il corpo di Françoise assieme ai miei collaboratori, soprattutto lo specialista in biochimica l'illustre dottor Jake Smitn e il famoso neorochirurgo dottor Martin Russel. Per sicurezza, visto che c'erano alcune cose che non capivo bene, ho chiesto chiarimenti a Isaac. Sono giunto alla definitiva conclusione che, la nostra Françoise, è perfettamente idonea per essere sottoposta a quel tipo di intervento e ad ogni trattamento inerente. Unico neo è il suo progressivo invecchiamento. Quello non sarà possibile poiché, a causa dei materiali usati a suo tempo, la sua struttura cibernetica purtroppo non può essere modificata. Possiamo comunque immettere, come già parlato l'altro giorno, organi umani come reni, fegato, stomaco, organo riproduttivo. Il cuore è un'incognita, questo ve lo dico subito per chiarezza. Immetteremo subito il peacemaker nel primo intervento da tenersi almeno il primo anno. Se poi decidi per il trapianto, consiglio di intervenire in tal senso dopo almeno due anni cercando un donatore compatibile almeno del 90% per dar modo a tutto il resto del corpo di abituarsi gradualmente al nuovo status. A mio parere, il tuo cuore artificiale va benissimo così com'è e affrontare un trapianto delicato come quello, non ne vale assolutamente il rischio. Le cellule saranno miste artificiali e naturali ma è lì il problema. Gli organi saranno di giovani donne decedute ed in buona salute che, al tempo, hanno dato il loro consenso, ma l'età cellulare dovrà essere rapportata ai singoli organi trapiantati. Credo sarà necessario un ulteriore intervento di innesto tra alcuni anni, dopo un attento monitoraggio dell'intero sistema cellulare e nervoso. In poche parole non invecchierai praticamente mai come sempre… solo un pochino di più, tutto qui. Proprio come te Joe, solo che il tuo corpo, a differenza del suo, è autonomo perché sei stato l'ultimo prototipo. Di più temo non si possa pretendere data la tua conformazione. I farmaci e tutti i trattamenti inerenti ve li spiegherò strada facendo, l'importante è darsi un tempo limite e sapere se e quando iniziare il percorso. Le modalità e gli strumenti che useremo sono, come anticipato, dei microlaser che sono molto meno invasivi di normali bisturi ed oggetti metallici. Joe, del costo complessivo ne abbiamo già parlato. Questo è tutto. A te... a voi la scelta miei cari.-
-Mi sembra tutto perfettamente chiaro professor Ryan. Tu che ne pensi amore?-
-Joe, io non so cosa dire. Mi sembra tutto fantastico e surreale. Ma sono un po' confusa.-
-Non devi decidere per forza ora, dico bene professore?-
-Certo che no, è una decisione molto difficile che deve essere ben ponderata. Qui non si tratta di fare una semplice un'appendicite, ma di rivoluzionare il suo corpo quasi totalmente. Non è cosa da poco. Pensaci pure quanto vuoi, noi siamo a tua disposizione.-
-Dottoe Ryan, lei non ci ha detto ancora una cosa molto importante.- Esordì all’improvviso Joe…
-Sarebbe?-
-Andiamo, dottore. Non c'è alcun tipo di rischio? Non è un operazione che si fa tutti i giorni, lo ha detto lei stesso!-
-Si, è vero. Posso dirvi che un minimo rischio c'è, ma solo post operatorio, il suo corpo, nelle due settimane successive, non deve avere alcun tipo di rigetto. Se così fosse sarebbe complicato intervenire all'istante. Comunque, avendo studiato scrupolosamente tutte le sue parti, sono propenso ad escludere quest'eventualità.-
-Va bene dottore, ora sono più tranquillo.-
-Joe, ho bisogno di uscire, di riflettere. Possiamo andare?-
-Certo, ora andiamo subito. Possiamo professore?-
-Sicuro, aspetto vostre notizie. Ah, tenete la vostra cartella. Quel che mi serviva l'ho fotocopiato. Se decidete di non fare niente lo cestinerò. Françoise, stai tranquilla e riflettici bene.-
-Lo farò professor Ryan, grazie infinite.-
-Allora, arrivederci... a presto.-
-A presto, professore, ci faremo vivi noi, stia tranquillo.-
-Va bene. a presto.-
-A presto.-
Françoise aveva fretta di andarsene, Joe non fece una piega, l'assecondò in tutto fino alla fine della giornata. Era davvero provata e frastornata da tutti quei discorsi fatti da Ryan. Durante il tragitto verso il centro della città non disse una parola.
-E' quasi ora di pranzo, hai fame?-
-Non molta. Magari tra un po' mi viene, chissà.-
-Che ne dici di un ristorante a Union Square? Da quel che ci arriviamo, forse avrai appetito.-
-Va bene, come vuoi tu.-
Era visibilmente preoccupata e non riuscì a mangiare quasi niente.
Joe era molto in ansia, iniziava a maledirsi per quella sua idea dell'operazione.
-Perdonami.-
-Per cosa?-
-Per tutto. Immaginavo fosse complicato, ma non fino a questo punto.-
-No, Joe, tu l'hai fatto per me. Ogni cosa in questi ultimi anni la fai pensando a me. Cosa credi che non me ne sia accorta? Ci sei sempre quando ho bisogno di te.-
-Questa volta è diverso. Può essere un grande cambiamento per te, capisco che tu sia confusa ed irrequieta.-
-Questo è vero. Ma lo sarei molto meno ed accetterei questa opportunità al volo se solo sapessi cosa ne sarà di noi.-
-Françoise, ne abbiamo già parlato a sufficienza, sai come la penso ma tu non vuoi nemmeno ascoltarmi.-
-Lo so, e mi dispiace. Ma ricordati sempre le mie parole. Mettitele bene in testa. Ma dimmi, quando pensavi di tornare a Tokyo?-
-Veramente non ci avevo pensato, volevo capire le tue intenzioni.-
-Io voglio stare con te. Se potessimo restare qualche altro giorno, ne sarei felice.-
-Va benissimo. E ti prometto che non toccheremo mai più quell'argomento, rimandiamo tutto a quando saremo a Tokyo.-
-E' una promessa?-
-Promesso.-
-Oh, Joe. Ti amo.-
-Anch'io Françoise.-
Nell'abbraccio che ne seguì, tra i più stretti e lunghi, c'era molte cose non dette. C'era paura, tensione, preoccupazione ma anche fiducia reciproca.
-Joe, in questi anni non abbiamo mai permesso a nessuno di mettersi tra noi. Io sono sempre stata felice e voglio continuare ad esserlo. Così, come siamo ora.-
-Lo so, anch'io sono felice con te, come non lo sono mai stato. Se non ti avessi conosciuta non so cosa avrei fatto, certamente niente di buono.-
-Ho paura, tanta paura. Promettimi che, se accettassi di fare l'intervento, dopo non mi lascerai.-
-Françoise, sai che non posso farlo.-
-Joe, dammi la tua parola. Io so che tu non mi hai mai mentito, e che non lo faresti mai.-
Joe sapeva di essere stato messo alle strette. Lei lo conosceva bene, troppo bene. Non poteva fare un simile giuramento. Non sapeva come uscire da quella situazione. Ferire lei era l'ultima cosa che avrebbe voluto.
-Va bene, hai la mia parola.-
-Giuramelo.-
-Te lo giuro.-
-Ricorda che hai giurato. E so che, quando giuri qualcosa a me, lo fai sulla tomba di tua madre, non puoi rinnegare tutto ciò. Non più.-
 Françoise lo guardò dritta negli occhi e gli fece un leggero sorriso. Joe non potette far altro che guardare e perdersi in quei suoi meravigliosi occhi azzurri che ridevano con lei.
Come deciso, fecero altri giorni di vacanza. Oramai era passata più di una settimana da quando erano partiti. Prima di decidere di restare ancora qualche giorno, Joe aveva chiamato Gilmoure per avere notizie sulla situazione. Era tutto tranquillo, per cui Gilmoure non fece obiezioni. Joe chiamò anche suo zio per avere sue notizie. Sembrava stesse bene. Rimasero che si sarebbero sentiti al ritorno dei ragazzi a Tokyo. Dopo alcuni giorni e dopo aver visitato la città in lungo e largo, I ragazzi decisero di tornare alla base per riflettere su tutto quello che era successo. Era il momento di lasciarsi tutto alle spalle. Soprattutto lei, aveva bisogno di stare un po' da sola e questo Joe lo sapeva bene.

 

Capitolo 6

 

Atterrarono all'aeroporto internazionale di Narita alle cinque del mattino. Ripresero la macchina di Joe che avevano lasciato in custodia e presero la strada per la base.
Appena arrivati andarono a riposarsi ognuno nella propria camera. Fortuna che alla base c'era silenzio. Gilmoure, mattutino come al solito, li incrociò in salotto. Disse loro che avrebbe avvertito gli altri di non fare troppo rumore. Anche Jet ed Albert erano tornati.
Quando Françoise aprì gli occhi erano passate le due del pomeriggio. Si sentiva stranamente rilassata, anche se il pensiero di lei era rivolto esclusivamente a Joe e all'intervento.
L'aria della base le era familiare, aveva bisogno di trovare un po' di tranquillità. Decise di chiamare sua madre, aveva bisogno di sentire la sua voce. Sperava non fosse andata ancora a letto.
-Pronto.-
-Mamma, sono io.-
-Françoise, come stai?-
-Bene mamma.-
-Mmm... qualcosa mi dice il contrario, specie quando chiami a quest'ora.-
-Eri già a letto?-
-No, ma è comunque tardi. Cosa c'è tesoro?-
-Niente d'importante, mamma. Va tutto bene. Volevo solo sentirti.-
-Fran... cosa c'è che non va?-
-Niente mamma, te l'ho detto, perché deve esserci per forza qualcosa che non va?-
-Perché ti conosco. Problemi sul lavoro? Oppure hai litigato con Joe?-
-No mamma, il lavoro va tutto bene.-
-E Joe?-
-Lo sai, non è sempre rose e fiori ma stiamo bene insieme.-
-Non mi convinci ma voglio crederti.-
-Davvero, mamma. Volevo solo sentirti. Li tutto bene? Papà e Jean stanno bene?-
-Si, va tutto bene, a parte che ci manchi tanto. Quando vieni a trovarci?-
-Quando il lavoro me lo permette. Ma sai già che non potrei restare a lungo.-
-Lo so, ma almeno qualche giorno...-
-Chi lo sa, magari, la prossima volta che verrò sarà per restare.-
-Sarebbe fantastico piccola mia, mi faresti il regalo più bello di tutti.-
-Grazie mamma. Sono felice di averti sentito.-
-Anch'io tesoro mio, non sai quanto.-
"Mi dispiace mamma, ancora non posso dirti niente di quello che ho saputo. Non voglio illudervi che tutto andrà bene."
-Buongiorno ragazzi.-
-Buongiorno Fran.-
In salotto vi erano tutti, Jet, Albert, Jeronimo e Ivan con dottor Gilmoure. Chang era uscito a fare un po' di spesa con Bretagna. Chiacchierarono un po' con lei, le chiesero della vacanza. Non sapevano niente dell'operazione. I due ragazzi erano d'accordo con Gilmoure per tenere momentaneamente segreto la storia dell'intervento. Sapevano solo del misterioso zio di Joe.
-Françoise raccontaci qualcosa te, almeno. Il tuo ragazzo è tornato ancora più taciturno del solito.-
Esclamò Albert.
-Si, in effetti sembra che tu lo abbia mandato in bianco per tutto questo tempo.-  Aggiunse Jet con una risatina delle sue.
-Dov'è andato?-
-Credo al solito posto. Il suo sguardo non era di quelli che promettevano bene.- Disse sospirando Jeronimo.
Françoise uscì a cercarlo, sapeva dove lo avrebbe trovato. In realtà non era sulla scogliera, era sceso sulla spiaggia seduto davanti al mare. Era talmente sovrappensiero che non si accorse dei passi di lei che lo stavano raggiungendo. Lui aveva lo sguardo fisso verso il mare, lei gli prese il mento con la mano e lo baciò. Lui restò un po' così, non si era accorto di niente, nemmeno che lei si fosse seduta vicino.
-Uno yen per ogni tuo pensiero.-
-Non ti avevo sentita, scusa.-
-Da quanto sei qui?-
-Non lo so di preciso, da qualche ora.-
-Non hai nemmeno mangiato, me lo hanno detto i ragazzi.-
-Non avevo fame. Tu hai mangiato qualcosa?-
-Si, Chang mi aveva lasciato qualcosa nel forno.-
-Meno male. Ma perché mi guardi così? Ho qualcosa che non va?-
-No, tu sei bellissimo, ma i tuoi occhi mi dicono che hai troppi pensieri e questo non mi fa stare felice.-
-No, va tutto bene, stai tranquilla.-
-Non hai nemmeno voluto dormire con me, perché?-
-Volevo tu riposassi il più a lungo possibile.-
-Infatti con te avrei riposato meglio.-
Joe non rispose, la sua mente era ancora a New York a parlare con Ryan…
-Sai Joe, abbiamo passato tanto tempo su questa scogliera, su questa spiaggia davanti al mare, in estate, inverno, a ridere, scherzare, ad amarci e a litigare. Fa parte di noi. Qui tutto è iniziato, anche il primo bacio il giorno prima di partire per le olimpiadi invernali in Norvegia, ricordi?-
-Si, ricordo benissimo.-
-E ti maledicesti di non averlo fatto prima.-
-Si, sono stato proprio un perfetto idiota, ancora oggi ringrazio il cielo per la tua pazienza.-
-Io di quella ne ho ancora tanta, sai?-
-Davvero? E quanta?-
-Per l’eternità.-
-Sembra interessante.- Françoise si adagiò sulla sabbia soffice accarezzando la schiena di lui.
-E allora cosa aspetti a sdraiarti vicino a me e baciarmi?-
Joe si sdraiò accanto a lei e la baciò dolcemente.
-Stasera dormo con te, mi vuoi?-
-E me lo chiedi? Per me ti ci puoi anche trasferire in camera mia.-
-Si, in effetti sarebbe meglio, così non dimentico più le mie cose in giro.-
-Si, specie quelle intime che trovo la mattina sotto il mio cuscino.-
-Stupido. Non dirmi che ti dispiace.-
-Per niente.-
La giorno seguente Gilmoure era appena tornato da un incontro con alcuni medici dell'università di fisica di Tokyo. Appena entrò chiamò Joe e Françoise nel suo studio.
-Allora ragazzi, com'è andata?-
-Il suo amico Ryan è stato molto illuminante.-
-Si Joe, questo lo sapevo già. L'ho sentito ieri mattina. Quel che voglio sapere è le tue intenzioni, cara la mia Françoise.-
-Professore, lo sa anche lei che sarebbe il mio più grande sogno tornare ad essere quella di prima, o quasi. Solo che... mi sembra un fatto inverosimile, non so se andrà bene come dice Ryan.-
-Su questo puoi stare tranquilla. Lo conosco molto bene, se ti ha detto che c'è solo un rischio minimo, puoi credergli. Sa il fatto suo, e in questo campo è il migliore. Non è abituato a dare per certo un risultato se non è assolutamente sicuro. Certo, una dose minima di rischio c'è, questo te lo ha detto anche lui. Quello che devi fare è semplicemente ponderare quel rischio alla possibilità di ottenere ciò che ti sei prefissata. La domanda è: ne vale la pena? Io penso proprio di si. Oltretutto, se ho ben capito, l'équipe ha ben studiato la tua situazione e si sono espressi favorevoli all'unanimità. Il fatto che nessuno abbia avuto un minimo di dubbio, fa ben sperare che l'operazione abbia successo.-
-Tu che ne pensi Joe?-
-Il dottor Gilmoure ha ragione, io la penso esattamente come lui. Ma sta a te decidere. Il consiglio mio, e, da quel che ho potuto capire, anche del dottor Gilmoure, è quello di accettare a occhi chiusi.-
-Voglio pensarci ancora un po'. Deciderò dopo la prossima missione, magari dopo l'estate. Non credo cambi qualcosa.-
-Hai ragione cara, pensaci quanto vuoi. Se hai bisogno di me, sai dove trovarmi.-
-La ringrazio dottore.-
-Figurati. Ah, Joe, puoi restare un momento?-
-Va bene. A dopo tesoro.-
-A dopo.-
Françoise uscì dal laboratorio un po' perplessa. Cosa avevano da dirsi quei due? Le venne in mente di usare i suoi poteri..."Quasi quasi... non mi convince tutto questo... ma no, cosa sto facendo. Mi fido ciecamente di loro." Trasalì e se ne andò fuori in giardino.
-Allora Joe, che ne pensi?-
-La penso come lei, dovrebbe farla senza pensarci due volte.-
-Non ti ho chiesto quel che so già. Ti ho chiesto tutt'altra cosa.-
-Ho capito, mi scusi.-
-Cosa succederà tra voi?-
-Per lei non dovrebbe cambiare niente, vuole restare con me.-
-E tu?-
-Professore, io l'amo troppo per stare con lei dopo questa cosa. La lascerò libera... in qualche modo.-
-Joe, non mi fraintendere. Io vorrei che voi restasse per sempre insieme, starei più tranquillo anche quando lascerò questa vita. Diciamo però che sono un po' combattuto.-
-In che senso? Si spieghi meglio.-
-Da una parte credo che non dovresti restare assieme a lei. Anche se hai parti umane, dopo sareste troppo diversi. Se poi consideriamo che le tue possibilità di darle un figlio sarebbero molto scarse, vedi anche te che è giusto che lei abbia in futuro un altro uomo. Dall'altra parte, dico che vi amo come se foste figli miei. E conoscendovi bene come vi conosco io, so che siete fatti l'uno per l'altra. Se tu la lasciassi, lei soffrirebbe le pene dell'inferno. Non so se riuscirebbe a rifarsi una vita senza di te. Razionalmente sarebbe meglio che vi lasciaste ma per lei sarebbe durissima. E anche per te ragazzo mio. Ma tutto dipende anche da quanto vuol cambiare lei. Può decidere di farsi trapiantare tutti gli organi che sarà possibile, o magari decidere solo per l'apparato riproduttivo, giusto giusto per permettergli di avere una normale gravidanza. Questo dipenderà da lei. Non ha nessun vincolo in quel senso. Loro le illustreranno tutte le possibilità, poi deciderà lei cosa fare e cosa non fare. Dipende dalle sue priorità. Certo lei preferirebbe certamente avere dei figli con te. Sai già che io e alcuni miei colleghi compreso Ryan stiamo sperimentando dei farmaci che potrebbero aiutarti ma, il risultato è ancora molto molto incerto e non possiamo escludere che non vi siano effetti indesiderati.-
Joe guardava il dottore, notò la sua espressione diventare improvvisamente cupa e accigliata.
-Che succede professore? Perché quell'aria triste?-
-Niente, mi era passata per la mente un idea folle.-
-Sarebbe?-
-Pensavo che, per l'assurdo, se tu non ci fossi più per lei la scelta sarebbe obbligata. Non farci caso, sto delirando, questo non può accadere mai.- Disse sorridendo…
-Intende dire... se io morissi lei sarebbe costretta a cercare un'altra persona, magari operarsi ed avere una propria famiglia... non male come idea.- Rispose quasi ironico…
-Non scherzare ragazzo, o mi fai arrabbiare. Non devi mica morire per forza.-
-Io non scherzo affatto professore. E sa quale è la cosa buffa? Me lo ha detto anche lei un giorno a New York... "Solo se tu per assurdo morissi rinuncerei a te"... si, disse proprio così.-
-E questo cosa significa? Che stai cercando di dirmi?-
-Professore, dopo l'incontro storico Usa Urss noi saremo liberi dagli impegni presi con le Nazioni Unite, giusto?-
-Si, questi erano gli accordi. Non dovremo più essere a loro disposizione. Solo sporadicamente, per gli accordi SALT. Ma non sarebbe obbligatorio. I vostri vincoli saranno sciolti ufficialmente il 23 Maggio e  potrete riprendere le vostre vite abituali. Solo io manterrò i contatti con l'ONU, se avrò bisogno di voi  potrei chiamarvi ma non sarete obbligati a rispondermi. Ve l'ho garantito e manterrò questo mio impegno, è l'ora di finirla di fare da schiavi per le loro faccende politiche.-
-Va bene, professore. E di questo le saremo eternamente grati ma quello che intendevo dire è un'altra cosa.-
-Non capisco.-
-Dottor Gilmoure. E se io morissi sul serio? Nel senso... se decidessi di morire?-
-Ma cosa stai dicendo ragazzo!-
-Questa sua idea folle può tornare utile alla nostra Fran. Si immagini, per esempio... che io possa scomparire anche senza essere morto. Lei, col tempo, sarebbe costretta a rassegnarsi, non trova?-
-Non ti seguo, e ciò che stai dicendo mi piace sempre meno.-
-Questo incontro tra le due superpotenze farà saltare i piani a molti trafficanti di armi. Di sicuro ci saranno possibili attentati e magari anche ordigni piazzati per far scoppiare il panico.-
-Per questo sarete lì anche voi. Per sventare quelle minacce.-
-Professore, se mi dovesse accadere qualcosa deve promettermi che si prenderà cura di lei come un padre.
-Ora basta 009. Non so cosa ti stia accadendo ma smettila con queste parole.-
-Me lo prometta professore, la prego.-
Isaac Gilmoure guardava Joe , i suoi occhi scuri erano ancora più espressivi del solito, sembrava sull'orlo del pianto. Non riusciva a capire bene quel che il ragazzo gli stava dicendo ma, in nome dell'affetto che provava per lui acconsentì a quella sua richiesta.
-Va bene Joe, anche se mi sembra tutto molto folle, te lo prometto.-
-Grazie professore, di cuore.-
-A dopo Joe.-
Alcuni giorni dopo....
Joe, c'è una chiamata per te. La voce di Chang destò il ragazzo dai suoi pensieri mentre sorseggiava il suo caffè.
-Eccomi.-
"Ma chi può essere... non sarà mica...". Joe pensava che fosse suo zio, ed invece...
-Pronto.-
-Pronto, parlo con il signor Joe Shimamura?-
-Si, sono io, lei chi è?-
-Salve, scusi se la disturbo. Mi chiamo A.J. Dawson, sono il notaio addetto all'apertura del testamento di suo zio, il signor Steven Harris, deceduto quattro giorni fa.-
-E' morto? Mio zio è morto?-
-Temo di si. La chiamo perché lei è uno degli eredi di suo zio. Ho redatto io il suo testamento.-
-Sapevo già che stava male, ma non mi aspettavo morisse così presto.-
-Senta, mi dica come possiamo fare per sbrigare tutte le pratiche. Lei ha la possibilità di venire negli Stati Uniti?-
-Beh, non è proprio dietro l'angolo. So che devo venirci per forza, mi dia qualche giorno per organizzarmi e le farò sapere.-
-Ok, altrimenti, se lei non ha niente in contrario, potrei venire io da lei. Devo sbrigare degli affari proprio a Nagasaki la prossima settimana. Potremo vederci lì. Io porterò le carte con me e faremo tutto lì. L'altra erede, è la signora Sanchez, la governante, a cui spetta la fattoria ed un assegno.-
-Si, ne ero a conoscenza. Non c'è problema per me, non farò alcun tipo di azione legale verso di lei.-
-Allora, se le va bene, la terza settimana di Aprile sarò in Giappone.-
-Va benissimo.-
-A presto signor Shimamura.-
-Aspetti signor Dawson, posso chiederle un favore?-
-Certo, mi dica pure.-
-Quando verrà in Giappone, subito dopo la pratica testamentaria voglio fare subito una donazione ad una persona. Voglio che lei abbia la possibilità di usare quel denaro. Possiamo farlo?-
-Si... certo. Una richiesta strana la sua ma, se è quel che vuole, può darmi le sue generalità e posso preparare l'atto anche domani.-
-Va bene, grazie.-
-Ma... è assolutamente sicuro?-
-Certo, più che sicuro.-
-Allora d'accordo. Prendo carta e penna.-
-Il suo nome è Françoise Arnoul........-
Joe comunicò tutte le generalità di Françoise, senza dubbi né esitazioni, come se fosse la cosa più naturale del mondo. A.J Dawson, anche se molto sorpreso, pensò che lui volesse davvero fare quella donazione dal modo in cui gli comunicava tutti i dati, sembrava li sapesse a memoria da sempre e salutò cordialmente il ragazzo.
Una settimana dopo, centro di Nagasaki....
-Mi scusi signor Shimamura se l'ho fatta aspettare, la riunione è andata oltre i tempi previsti.
Salve, lei deve essere Françoise Arnoul, piacere di conoscerla.-
-Piacere mio.-
-Ho tutti i documenti pronti, sia la successione testamentaria sia l'atto di Donazione. Se siete d'accordo, possiamo iniziare con la lettura del testamento per poi procedere con il resto. La successione inizia da oggi a produrre i suoi effetti. Tenete conto che, per il passaggio della proprietà del denaro da Joe a Françoise, ci vogliono dai trenta ai sessanta giorni di tempo. Questo come da prassi. Se vi è tutto chiaro, possiamo procedere.-
-Siamo pronti.-
-Joe, le leggo le ultime volontà di suo zio, il defunto Steven Harris. Devo dire che il signor Harris è stato molto rapido nel fare tutti i documenti per il suo riconoscimento.-
-In che senso, scusi?-
-Semplice. Ha fatto in modo di poter decidere delle sue sostanze nel modo migliore, designando lei come erede e come unico parente in vita, nessuno può impugnare il testamento. Essendo unico fratello di suo padre deceduto, e visto che suo padre non ha mai fatto nessun'azione di riconoscimento nei suoi confronti, suo zio ha pensato bene di sopperire a tale mancanza avendo riconosciuto lei prima come suo unico nipote e poi come unico parente di primo grado. Per cui, allo stato attuale delle cose e dal punto di vista legale, nessuno può pretendere parte dell'eredità spettante a lei. Dovete sapere che, per legge, non era così fino a un mese fa.-
-Capisco, non lo sapevo, mi scusi. Lo zio è stato davvero gentile.-
-Non c'è problema. Non sto a leggervi tutti i particolari. Quel che le interessa è la copia dell'atto che lei mi deve firmare.... ecco qui. Prego, firmi dove ci sono le crocette.-
Joe si apprestò a fare in infinità di firme e, quando ebbe concluso si sentì sollevato. Françoise lo guardava un po' sorpresa, non era abituato a tante carte da firmare, tranne autografi e contratti con gli sponsor di quando era pilota.
-Questa è la busta contenente i numeri dei conti e le cassette di sicurezza a lei intestati, tutti situati a Zurigo. L'ammontare dei conti è di oltre trenta milioni di dollari, la lista dei beni contenuti nelle cassette, la trova nell'ultimo allegato. I miei complimenti, da questo momento lei è un uomo ricco.-
-Signore, voglio subito fare la donazione di ogni cosa a Françoise.-
-Ma Joe... sei sicuro? Non ti sembra il caso di rifletterci ancora qualche giorno?-
-No, ho già riflettuto e preso la mia decisione. Ogni cosa in questa busta deve diventare tua. Ma mi raccomando i bambini orfani.- Le sorrise molto dolcemente e lei si sciolse e arrossì...
-Dai Joe.... sei sempre il solito.- Sorrise anche lei...
-Il contratto è pronto. Firmate ora ed avrà effetto nei tempi che vi ho descritto prima.-
-Firma amore, così ci togliamo il pensiero.-
Joe e Françoise firmarono il contratto, salutarono cordialmente il notaio Dawson e uscirono dall'ufficio. Joe aveva un espressione decisamente molto compiaciuta.
-Ancora non ci posso credere che tu abbia fatto questo.-
-Dovevo farlo.-
-Ma non capisco questa fretta, cosa ci costava aspettare e rifletterci ancora un po'?-
-E' inutile, sai come sono fatto. Ora, se vuoi, puoi fissare quell'intervento, così la tua vita cambierà finalmente in meglio.-
-La nostra vita Joe, non solo la mia. E comunque ti ho detto che devo rifletterci ancora un po’ su.-
Passarono le settimane, eravamo arrivati al mese di maggio. I cyborg, insieme col dottor Gilmoure,  stavano studiando minuziosamente tutti i sistemi di sicurezza del palazzo dove sarebbe avvenuto lo storico incontro tra il presidente americano Richard Nixon e il premier sovietico Leonid Brežnev.
Questi colloqui sarebbero stati incentrati sulla limitazione delle armi strategiche ed avrebbero portato ad importanti trattati sul controllo degli armamenti: i famosi accordi SALT, il primo patto di limitazione globale firmato dalle due superpotenze, e il Trattato anti missili balistici che avrebbe vietato lo sviluppo di sistemi progettati per intercettare i missili in arrivo. Questi miravano a limitare lo sviluppo di costosi missili anti-balistici e missili nucleari. Nixon e Brežnev avevano intenzione di proclamare  una nuova era di "coesistenza pacifica" e stabilire la nuova e rivoluzionaria politica di cooperazione tra le due superpotenze. Questo faceva intuire quando interesse avrebbero avuto molte organizzazioni criminali che avrebbero fatto affari d'oro con la progettazione di quelle armi. Troppi interessi erano in ballo, occorreva essere perfetti al cronometro, non doveva esserci nessun intoppo, e questo i cyborg lo sapevano fin troppo bene. Poteva esserci un attentato, un esplosione, tutto poteva accadere. Furono messi sott'osservazione anche le persone più vicine ai premier e loro portavoce, niente fu trascurato. Le porte di entrata ed uscita, i corridoi, i sotterranei, ascensori, uscite di emergenza, scale, tutto fu studiato minuziosamente e memorizzato attraverso una visione molto scrupolosa delle planimetrie dell'edificio in possesso del dottor Gilmoure in cui avrebbero dovuto aver luogo quei dialoghi.
Il piano dei ragazzi era stato messo a punto, la loro collaborazione con la sicurezza russa, i loro ruoli e postazioni erano già stati definiti. A Joe restava solo un problema, lei. Lui intendeva risolvere quella questione  al più presto. In quell'anno, anche se eravamo solo a metà del mese di maggio, la temperatura era stranamente molto elevata, nelle ore più calde superava anche i trentadue gradi. Quindi colse l'occasione per proporle di andare fuori per  il week-end, erano molti giorni che, presi da quella missione, non avevano avuto modo di stare un po' da soli. Nella sua testa rappresentava un modo per trascorrere un ultima vacanza con lei.
Lei accettò con vivo entusiasmo. Presero l'auto e bagagli ed andarono ad un porticciolo vicino, affittarono un motoscafo e passarono due giorni in un una splendida isoletta. Il villaggio era molto carino, anche piuttosto affollato, nonostante la stagione. La capanna era molto graziosa e accogliente con tanto di fiori e coktail di benvenuto.
La mattina dopo...
-Joe, guarda che bel sole. Oggi me lo prendo tutto.-
-Guarda che ti scotti.-
Françoise si sdraiò sul lettino...
-Amore, vuoi che ti spalmi un po' di crema?-
-Si, grazie.-
Le delicate mani di Joe accarezzavano la schiena di lei in modo dolce e sensuale. Françoise sentiva che, continuando in quel modo, pian piano poteva accenderle i sensi.
-Hai delle mani meravigliose, mon amour.-
-E tu una pelle vellutata ma chère.-
-Se continui così mi fai venire strane voglie.-
-Questo è un colpo basso, guarda quanta gente che c'è.-
-Beh, magari tra un ora l'acqua sarà più calda.-
-Non so se resisterò tutto questo tempo.-
-Devi resistere, è un ordine.-
-Sei crudele.-
Appena si buttarono in acqua la passione e l'eccitazione presero subito il sopravvento, incuranti dei bagnanti vicino a loro. Usciti dall'acqua lei si sdraiò al sole accanto a lui.
-Vuoi qualcosa da bere? Se vuoi vado al chiosco e ti prendo qualcosa.-
-Volentieri, mi andrebbe un bel succo tropicale.-
Quando Joe ritornò indietro Françoise, che chiaramente poteva vedere da molto lontano, aggrottò la fronte. Stava chiacchierando con una bella ragazza orientale e sembrava molto a suo agio. La salutò sorridendo. Françoise notò che lei continuava a guardarlo con interesse fino a quando arrivò da lei. "Beh, non mi meraviglio. E' bello come il sole, ma quella sta esagerando."
-Ci hai messo tanto.-
-Si, il chiosco sembra più vicino di quel che è.-
-Ma davvero? Anche quella ragazza ti era molto vicino.-
-Ma cosa dici?-
-Joe! Guarda che ho visto tutto, come vi guardavate. Soprattutto lei!-
-Ma dai. Yuki è qui col suo ragazzo. Hanno la capanna dietro di noi e mi ha riconosciuto.-
-Ma senti, sai anche età e codice fiscale?-
-Esagerata. Volevo essere solo gentile. Mi ha chiesto se stasera ceniamo al tavolo con loro.-
-Joe, volevo stare con te, non siamo mai soli ultimamente.-
-Tieni il tuo cocktail analcolico.-
-Grazie.-
-E comunque lo so, per questo le ho detto di no. Ma non potevo certo essere scortese.-
-Scusami, se vuoi ci possiamo andare, davvero.-
-Preferisco stare con te, siamo qui per questo. Ma capisci anche che non posso far finta che tutti gli altri non esistono.-
-Hai ragione. La colpa è mia. Solo che... è da quando abbiamo parlato a New York che ho un peso enorme sullo stomaco e non so come togliermelo.-
-Françoise, guardami. Non devi tenerti tutto dentro. Una volta per tutte dimmi ciò che senti.-
-Ma... non mi sembra il momento ed il posto più adatto.-
-Invece si. Siamo soli, davanti al mare. E' una splendida giornata e siamo insieme. Forse siamo talmente liberi e felici che è davvero il momento giusto.-
-Joe. Sono terrorizzata.-
-Lo so, anch'io. Ma il dottor Ryan ha detto che il rischio è minimo. Forse vale la pena...-
-No...- Lo interruppe subito... -Non è questo. Sento che succederà qualcosa di brutto e tu ne sarai coinvolto.-
-Amore mio, ne abbiamo già parlato. Andrà tutto bene, stai tranquilla.-
-Joe, più di una volta mi hai detto che daresti qualsiasi cosa per rendermi felice. Lo pensi ancora?-
-Certo che si. E sai bene che lo farei.-
-Non fare quella missione.-
-Cosaaa? Dici sul serio?-
-Non voglio che ti succeda qualcosa di male.-
-Sai benissimo che non posso tirarmi indietro. Sono il leader del nostro gruppo, devo esserci per forza.-
-Si, ma tu, con la scusa che è pericoloso, mi hai impedito di partecipare.-
-Lo avrei fatto comunque. Questa volta è diverso. Il nostro compito è molto delicato e non voglio che tu corra alcun tipo di rischio, soprattutto da quando sappiamo di avere una simile opportunità per te. No, tu devi restare al sicuro.-
-Ma non sarò vicino a te. Mi sento male solo a pensarci.-
-Non mi accadrà nulla, fidati di me. Sai che non potrei mai lasciarti sola.-
-Si, me lo hai promesso.-
-Credo che sia la nostra ultima vera missione, almeno questo è quello che mi ha fatto intendere il dottor Gilmoure.-
-Sarebbe meraviglioso amore mio, così dopo possiamo dedicarci interamente al nostro futuro insieme.-
Trascorsero la serata tranquilli e felici, gli argomenti di discussione erano tornati più leggeri.
Rientrati in capanna era quasi mezzanotte. Ad un tratto lei si avvicina a lui e lo bacia improvvisamente.
-Buon compleanno, amore mio.-
-Sei un tesoro.-
-Ho un regalo per te.-
-Il mio regalo più grande sei tu. Da quando ti ho incontrata ogni giorno è una festa, per me, mio dolce e meraviglioso amore.-
-Questo è per te. Aprilo.-
Joe tolse il nastro rosso da un piccolo cofanetto. Al suo interno vi era un ciondolo d'oro con un cuore con incise le loro iniziali sopra la scritta… "Insieme per sempre"…gli sussurrò lei…
-E' stupenda.-
-Joe, i nostri cuori saranno sempre uniti, anche se, per qualche motivo, dovessimo separarci. Torneremo sempre a stare insieme, ricordatelo.-
-E' quello che voglio di più al mondo.-
Quella notte si amarono a lungo e ancora più dolcemente. Finalmente si addormentarono nel modo a loro più piacevole, stretti e avvinghiati l'una all'altro, fino al risveglio. Quando Françoise si svegliò tra le sue braccia, lo guardò dolcemente, accarezzandolo leggermente nel viso. "Non ti sei mosso di lì, è sempre bello guardarti mentre ancora dormi ed io non mi stancherei mai". Quando Joe aprì i suoi occhi scuri, trovò subito quelli azzurri di lei che gli stava sorridendo in quel modo che a lui faceva impazzire, era un sorriso sapeva essere rivolto unicamente a lui.
Il giorno dopo pranzarono con Yuki ed il suo ragazzo, molto cordiale e grande appassionato di formula 1. Anche Françoise legò con loro, tutto sommato, passarono un pomeriggio piacevole anche se era evidente l'atteggiamento un po' troppo disinvolto di lei nei confronti di Joe. E questo a Françoise non piaceva per niente. "Ma dico... questo idiota che sarebbe il suo ragazzo, non si accorge di niente? Solo io vedo ogni scusa per toccarlo, per sorridergli? Certo che ha una bella faccia tosta...e sembra così delicata e gentile, ma fammi il piacere. Ti piacerebbe è? Peccato per te che non lo avrai mai, stupida cretina".
E come tutto ha un suo inizio tutto ha una sua fine. Il ritorno alla base avvenne solo dopo la cena e non fu dei più sereni. Fu lei ad insistere. Desiderava di proposito tornare tardi perché non aveva assolutamente voglia di sorbirsi i discorsi e le frecciatine varie degli altri. Non le avrebbe tollerate. Infatti, da quando era salita in macchina al porticciolo dove l'avevano lasciata, la sua espressione era cambiata radicalmente. Si faceva sempre più seria. Joe non potette far altro che cercare di parlarle ma sapeva che, quando lei è immersa in quel modo nei suoi pensieri, lui deve solo aspettare che fosse lei spontaneamente ad aprirsi. Forzare le cose sarebbe stato controproducente. Guardò il cielo, aveva improvvisamente oscurato tutte le stelle. Forse era in arrivo la pioggia. Quando arrivarono alla base aveva già iniziato a piovere. Il silenzio significava che tutti erano nelle loro stanze. Del resto era quasi mezzanotte. Joe non ebbe nemmeno il coraggio di chiederle dove avrebbe dormito. Salirono le scale ed entrarono ognuno nella propria stanza. Joe si distese sul letto, occhi rivolti verso il soffitto. Spense la luce lasciando accesa solo l'abat jour. Ad un certo punto sentì aprirsi la porta. Era lei, già in vestaglia da notte che richiuse la porta dietro di se.
-Posso dormire con te?-
-Non sta tuonando... ancora.- Disse lui in modo ironico..
-Stupido, sarei venuta ugualmente. Ho bisogno di dormire con te stanotte.-
-Dai, vieni qui.- Si tolse la vestaglia e Joe aprì le coperte per farla entrare nel letto accanto a se. Lei le si avvicinò e lo abbracciò.
-Credevo ce l'avessi con me.-
-Taci, e abbracciami.- Aveva bisogno di quello, solo di quello. Joe fu felice di averla lì con lui quella notte.
-Ho tanta paura Joe, per questa missione.-
-Non temere, andrà bene, come sempre.-
-Non so, c'è qualcosa dentro di me che mi dice il contrario e non riesco a non pensarci.-
-Capisco.-
-Joe, giurami che tornerai da me.-
-Solo se mi fai una promessa.-
-Sarebbe?-
-Se dovesse succedermi qualcosa tu prenderai quei soldi e farai quell'intervento… e costruirai una famiglia tua.-
-Joe... ascolta...-
-No Fran... dammi la tua parola. Ti prego, ho bisogno di saperlo.-
Seguì un assoluto silenzio che durò qualche minuto mentre lei si girò voltandogli le spalle ma tenendo il suo corpo a contatto con il suo. Era titubante, non capiva bene del perché lui insistesse tanto. Pensò che forse poteva avere un suo valido motivo. Quindi, improvvisamente, si rigirò di nuovo verso di lui pronta a rispondere alla sua richiesta...
-Va bene, ti do la mia parola. Ma tu cerca di tornare vivo.-
-E' un ordine?-
-Si, perché è con te che voglio costruire una famiglia… e con nessun’altro.-
Un delicato bacio sulle labbra fece da preludio a una dolce notte con i loro corpi abbracciati e stretti tra loro.

 

Capitolo 7

 

L'inizio della settimana trascorse quasi interamente in funzione della missione che sarebbe cominciata con la partenza dei cyborg nella giornata di lunedì, cinque giorni prima del fatidico incontro. Dovevano essere lì per prendere confidenza con l'ambiente, anche se sapevano già tutto a memoria. Durante quei giorni Françoise rimase un po' in disparte. Per volere di Joe non avrebbe partecipato attivamente a quella missione così si limitò a dare qualche parere sui dispositivi di  sicurezza e sui sistemi di allarme. Comunque la sua esperienza in materia fu molto apprezzata e ben considerata, come sempre. Lei, insieme a Gilmoure, in quella settimana, presero posto in un ufficio messo a loro disposizione accanto al Cremlino dai sovietici per analizzare le conversazioni telefoniche ed eventuali intercettazioni di messaggi provenienti dalle fazioni opposte all'incontro. Era stato chiesto dal dottore in persona, sapendo che lei, col suo udito, avrebbe sentito ben oltre i normali strumenti di ascolto. C'era un gran da fare, le linee non erano molte e quelle riservate erano strettamente controllate dai sovietici. Nessuna notizia trapelava al di fuori di quella struttura.
Da tanto che teneva le cuffie alle orecchie, Françoise si era molto innervosita, oltretutto non poteva vedere Joe in quei giorni. Tutta la sicurezza compresi i cyborg, entrati sotto falso nome in accordo con l'Onu, prendevano alloggio in una depandance dentro il Cremlino e non potevano avere nessun contatto con l'esterno. Avevano solo la loro radio, che fortunatamente Gilmoure potenziò molto prima della missione per tenersi in contatto continuo tra loro.
Le giornate erano tutte uguali, fu deciso di aumentare la sorveglianza già dalla giornata di venerdì. Mosca era totalmente blindata, nessuno entrava o usciva senza autorizzazione, i controlli furono minuziosi, la polizia sovietica era in allerta ovunque.
 
Mosca, 21 maggio

Nell'ufficio adiacente a quello di Gilmoure e Françoise c'era parecchia agitazione. Françoise, col suo super udito, aveva captato una conversazione strana. Il suo russo non era male, certo non ai livelli del giapponese. Sentiva benissimo quello che stavano dicendo anche se parlavano a voce bassa per non farsi sentire e stava ripetendo le frasi dei sovietici a volte con fatica ma Gilmoure, che lo conosceva alla perfezione, riuscì a tradurre ogni cosa.
-Dottore, cosa dicono? Riesce a tradurre?-
-Certo, ogni cosa. Sembra che un alto funzionario del Cremlino, abbia denunciato la scomparsa della propria auto avuta in dotazione dal governo russo per i suoi spostamenti. La sua auto è magicamente ricomparsa davanti alla sua abitazione. Lui dichiara di essersi sbagliato e che non è un fatto di rilevanza particolare ma ne stanno discutendo molto animatamente, dalle parole che mi stai dicendo.-
-Ora hanno smesso di parlarne, mi pare. E' intervenuta anche la Polizia. Aspetti... questo lo traduco anch'io professore. Sembra che vogliano arrestare ed interrogare quell'uomo.-
-In effetti questa storia dell'auto è molto strana. Dovremo avvertire Joe e i ragazzi.-
-Ma ci sono polizia e sicurezza.-
-003, noi possediamo armi e un metal detector diverso da quelli che hanno loro in dotazione. E' sperimentale ma l'ho costruito proprio per emergenze come questa. Magari mi farò pagare il brevetto, ma ora abbiamo cose più importanti di cui discutere. Avverti 009,002 e 004 , che saranno quelli più interni all'edificio. 005 e 007, che tengono d'occhio il perimetro, seguiranno le istruzioni della sicurezza interna.-
-Va bene professore.-
 Perlustrazioni minuziose furono fatte in lungo e largo ma non venne fuori niente di sospetto. Addirittura al malcapitato funzionario sovietico, dopo un interrogatorio molto simile ad una tortura fu permesso di riprendere il suo lavoro. In quei giorni infatti non si era mosso dal Gran Palazzo, come testimoniarono alcuni suoi colleghi. La faccenda della scomparsa della sua macchina era avvolta nel più assoluto mistero. Fu perquisita e ribaltata in lungo e in largo, con l’ausilio di metal detector, ma non fu rilevato niente di anormale.
Per sicurezza fu portata all’esterno della città.

 

22 Maggio, Gran Palazzo Del Cremlino

 

Il dialogo tra Nixon, Brežnev ebbe finalmente inizio. Si respirava un'aria surreale, di tensione e paura. I due premier sembravano invece rilassati e ben disposti. Gli argomenti chiave furono affrontati con grande rispetto e stima reciproca. Gli accordi SALT, che avrebbero limitato lo sviluppo di costosi missili anti-balistici e missili nucleari sarebbero stati possibili.
(N.B. Tengo a precisare che, la parte di storia che sto per descrivere, non è mai avvenuta. E' di pura invenzione poichè serve al sottoscritto per portare avanti gli eventi di questa fanfiction. Grazie.)

-Dottore, stanno dicendo qualcosa... parlano di un'intercettazione di un gruppo terroristico anti-salt.
Sembra che abbiano piazzato un ordigno e che lo stanno già cercando. Non vogliono alimentare il panico. Hanno comunicato che è tutto sotto controllo e che non c'è da preoccuparsi ma che, per maggiore sicurezza, evacueranno l'edificio.-
-Avverti subito  i ragazzi.-
"009... 009... mi ricevi??"
"Si 003, ti sento."
"C'è una bomba piazzata all'interno del palazzo."
"Cosaaa? Avverto gli altri ed entriamo in azione immediatamente. Ma hanno già iniziato la procedura per l'evacuazione?"
"Si, ma senza dare l'allarme, stanno facendo tutto con metodo ed ordine."
"Va bene, useremo il congegno del dottore e cercheremo l'ordigno."
"Joe, stai attento... ti prego. Non fare sciocchezze."
"Stai tranquilla, starò attento."
"Joe..."
"Dimmi..."
"Anche se ci sentono tutti io... io... io ti amo. Torna da me."
"Certo che torno da te... ti amo anch'io."
009: "Ragazzi... ci siete?"
002: "si."
004: "si."
009: "Forza, andiamo, cerchiamola dappertutto, altrimenti sarà una strage."
Dopo alcuni minuti di minuziose ricerche i ragazzi erano al limite. La tensione stava salendo ed iniziava ad essere di un livello insostenibile.
009: "Ragazzi, forse ci siamo. Nel sotterraneo. Il rilevatore sta vibrando... mi avvicino.... ora il segnale è sempre forte... ragazzi è qui, dentro quest'auto. La sto cercando... maledizione... farò a modo mio..."
Joe stava letteralmente disfacendo l'auto e, finalmente, sotto l'intercapedine della ruota di scorta...
"Trovata. Deve essere una bomba magnetica a tempo, per questo non è stata rilevata dai normali metal-detector. Accidenti com'è piccola... non ne ho mai viste di questo tipo... strano... non ha  nemmeno... mi sembra una specie di timer."
Gilmoure: maledizione. Quella storia di quell’auto… ora capisco tutto. Non hanno trovato niente e hanno fatto l’errore di abbassare la guardia. In realtà l’attentatore aveva un piano ben preciso, quello di distogliere l’attenzione facendo interrogare quel politico e allentare le misure di sicurezza in modo da poter piazzare la bomba nel sotterraneo.
003: "Joe, cosa hai intenzione di fare?"
009: "Non abbiamo dimestichezza con questo tipo di ordigni... devo portare la bomba fuori di qui."
002: "Ma sei impazzito? Aspettami lì... arrivo."
004: "009, non fare sciocchezze. aspetta... sono quasi arrivato. C'è troppa gente... maledizione!"
003: "Joe... ti prego... aspetta che arrivi Jet."
009: "Non c'è più tempo Françoise... devo agire... devo toglierla dall'auto e portarla via."
002: "Joe...maledizione...aspetta."
009: "No Jet, oramai ho iniziato a staccarla, ma ho paura di commettere un errore... devo fare molto piano."
003: "Joe..." ....Joe prese fiato e, prima di azionare il suo acceleratore, si rivolse ai suoi compagni...
009: "Se mi dovesse succedere qualcosa sappiate che per me è stato un onore essere al vostro fianco. Vi voglio bene... Françoise... ti amo."
003: "Joe...ti amo...ritorna da me...ti scongiuro."
009: "Farò il possibile... e tu ricorda cosa mi hai promesso…. Chiudo.”
003: "JOE.. JOEEEEEE..."
002: "JOE, CAZZO, DOVE SEI???"
004: "HA CHIUSO IL CONTATTO RADIO!"
Arrivarono finalmente anche Jeronimo e Bretagna...
-Dottore, quale è la situazione?-
-Joe sta portando la bomba fuori Mosca a tutta velocità.-
-COOOSAAAA?- Bretagna si voltò verso Françoise che sbatte violentemente le cuffie sul pavimento e stava piangendo copiosamente.
-Andiamo anche noi, cosa stiamo aspettando?- Esclamò Jeronimo...
-No, a questo punto sarà già lontano...spero non esploda fino a quando non sarà in un posto isolato.-  Aggiunse Gilmoure.
Arrivarono anche Jet e Albert.
-Forza, dobbiamo andarcene. Prendiamo il furgone e andiamocene subito prima dell'arrivo della polizia e della sicurezza.- Disse Jet
-Si, prendiamo la nostra roba e filiamo.- Aggiunse Albert.
-Maledizione, se solo ci fosse 001 con noi.-
-Dormiva troppo profondamente e ho dovuto lasciare Chang con lui.- 
-Notizie di Joe?-
-Nessuna Jet.-
-Ma non possiamo abbandonarlo.-
-Lo so Albert, ma ha dovuto agire immediatamente, non aveva tempo di aspettare nessuno. E poi è l'unico che può portare l'ordigno fuori Mosca in fretta col suo acceleratore.-
Le parole di Gilmoure non furono prese proprio bene dalla squadra.
-Dottor Gilmoure... io le voglio bene come un padre ma in questo momento dovrebbe tacere e basta.- Gli si rivoltò Françoise con occhi pieni di lacrime ma feroci che guardavano il dottore il quale si incupì, conscio di aver detto una grande verità ma con molto poco tatto.
-Joeee... Joeee... o mio Dio...Joe.-
Mentre salivano sul loro furgone Françoise aveva lo sguardo perso nel vuoto... era rigida e immobile. Jet cercava di rincuorarla ma con scarsi risultati.
Joe era arrivato a debita distanza dal centro abitato. Lanciò la bomba in aria che esplose appena lasciò il contatto delle proprie mani. Anche se aveva evitato di essere coinvolto nell'esplosione, lo spostamento d'aria lo scaraventò addosso alla facciata di un vecchio rudere dietro di lui e picchiò molto violentemente la testa. L'esplosione non causò danni ma la bomba era davvero molto potente.
Gli artefici furono arrestati grazie alle intercettazioni della polizia sovietica, torturati e costretti a rivelare il nascondiglio della cellula terroristica che mirava a far si che continuassero nella produzione delle armi nucleari.
Tutti sapevano che il Cremlino era una specie di fortezza e che non sarebbe stata possibile nessuna intrusione. Si scoprì solo più tardi che il capo della sicurezza era stato corrotto e che quindi, grazie alla sua libertà di movimento, aveva permesso agli attentatori di agire indisturbati. L’uomo fu poi processato e condannato.
Nessuna notizia di Joe.

(Per fortuna, storicamente non c'è stato nessun attentato. Quindi possiamo continuare con la fic)

 

Capitolo 8

Base dei Cyborg... 18 Giugno

-003, aspetta, dove vai?- La voce del dottor Gilmoure risuonò nell'ingresso della grande casa dei cyborg.
-E' inutile, dottore, è troppo arrabbiata. Vedrà che prima o poi si calmerà.-
-Non credo 004, non l'ho mai vista così.-
-Lo so 002, ma cosa potevano fare di più? Abbiamo setacciato l'area dell'esplosione per settimane, per chilometri e chilometri. Nessuna traccia di Joe, abbiamo trovato solo il nulla, come gran parte della Russia.-
-Si, ed abbiamo chiesto in giro alle poche persone che abitano in quella zona ma nessuno ha visto e saputo niente.- Aggiunse 007.
-Ragazzi, che facciamo?- Domandò 006?
-Assolutamente niente.- Sopraggiunse il dottor Gilmoure.
-Come già sapete, dal primo di Giugno, siamo ufficialmente liberi da ogni impegno a livello internazionale, il nostro gruppo si è in pratica sciolto il 2 Giugno. Sarete richiamati ai vostri doveri solo in casi di massima urgenza. Ma, da quel che ho capito, ciò non avverrà tanto facilmente, specialmente dopo quello che è successo. Ho parlato a lungo con direttore generale dell'Onu. Ha riconosciuto che siamo stati anche troppo a disposizione dei governi di tutto il mondo e che meritate la piena libertà. Siete quindi liberi di tornare alle vostre identità originali e di essere padroni delle vostre vite. Ma non potrete farlo se continuerete in questa assurda ricerca.
Dobbiamo rassegnarci all'idea che Joe è morto. La bomba magnetica che ha fatto esplodere nella steppa russa, era di una potenza devastante. Avrebbe distrutto, non solo il palazzo del Cremlino, ma anche  un intero isolato. La particolarità di quella bomba era il timer ad impulsi comandato a distanza, programmato per esplodere a una certa ora ma l'intercettazione fortunatamente ci ha permesso di portare in salvo tutte quelle persone. Ma l'innesco era possibile anche tramite contatto con fonti di calore. Probabilmente 009 l'ha tenuta in mano dopo l'ora stabilita dall'esplosione e, appena l'ha lanciata, è esplosa immediatamente. Anche se avesse usato l'acceleratore, non avrebbe avuto il tempo per allontanarsi... a meno che...-
-A meno di che cosa, dottore?-
-… A contatto con l'aria, per la differenza di temperatura con le mani di Joe, sia esplosa una frazione di tempo dopo. In quel caso Joe sarebbe stato investito da un grande spostamento d'aria. Ma è solo una remota possibilità. Il leader del gruppo rivoluzionario che ha piazzato l'ordigno, tutt'ora in prigione, ha dichiarato che la bomba era di nuova costruzione e perfettamente sincronizzata. Ora potete vomitare, io l'ho già fatto.-
-Io torno là.- Si voltarono tutti a guardarla. Era lì, con le lacrime agli occhi, pieni di rabbia per le parole che aveva sentito.
-Ma cosa dici Fran, ci abbiamo provato. Devi rassegnarti, anche se so che per te non sarà facile.-
...esclamò Bretagna. I ragazzi le ripeterono quasi tutti praticamente le stesse cose, cercando di confortarla. Ma lei era totalmente inconsolabile. Aveva uno sguardo che non prometteva niente di buono.
-No, io parto. A costo di setacciare tutta la Russia lo troverò. Sento che è ancora vivo, avete capito tutti? Io vado, anche da sola, non mi interessa.-
-Françoise, ti prego, calmati.-
-No che non mi calmo Jet. Tu eri lì, e anche tu Albert. VOI LO AVETE ABBANDONATO. E' anche colpa vostra se tutto si è trasformato in un incubo.- Con queste parole uscì dal soggiorno dirigendosi verso l’ingresso della villa… si fermò…
-Ma io...-
-Lascia stare Jet. E' sconvolta, e non si rende conto di quello che dice e sai che non lo pensa. Sa benissimo anche lei che Joe ci aveva ordinato di controllare l'evacuazione e di stare attenti ad altri eventuali attacchi improvvisi degli attentatori.-
-Lo so Albert, ma... forse...ha ragione lei. Lo abbiamo lasciato solo, capisci? io...io ci ho pensato, ci ho pensato a lungo in queste settimane amico. E non riesco più a dormire, mi sento in colpa. Joe... amico mio. Io volevo morire insieme a te, come quella volta nello spazio. Maledizione... hai voluto fare di testa tua!- Jet stava cominciando a piangere copiosamente, non era cosa da lui. Anche Françoise continuava a piangere disperata. Le si avvicinò il dottor Gilmoure che tentava di calmarla.
I ragazzi gli si strinsero intorno e si abbracciarono tutti insieme con lei al centro col dottore che la teneva tra le sue braccia. Un gesto bellissimo di solidarietà ed amicizia. Françoise, alla fine, si calmò anche se dentro di se era a pezzi.
-Scusa Jet, non pensavo quelle brutte cose che ti ho detto. E scusami anche tu Albert.-
-Stai tranquilla, ora dobbiamo cercare di farci forza per andare avanti, tutti quanti. Joe avrebbe voluto questo da noi, ne sono sicuro.-
-E' vero, si aspetta una reazione da parte nostra. Non dobbiamo piangerci addosso. Facciamolo per lui. Per il nostro leader!-
-Si, facciamolo tuti per lui.- 
" Per Joe." "Se dovesse succedermi qualcosa tu prenderai quei soldi e farai quell'intervento.
... dammi la tua parola."
"Va bene, ti do la mia parola. Ma tu cerca di tornare vivo."
Capitolo 9

Smolensk, Russia, 18 mesi dopo......

-Akira... è pronto, vieni a mangiare.-
-Arrivo subito Lud, finisco di fissare questi ultimi due chiodi e vengo.-
Akira aveva fatto un bel lavoro, la nuova staccionata era forte e robusta, sperava tenesse a distanza i lupi selvaggi che di notte attaccavano spesso altri animali ed esseri umani.
-Ragazzo mio, almeno la domenica potresti riposare. Perché ti metti anche a fare i lavori di casa?-
-Per me non è assolutamente un problema, non ho nient'altro da fare, quindi preferisco rendermi utile.-
-Ma lavori già tutta la settimana alla fabbrica della lana, se continui così crollerai.-
-Ma se sono in ottima forma! Non dovere preoccuparvi per me.-
-Dovresti usare il week-end per trovare qualche bella ragazza, invece di passare il tempo con due vecchi come noi.-
-Non dire queste cose. Voi siete come due genitori per me, non so cosa che avrei fatto senza di voi.-
-Siamo noi che dobbiamo ringraziare te. Anche se non sappiamo niente di te ti vogliamo bene come ad un figlio. ma... ancora non ricordi niente?-
-No, niente. Quel che mi ricordo è un lampo e una grossa emicrania. Non so chi sono, non so da dove vengo. Ma non è importante. Non più.-
-Non ti viene mai voglia di sapere il tuo passato?-
-Si, molte volte. Ma più mi sforzo e più mi aumenta il mal di testa. Grazie, sto bene così.-
-Comunque devo farti i miei complimenti. Il tuo accento russo migliora di giorno in giorno.-
-Ho due fantastici insegnanti, non mi posso lamentare.- Sorrise compiaciuto... lo pensava davvero.
Il signor Kozlov se ne stava in silenzio ad ascoltare Akira e la moglie discutere del più e del meno.
-Ludmilla, non stressare sempre Akira con i tuoi soliti discorsi. L'unico consiglio giusto che gli hai dato è stato quello di trovarsi una bella ragazza.-
-Hai ragione Dorian. E magari anche di radersi, sarebbe ancora più bello senza barba.-
-No, quello mai. Mi avete detto che vostro figlio portava sempre la barba lunga. Finché mi terrete con voi, la porterò sempre.-
-Hai fatto un ottimo lavoro con quella staccionata.-
-Si, è venuta abbastanza bene. Ora, quei maledetti lupi, non dovrebbero crearci più problemi.-
-Se ero sempre in salute ci avrei pensato io.-
-Si, ma tu non devi affaticarti. Il dottore è stato chiaro. Nelle tue condizioni niente sforzi.-
Il pranzo si svolse nel solito clima di tranquillità ed allegria. Dorian insisteva affinché Akira uscisse più spesso ma il carattere del ragazzo era piuttosto introverso e non lasciava molto spazio al divertimento. I signori Kozlov si erano molto affezionati a lui, era un ragazzo sempre gentile e premuroso, su cui potevi sempre contarci.-
-Akira, puoi accompagnarmi fuori per la solita passeggiata?-
-Certo, andiamo subito. Prima sento tua moglie se vuole aiuto in cucina.-
-No, andate pure. Io me la cavo da sola.-
Akira accompagnò Dorian fuori della casa. Aveva pulito anche il vialetto che dava alla staccionata. Ora, la sua sedia a rotelle andava che era un piacere.
-Hai fatto davvero un ottimo lavoro. E sei stato velocissimo. I miei complimenti.-
-Perché sei voluto uscire subito? C'è qualcosa che non va?-
-No, va tutto bene. Solo che avevo voglia di parlare un po’ con te, da uomo a uomo. Devi sapere alcune cose.-
-Dimmi tutto, c'è qualche problema?-
-C'è la possibilità che, quando meno ce lo aspettiamo, questo mio vecchio e generoso cuore cessi di battere. Sento che la fine è vicina. La notte non dormo, mi sveglio di soprassalto, ansimo e fatico a respirare.-
-E perché non hai detto niente? Perché non mi hai chiamato se stavi male?
-Assolutamente no, e non lo farò. Hai già i tuoi problemi, non hai bisogno di altre preoccupazioni. Anche Ludmilla la pensa come me. Poverina, mi è sempre stata vicino ma.... la verità è che, da quando Sergei è morto, non sono stato più lo stesso. Sono passati molti anni, ma ancora viene a trovarmi in sogno la notte, svegliandomi sudato e ansimante. Poi sei arrivato tu, sei una manna dal cielo. Purtroppo non potrò starti vicino ancora per molto. Ho superato gli ottanta anni e sono malato da molto tempo. Nell'ultima visita il dottor Putchenko ha fatto la sua ultima diagnosi... se sono fortunato mi restano altri due mesi di vita, del resto, ho avuto già un infarto e un ictus che mi ha messo KO su questa maledetta sedia ed i miei polmoni ahimè sono andati, troppi vizi legati al fumo.-
-Ecco perché hai insistito che uscissi quando parlasti con lui... dovevi dirmelo, maledizione.-
-E cosa sarebbe cambiato? Niente, assolutamente niente. Ti chiedo un ultimo favore.-
-Non parlare così... ti prego.-
-Akira... guardami negli occhi.-
Akira si abbassò e Dorian prese le mani del ragazzo e le strinse calorosamente. Akira era sul punto di commuoversi ma cercò di controllarsi. L'uomo che aveva davanti, insieme a sua moglie, quella notte, lo avevano prima salvato dai lupi, poi rifocillato e poi curato come meglio potevano. E dopo poco tempo hanno iniziato a volergli bene come ad un figlio incuranti e per niente spaventati della vera natura del ragazzo.
Nemmeno questo si ricordava, essere un cyborg non era cosa da tutti. Un evento così traumatico non scompare tanto facilmente dai ricordi eppure non se lo rammentava. “Ci posso solo convivere”.
-Quando sarà giunta la mia fine, voglio che mi seppellisci accanto a mio figlio dietro il capanno degli attrezzi. Non voglio assolutamente andare in ospedale. So che Ludmilla cercherebbe a tutti i costi di farmi vivere ancora per qualche giorno ma... ti prego, voglio morire a casa mia, non in un letto di ospedale attaccato ad una bombola di ossigeno.-
-Dorian... io... non so se tua moglie...-
-Akira... te lo chiedo per favore, come ultimo desiderio... giuramelo.-
-Va bene, te lo giuro.-
-Ancora una cosa.-
-Dimmi pure.-
-Sai quanto mia moglie sia un amante dell'Europa.-
-Si, ne parla spesso...Roma, Parigi. Soprattutto Parigi.-
-Infatti è così. Mio figlio c'è stato in vacanza una volta e ci raccontò ogni cosa. Ci disse che ci avrebbe portato insieme a sua moglie per le vacanze ma è morto subito dopo senza avere la possibilità di poterlo fare. Quindi devi farmi un favore... io non riuscirò mai a esaudire il desiderio di mia moglie ma tu si, puoi farlo.-
-Cosa dovrei fare?-
-Ho qualche risparmio da parte, i soldi sono in una busta in fondo alla cassetta degli attrezzi nel capanno, non so se basteranno... spero di si. Devi portarla in Francia. Abbiamo una cugina che vive là, è molto tempo che non ci vediamo. Lud, ogni tanto la sente per telefono. Ci ha invitato molte volte ma lei, da quando Sergei è morto, non è stata più la stessa. Sapessi prima quanta vitalità ed energia aveva, povera cara.-
-Lo farò... ma non prenderò quei soldi, quelli serviranno a tua moglie, ci penserò io a sopperire a tutte le spese. Ti giuro che ce la porterò... hai la mia parola.-
-So di potermi fidare... ora posso...  anche morire tranquillo.-
-Non dire così... per favore.-
-Ehi, voi due, che state facendo? Non lo prendete un bel caffè?-
-Veniamo subito Lud.-
-Si, meglio che andiamo... e mi raccomando Akira, non una parola con lei, siamo intesi?-
-Va bene.-
Dorian morì dopo appena un mese, il dottor Putchenko era stato fin troppo ottimista. Ludmilla era triste, ma anche sollevata, non poteva vedere più suo marito in preda a tanta agonia. Le crisi respiratorie erano diventate sempre più frequenti e i suoi polmoni erano sempre più in sofferenza. L'infarto era sempre in agguato e sarebbe stato l'ultimo, lei lo sapeva benissimo.
-Mi dispiace molto.-
-Non piangere Akira, lui non avrebbe voluto.-
-Gli volevo bene come ad un padre... chissà se l'ho mai avuto... un padre. Guardandomi bene... credo proprio di no. Povero Dorian, quanta sofferenza.-
-Per lui è stato meglio così, soffriva troppo, lo sapevo bene, anche se si sforzava di nascondermelo. E sapevo anche la sua volontà di morire a casa sua.-
-Resto io con lui, tra poco le visite cesseranno e tu inizi ad essere molto stanca.-
-Non verrà più nessuno, non aveva molti amici da molto tempo... da quando nostro figlio è morto Dorian si era molto chiuso. Devo ringraziarti per tutto quello che hai fatto per lui, sei un gran bravo ragazzo. Mio marito lo ripeteva sempre... ti voleva bene come ad un figlio.-
-Così mi fai di nuovo piangere ed io non voglio... gli ho promesso di fare l'uomo e di badare a te.-
-Che vuol dire badare a me?-
-Quello che ho detto.-
-No, tu devi farti una vita tua... devi uscire da questa realtà e ritrovare te stesso.-
-Ma io...-
-Mi hai sentito... non voglio certo che tu passi gli anni accanto ad una vecchia vedova come me!-
-Non parlare così... e poi... devo mantenere una promessa fatta a tuo marito.-
-Quale promessa?-
-Lo saprai...e ti avverto.. non tollero obiezioni da parte tua. Avete fatto così tanto per me, adesso è venuto il momento per me di sdebitarmi con voi… con te. Non so cosa avrei fatto senza di te. E finché avrai bisogno di me io ci sarò sempre.-
Capitolo 10

New York, Mese di Febbraio 1974

-Prego Françoise, accomodati. Buongiorno anche a voi signori Arnoul.-
-Grazie dottor Ryan.-
-Buongiorno dottore.-
-Questa è una mia cara amica, Cathrine.-
-Molto piacere dottore. Allora, come va la nostra Fran?-
-Sono lieto di comunicarvi che tutto sta procedendo per il meglio. Dall'ultimo controllo fatto a Berlino dal nostro dottor Rodel di cui mi ha accuratamente riferito l'esito, l'organismo di Françoise ha risposto come meglio non ci si potesse aspettare. L'apparato riproduttivo è completo e perfettamente integro. Si, è vero che è andato incontro a cicliche modificazioni che riflettono lo stato ormonale di Françoise ma, dalle analisi, si evince che è perfettamente in grado di accogliere un uovo fecondato. Questo grazie anche ai farmaci che hanno aiutato lo svilupparsi degli ormoni. Gli innesti adiposi inseriti con micro incisioni nella sottocute circostante le ghiandole mammarie sono perfettamente riusciti. Non c'è stato nessun rigetto, se dovesse restare incinta, sarebbe in grado di portare avanti tranquillamente la gravidanza nonché l'espulsione del feto al momento del parto. Françoise, non spaventarti se il tuo ciclo mestruale subirà sbalzi continui, ti garantisco che rientra tutto nella norma. Si regolarizzerà da solo tra un po' di tempo.-
-La ringraziamo infinitamente, dottore.-
-Ho solo fatto il mio dovere. E mi spiace avervi fatto venire fino a New York per quest’ultimo controllo, ma l’esame fatto due giorni fa attraverso la scansione ai raggi gamma a bassa frequenza, è l’unico che garantisce un esito certo. Quando vorrà decidersi per sostituire altri organi artificiali non dovrà far altro che avvertirmi. Per ora abbiamo fatto tutto quello che ci ha chiesto, niente di più, niente di meno. –
-Lo sappiamo dottore... è testarda come un mulo.-
-Finiscila mamma, non ti ho portata con me per sentire un'altra predica. Vi ho già detto come la penso e quali sono le mie intenzioni.-
-Tua madre si preoccupa solo per te, non lo capisci? Hai un' opportunità d'oro e non vuoi coglierla.-
-Smettila anche tu Cath, in questo momento ho bisogno solo di riflettere, non ho bisogno di altri dubbi, lo capite questo?-
-Sentite, io e la mia équipe siamo qui, per ogni evenienza. Françoise è perfettamente in grado di capire ciò che vuole, forzarla sarebbe controproducente. Consiglio visite mediche periodiche da un vostro medico di fiducia che conosca la situazione e, ogni tanto... anche se questo non le piacerà... delle sedute psicologiche. So che a Parigi ci sono ottimi dottori in questo campo. Male non le farà di certo.-
Françoise restò in silenzio ad ascoltare Ryan, sua madre, suo padre e Cathrine. All'apparenza era abbastanza tranquilla e rilassata ma dentro di se era un fiume in piena sull'orlo dello straripamento.
-Dottore, ma quando potrò ricominciare a ballare? Se non rientro in quella compagnia al più presto dovrò ripartire da capo.-
-Ma dai Fran, lo sanno tutti che sei la migliore di noi. Quando ti sentirai pronta il posto di étoile de l'Opéra  sarà di nuovo tuo, ti basterà un po' di allenamento.- Ora devi pensare solo a trovare un po' di tranquillità. Il tempo è l'ultimo dei tuoi problemi, e tu lo sai.- Esclamò Cathrine.
-Cath ha ragione, stai tranquilla. Ora pensiamo solo a tornare a casa e a riprendere le nostre vite.-
-Per ora assolutamente no, niente balletto. Tua madre e la tua amica hanno perfettamente ragione anzi, ti consiglio di rilassarti e magari di fare un bel viaggio. Ciò servirà anche al tuo corpo in mutamento di adattarsi meglio. Ricordati quello che ti ho detto anche prima di iniziare. Tutta la preparazione psico-fisica che hai fatto serve al tuo nuovo organismo per adattarsi al nuovo equilibrio, tutti quei mesi prima dell'intervento sono serviti a questo. Ora devi fare la stessa cosa post-intervento. Vedrai che starai sempre meglio ma... niente stress, mi raccomando. Mi conforta sapere che tutte queste persone ti vogliono bene e che ti faranno rigar dritta.-
-Anche troppo, dottor Ryan, glielo assicuro.-
-Bene, allora vi saluto... con te ci sentiamo se ci sono problemi...ok?-
-Va bene, dottore. Arrivederci-
-Arrivederci a tutti e buon rientro a Parigi.-
Sull'aereo i signori Arnoul erano seduti vicini, Françoise e Cathrine erano accanto a loro.
Dopo qualche ora dalla partenza...
-I tuoi si sono addormentati.-
-Si, lo vedo. La tensione e la stanchezza si fanno sentire.-
-Hai preso le pillole?-
-Si, ma per fortuna tra un mese smetterò di prenderle... non vedo l'ora.-
-Certo che, sei stata davvero coraggiosa, ti ammiro. Solo che, ancora non ho capito perché non hai fatto di più, potevi fare molto di più.-
-Ho fatto quello che andava fatto, punto.-
-Dai Fran, a me puoi dirlo.-
-Cathrine, non voglio ritornare ad essere più umana di ora. Ho accettato la mia natura di cyborg già da molto tempo. L'unico mio desiderio era di poter avere figli ed ora potrò averli.-
-Si, ma potevi tornare ad essere quasi come la Françoise prima della trasformazione. Sai quanto avresti fatto felici i tuoi? Hanno sempre sofferto per quello che ti è accaduto.-
-Accaduto? E cosa mi è accaduto? Credi che sia stato tutto un male?-
-Beh, è quello che mi hai sempre detto.-
-Esatto, ho pensato tutto questo. Ma ho smesso di farlo nel momento in cui lui ha ricambiato i miei sentimenti  e ci siamo messi insieme. L'ho sempre amato, fin dal primo giorno che l'ho incontrato, ma lui era distante anni luce da me. Anche per quello ho maledetto la mia natura a lungo. Ma poi quando lui si è finalmente dichiarato, tutto è cambiato e mi sono ritenuta fortunata, se non ero diventata un cyborg, non l'avrei mai incontrato. L'ho solo rimproverato quando mi ha confessato che anche lui, da quando mi aveva conosciuta, aveva nutrito gli stessi miei sentimenti ma che era terrorizzato dal fatto di esprimerli. Quindi è inutile tornarci sopra, ormai ho preso la mia decisione.-
-Ed è definitiva?-
-Assolutamente. Voglio restare un cyborg. Non rinnegherò questa mia natura, mai e poi mai. E' la cosa più bella che mi sia capitata, specie da quando ho conosciuto Joe, il più umano tra gli esseri umani. Per me sarebbe come tradirlo e questa è l'ultima cosa che voglio. Se un giorno, tra qualche anno o anche in un'altra vita, conoscerò il futuro padre dei miei figli, questi dovrà accettarmi così come sono, altrimenti peggio per lui.-
-Ho capito, la ferita è ancora molto aperta. Con tutta questa storia, è molto che non ne parliamo.-
-Cath non è aperta. E’ anche peggio. Lui è dentro di me. Io non riuscirò mai a dimenticarlo.-
-Ci riuscirai, basta aver pazienza. Presto troverai un uomo che ti farà innamorare perdutamente e sarai di nuovo felice.-
-Tu non capisci... non potrà mai accadere perché nessuno è come Joe. Certo, potrei conoscere qualcuno, magari amarlo, sposarlo, avere figli suoi, ma non sarà mai Joe.-
-Quando parli così mi spaventi.-
-Quando hai avuto un uomo così, difficilmente te ne fai una ragione. Lui se n’è andato e una parte di me se n’è andata con lui. Lo penso continuamente, giorno e notte, non riesco a rassegnarmi… anche se sono consapevole che un giorno dovrò farlo.-
Françoise iniziò a piangere copiosamente e silenziosamente, Cathrine l'abbracciò e cercò di consolarla come meglio poté. Non fu affatto facile, dopotutto sarebbe stato troppo pretendere che lei si innamorasse di un altro uomo se, per quasi due anni, non è quasi mai uscita di casa se non per fare quell'intervento e visite mediche di controllo. Se ne stava sempre a casa, immersa nei suoi pensieri. Solo a Cathrine, l'unica che conosceva la sua natura di cyborg, l'operazione e tutto il resto, le aveva permesso di starle vicino. Gli altri amici e amiche le aveva praticamente tagliate fuori dalla sua vita, a stento parlava con Jean, suo fratello, con cui si lamentava perché lo accusava di essere insensibile e troppo diretto.

 

Smolensk, Russia, Aprile 1974....

 

-Lud, sei pronta? Tra poco passeranno a prenderci e ci porteranno alla stazione.-
-Akira, ti ricordo che ho settant'anni, non è che sono un fulmine come te che ne hai venticinque.-
-Ahaaaa... non sappiamo quanti anni ho, ricordi?-
-Si, ma sul tuo documento c'è scritto così, quindi hai venticinque anni.-
-Speriamo bene quando controlleranno i passaporti.-
-Tranquillo. Mio marito si fidava di quel suo amico, hanno lavorato insieme per venti anni alla fabbrica tessile. Il tuo passaporto è perfetto.-
-Ci credo, dopo quello che Dorian aveva speso. Non vi ringrazierò mai abbastanza.-
-Vedi Akira, qui in Russia, meno domande fai e più sei libero e felice. Quello che conta di più è il denaro. Nostro figlio aveva guadagnato molti soldi col suo lavoro di impiegato bancario e questo senza mai fare domande. Non tutto è lecito da queste parti.-
-Ancora non so il perché siete venuti ad abitare in un posto sperduto come questo.-
-Abbiamo comprato questo appezzamento di terra e questo casolare da quando Sergei è morto.
Volevamo vivere il resto dei nostri giorni in completa solitudine, fino a che abbiamo trovato te. Peccato che Dorian se ne sia andato così presto, sareste andati davvero d'accordo.-
Beep...Beep...beep
-Sono arrivati. Coraggio, dai a me la tua valigia.-
-Mi sembra una follia.-
-No, rispettiamo solo il tuo desiderio e quello di Dorian, nessuna pazzia. Godiamoci la vacanza e basta. Ne hai un gran bisogno.-
-Solo se mi prometti di non farmi camminare troppo.-
-Tranquilla, mi sono documentato. C'è la metropolitana che arriva ovunque.-
Ludmilla sospirò. Anche se una parte di se pensava fosse una pazzia si avviò verso la porta.
Fuori c'era un auto con un signore e sua moglie che li avrebbero accompagnati alla stazione ferroviaria per prendere il treno per Mosca.
All'aeroporto Akira era molto teso, era preoccupato per i suoi documenti ma tutto andò liscio come l'olio. Il lavoro di contraffazione fatto da quell'amico di Dorian era stato perfetto.
"Se abbiamo passato questo controllo, a Parigi sarà uno scherzo".
Il volo per la Francia sarebbe stato lungo, Akira consigliò a Ludmilla di riposarsi un po’.
Ma lei non ne aveva la minima intenzione. Era il suo primo volo in aereo, se lo voleva gustare fino in fondo.
-Ma perché non cerchi di dormire un po'?-
-Neanche per sogno, sai quanto tempo avrò per dormire da morta.-
-Smettila di dire certe cose Lud, sai che non mi piacciono nemmeno dette per scherzo.-
-Akira, ragazzo mio tu non sai che... ora però mi spieghi perché non ti sei fatto la barba.-
-Sai il motivo, e non chiedermelo mai più. Prometto che al nostro ritorno ci penserò.-
-Sai, stavo pensando.... chissà cosa penseranno i francesi a vederci insieme.-
-Perché? Cosa credi penseranno?-
-La ricca ereditiera russa col suo giovane amante giapponese.-
-E' una possibilità. Del resto, sei sempre affascinante.-
-Sei un adulatore ma ho sempre i miei settanta anni e tu potresti essere mio nipote.-
Risero di gusto entrambi. Ludmilla era una donna bella e in gamba. Grande appassionata di bricolage, costruiva molti soprammobili con le sue mani, una vera artigiana del legno.
-Pensavo... la prossima vacanza ti porto a Firenze.-
-In Italia? E perché?-
-Fin dagli anni trenta, ad aprile di ogni anno fanno una grande mostra dell'artigianato. Per te sarebbe interessante visitarla.-
-No, ci andrai con la tua prossima fidanzata, non con una vecchia come me.-
-Ma smettila.-
-No, smettila tu. Questo è un ordine. Appena torniamo ne parliamo sul serio, e questa volta ti butto fuori di casa se non ti cerchi una bella ragazza.-
-Ma io non credo... sai.-
-Sei più bello e "dotato" di un normale essere umano, fossi più giovane non mi scapperesti.-
-Ma dai...-
-Guarda che da giovane non ero male, anzi.-
-Lo so benissimo, ho visto le foto. Eri bellissima, tutt'ora lo sei.-
-Tra poco saremo arrivati.-
-Si, finalmente, anche se il tempo è volato.-
L'aeroporto Charles De Gaulle era immenso. Era sera e il taxi li accompagnò a casa della cugina di lei
situata nel "Quartiere Latino" di Parigi.
-Stasera, dopo cena, ci riposiamo e domani iniziamo a fare i turisti.-
-Va bene, l'esperto sei tu.-
-Compriamo una bella macchina fotografica e scattiamo qualche foto.-
Appena arrivarono davanti casa si fece loro incontro una signora un po' più giovane di Ludmilla con un bassotto che iniziò subito ad abbaiare.
-Black, smettila subito di abbaiare... Scusate, fa sempre così quando vede degli estranei.-
-Erika, quanto tempo, come stai?- Le due si abbracciarono calorosamente. Poi Lud fece le presentazioni.
-Questo è Akira, un mio carissimo amico. Lei è la mia bellissima cugina.-
-Molto onorato.-
-Il piacere è tutto mio Akira. Ma prego, entrate.-
Erika aveva un bellissimo accento francese, si sentiva che era molto che abitava a Parigi. La cadenza russa era quasi del tutto scomparsa. Durante e dopo la cena, chiacchierarono molto, era tanto tempo che non si vedevano. Erika dimostrò tutto il suo rammarico per la morte di Dorian, era visibilmente affranta. Anche lei si era ritrovata sola da molti anni e capiva come si dovesse sentire sua cugina. Akira si congedò abbastanza presto salutando cortesemente e ringraziando della squisita cenetta francese. Preferì lasciarle un po’ da sole… “dopo tutto questo tempo, chissà quante cose avranno da dirsi… comunque Parigi è fantastica, l’atmosfera che si respira è magica, sarebbe molto facile innamorarsi in questa città.”

Capitolo 11

 

-Françoise, alzati. Sono già le 11:00.-
-Un attimo, mamma. scendo subito.-
-Lasciala fare quel che vuole Anne, mica gli corre dietro qualcuno.-
-Maxence, da quando è tornata qui, non ha più orari. Dovrebbe ritrovare una certa regolarità, non credi anche tu?-
-A me basta che resti da noi. Se tornasse a stare a casa sua non potremmo controllarla. Da quando è in cura, i suoi sbalzi di umore sono molto frequenti.-
-Si, ma molto meglio del mese scorso.-
-Si, anche questo è vero. Speriamo bene.-
-Eccomi. Buongiorno.-
-Buongiorno a te cara. Dormito bene?-
-Abbastanza. Vado a telefonare al Dottor Gilmoure e poi ti aiuto in cucina, ok?-
-Grazie, mi farebbe piacere.-
-Dov'è Jean?-
-E' rimasto a dormire dalla sua ragazza.-
-Allora apparecchio per quattro.-
Anne la guardò perplessa...
-Per quattro?-
-Si mamma, oggi Cathrine pranza da noi, poi andiamo in centro a fare shopping.-
Alcuni minuti dopo...
-Pronto.-
-Pronto, sei tu Françoise?-
-Si dottore, sono io. Volevo informarla che il controllo è andato tutto bene, sono sana come un pesce.-
-Lo so piccola mia, ho già parlato col dottor Ryan. Solo che, non capisco perché tu non abbia fatto di più.-
-Dottor Gilmoure, ora non me la sento. Ma giuro che le spiegherò tutto non appena ci vediamo.-
-Va bene, ci conto. Ma tu promettimi di fare la brava e di avere sempre cura di te.-
-Lo farò senz'altro dottore. Arrivederci.-
-Arrivederci tesoro mio.-
Dopo pranzo...
-Era tutto buonissimo Anne, dovresti darmi qualche dritta, sai... può servirmi quando cucino per Philippe. Spesso si lamenta il signorino!-
-Quando vuoi, cara. Divertitevi.-
-Grazie.-
-Ciao mamma, ciao papà.-
Salirono in auto di Cathrine e si diressero verso gli Champs-Elysées.
In tardo pomeriggio...
-Sei stanca?-
-Un po'. Te l'ho detto, non ho più venti anni.-
-Sei in forma perfetta. Quasi non ti stavo dietro prima.-
-Ce la facciamo a vedere la torre?-
-Ehm..si, certo. Siamo anche vicini. Andiamo.-
-Ti vedo perplesso, cosa c'è?-
-Niente, credevo che.... oggi he abbiamo viste di cose.-
-Solo la torre Eiffel, poi riposo.-
-Va bene, andiamo.-
-----------------------------------------------------------------------------------
-Certo che noi due, siamo sempre le solite.-
-Hai ragione. Volevamo fare shopping, e chissà cos'altro poi, come al solito, a forza di chiacchierare del più e del meno, finiamo per non fare niente.-
-Si, solo un bel gelato.-
-Mi fa sempre piacere stare con te, lo sai. Oggi ti ho rubata al tuo ragazzo... di sabato pomeriggio... mi dispiace.-
-Figurati, a quest'ora sarà a vedere le prove del campionato mondiale, nemmeno ci pensa a quel che faccio.-
A quelle frase il volto di Françoise si incupì vistosamente e Cathrine se ne accorse subito.
-Scusami, non volevo tirar fuori quest'argomento.-
-Tranquilla, non è colpa tua.-
-Dove stiamo andando?-
-Cath, ti dispiace se andiamo alla torre? Magari ci sediamo un po’ in una panchina del parco attorno.-
-Va bene, ma perché proprio lì?-
-Non lo so, ma voglio andarci.-
-Va bene, come vuoi.-
-------------------------------------------------------------------------------------
-Ma siamo altissimi.-
-Si, esattamente 324 metri, nel suo punto più alto.-
-Accidenti. Che bel panorama. Si vede tutta Parigi. Ma ora scendiamo... sai, alla mia età.-
-Sei sempre la solita. Appena scesi ci facciamo fare una bella foto con la torre alle nostre spalle.-
------------------------------------------------------------------------------------------
-Eccoci, siamo arrivate. Anche se conosco già il motivo per cui sei voluta venire qui.-
-Scusami, è più forte di me. Dopo tutto questo tempo ancora lo sento dentro di me.-
-Si, lo so. Stare qui ti ricorda quando lui ti portava a vedere la "sua" torre di Tokyo.-
-Si, lo prendevo in giro dicendogli che era la bella copia della nostra torre e lui ci scherzava sempre dicendomi che in realtà noi avevamo copiato quella nipponica.-
-Sai che, quando vuoi parlarne, sono a tua disposizione. Ti voglio bene.-
-Anch'io, grazie Cath. Ora andiamo, sono un po’ stanca.-
-Come vuoi.-
Ma quel giorno di Aprile il destino aveva deciso di giocare a dadi con le loro vite...
"Proviamo a chiedere a quelle due signorine."
- Pardon, pouvez-vous nous prendre en photo s'il vous plaît?-
Al suono inconfondibile di quella voce, le due ragazze rimasero come paralizzate.
Cathrine si voltò lentamente verso Akira e Ludmilla, Françoise era rimasta immobile.
Nel trovarselo davanti il suo volto sbiancò all'istante. Françoise era rimasta voltata di spalle, impietrita e irrigidita nel corpo e nelle gambe. Non riusciva a girarsi. Quando lo fece si avvicinò a Cathrine che era rimasta anche lei ferma e vide ciò che era sicura di aver sentito. Non disse niente...
-Fran... Fran...!-
Non fece in tempo ad afferrarla che Françoise svenne di colpo e cadde a terra.
-Salto cielo, Akira, ha avuto un malore, dobbiamo fare qualcosa.-
-Françoise, Françoise.-
Cathrine, ancora sotto shock, distolse lo sguardo dal ragazzo e si accasciò su di lei. Cercò di rinvenirla chiamandola e scuotendola ripetutamente ma senza successo.
-Akira gli si avvicinò preoccupato.-
-Scusi, signorina, posso fare qualcosa? Chiamiamo l'ambulanza?-
-Certo che si. E' svenuta, non è cosa normale.- Esclamò Ludmilla.
-STATE INDIETRO, FATELA RESPIRARE. E’ TUTTO SOTTO CONTROLLO.- … esclamò Cathrine alla folla che stava circondando le ragazze.
La ragazza prese in mano la situazione che stava diventando complicata. Era sudata fradicia dall'ansia, ancora pallida per l'apparizione di Joe e non sapeva bene cosa fare. Ma poi, inaspettatamente...
-Joe, vieni qui... avvicinati.- Akira si guardò intorno, ma non vide nessuno che rispondeva, poi il suo sguardo tornò verso le due ragazze...
-Joe... muoviti, ma che diavolo hai?-
-Ma... dice a me? Chi è Joe?-
-Ma... Akira, perché questa signorina ti ha chiamato con quel nome? Tu conosci queste persone?
-Joe... non è possibile, come fai a non ricordarti di noi?... A non ricordarti di lei?-
-Io... non lo so, davvero. Mi dispiace. Io non vi conosco.-
-Invece dovresti conoscerci, soprattutto lei, e molto bene. Ma che ti è successo?-
-Io non so... forse ci siamo conosciuti prima che perdessi la memoria.-
Cathrine, che non era certamente pronta a una risposta di quel tipo, cercò di controllarsi e di non traumatizzarsi ulteriormente di fronte a quella che riteneva fosse un'assurdità.
-Va bene, a dopo le spiegazioni. Ora... Joe, per l'amor del cielo, vieni subito qui. Tu non sai... va bene... ma fidati di me ti prego, ecco… tienile la testa appoggiata sul tuo petto.-
-Ma io.... non credo sia una buona idea. Forse sarebbe meglio chiamare un medico.-
-Nessun medico, fai come ti ho detto... maledizione!-
-HO DETTO STATE INDIETRO, VA TUTTO BENE. QUALCUNO HA DELL’ACQUA?-
-Si, io, nella borsa. Tenga.- Ludmilla gli porse gentilmente la sua bottiglietta ed un bicchierino di plastica.-
-Grazie mille signora. Joe, scuotila, fagli sentire la tua voce, le tue mani. Poi dalle un sorso d'acqua.-
Joe le dava dei piccoli schiaffetti sulle guance mentre le teneva il viso sul suo petto. La guardava, era davvero una bella ragazza. Non era poi molto dispiaciuto nell'accarezzare quel viso così bello e delicato. Ma poi ebbe come un flash nella sua testa. Un ombra, poi una luce, un volto, una stanza che sembrava una capanna, una tuta rossa e un foulard giallo. Tutte queste immagini gli stavano passando per la testa la quale, stava iniziando a fargli male, molto male. Poi di nuovo un volto, due occhi azzurri e un sorriso dolcissimo, stava vedendo tutto questo. Più la teneva per il viso appoggiata a lui più le immagini si facevano più nitide. E le fitte alla testa stavano aumentando d'intensità. Ma, data la situazione cercò di controllarsi e dagli schiaffetti, passò alle carezze, lente e dolci, sotto lo sguardo meravigliato di Ludmilla e piangente di Cathrine che non riuscì più a trattenersi. Joe si accorse che Françoise aveva mosso il braccio sinistro, poi il suo corpo, si stava stringendo a lui, come se inconsciamente, avesse avvertito un contatto familiare. Finalmente aprì i suoi occhi. Quegli occhi azzurri che lui aveva visto in una delle visioni pochi attimi fa. I loro sguardi si incrociarono, restarono a lungo immersi gli uni dentro gli altri. Fino a quando, lei, con un filo di voce.
-Joe... Joe... sei proprio tu? Joe...- Esclamò con un filo di voce…
Françoise si alzò in ginocchio e gli buttò le braccia al collo. Lo strinse con tutta la forza che aveva e che aveva recuperato in quegli attimi. Akira, inconsciamente, ricambiò il suo abbraccio ma restò un po' perplesso. Quell'abbraccio estraneo aveva un qualcosa di già provato. Gli suscitava una certa emozione già vissuta. Guardò verso Ludmilla in modo interrogativo, come a chiederle spiegazioni di quella sensazione di felicità che stava provando. Lei era quasi in lacrime, percepiva qualcosa tra i due e si accorse che il suo amico poteva aver provato qualcosa. Il suo sguardo le pareva cambiato, non poteva sbagliarsi e provava felicità per lui.
Françoise non voleva staccarsi dall'abbraccio. Cathrine la chiamò più volte, sentiva che qualcosa non andava. Lui non era più lo stesso. Ma lei non voleva sentir ragioni, lo guardò in lacrime negli occhi e lo baciò. Akira restò di sasso. Fu colto talmente alla sprovvista che non riuscì a ricambiare quel bacio. Tolse le sue labbra dalle sue e lei, dispiaciuta di quel gesto, lo fissò dritto negli occhi.
-Joe... sono io. Perché fai così?-
-Fran, lascialo. Non sembra lui.-
-Ma cosa stai dicendo? Sei pazza?-
-Fran... per favore.-
Cathrine afferrò Françoise per le braccia e la staccò dal ragazzo il quale era rimasto immobile davanti a lei. Akira si prese la testa tra le mani, Ludmilla gli si avvicinò e gli sussurrò qualcosa all'orecchio.
-Che... che ti succede Joe? Perché non mi dici niente?-
-Io.. Io.... non so chi sei, davvero.-
-Vuoi dire che... Joe... Joe.-
Akira continuava a guardarla intensamente, era come ipnotizzato. Si strinse ancor di più la testa tra le mani.
-La mia testa... cosa mi sta succedendo?- La guardava e aveva ancora delle fitte tremende alla testa. Si lasciò cadere in ginocchio inarcando il collo all'indietro.
-Françoise, non si ricorda di te, è evidente.-
Françoise si mise le mani sulle labbra e iniziò a piangere copiosamente. Cathrine cercò di calmarla ma l'amica era inconsolabile. Non l'aveva mai vista così. Françoise inzuppò di lacrime la maglia di lei, gli si aggrappò al collo stringendo il cotone del colletto della camicetta. Il viso nascosto tra il petto ed il braccio di lei. Non riusciva a smettere. La gente passava di lì e guardava incuriosita. Akira le si avvicinò, fece per dire qualcosa ma Cathrine gli fece cenno di no con la testa.
Ludmilla si avvicinò ad Akira...
-Come stai?-
-Non riesco a capire... lei dice di conoscermi, mi chiama con quel nome ed io non mi ricordo di lei. Che sta succedendo? Che sia qualcosa accaduto nel mio passato? Io... non mi ricordo niente... niente.-
 Akira chiuse gli occhi cercando di isolarsi. Voleva capire... e mentre teneva ancora gli occhi chiusi stava avendo dei flash. "I suoi occhi, quegli occhi... io li ho già visti"."
-Lud, aiutami, non mi sento molto bene.-
-Akira, cerchiamo di capire. Sta succedendo qualcosa di molto serio. Credo che sarebbe un bene per tutti restare insieme... forse vi aiuterete a far luce su tutta la vicenda.-
A Cathrine venne in mente un'idea e la espose a tutti.
-Possiamo andare da me! Casa mia è a due passi. Così ci riprendiamo tutti da questa situazione.-
-Ottima idea. Magari diamo una pillola per l'emicrania al nostro Akira e cercheremo di capire il dolore della sua amica. Françoise... vero? Venga con noi Françoise, sono sicuro che tutto andrà bene, glielo prometto, può fidarsi.-
-Ma noi... si è fatto tardi.- Si vedeva che Akira era tremendamente a disagio, le sue parole erano confuse, la sua voce tremolante.
-Assolutamente no. E' passato troppo tempo senza che tu abbia ricordato qualcosa. Se davvero queste persone conoscono qualcosa del tuo passato è giusto che anche tu lo ricordi. Sei stato troppo nell'ombra, troppo schiavo della tua memoria perduta. Devi reagire. Forse loro possono aiutarti, questa è una grande occasione per te e questo mi rende molto felice.-
-Davvero pensi che devo farlo? Ho paura Lud, ho tanta paura. Poi... devo pensare a te… io…-
Ludmilla gli si mise davanti e gli prese il viso tra le sue mani guardandolo negli occhi….
-Lo so, e ti capisco. Ma non ce la faccio più a vederti così. So quanto hai sofferto e quanto soffri. E so che hai promesso a Dorian di occuparti di me. Ma ora sono io che devo occuparmi di te, come non sono mai riuscita a farlo. Capire il tuo passato non toglierà niente a me e al tuo presente... Voglio che tu guarisca... ti prego Akira, fallo per me e per il bene che ti voglio.-
Si incamminarono verso casa di Cathrine, ognuno in silenzio e immerso nelle proprie riflessioni.

Capitolo 12

Françoise era pallida come un lenzuolo, faticava a respirare. Camminava come un automa accanto alla sua amica. Ogni tanto si voltava dietro di lei dove Joe camminava accanto a quella donna russa che per lei era una perfetta sconosciuta. Stava per crollare, non avrebbe creduto di dover sostenere una simile punizione, per lei era davvero troppo. Aveva ritrovato il suo eterno amore che credeva perduto ma lui non la ricambiava più. Finalmente giunsero a casa di Cathrine. Ludmilla prese la parola, del resto, era la sola che potesse parlare per lui.
-Akira deve essere molto importante per te.-
-Si chiama Joe, Joe Shimamura.- Puntualizzò lei ancora in lacrime ma con una punta di inquietudine.
-Mi scusi, signora. Non volevo essere sgarbata. Però la risposta è si. Joe rappresenta tutto per me.-
-Allora aiutiamolo tutti insieme, così potrà tornare felicemente da lei, che ne dice?-
-Lei è tanto gentile signora, è evidente che anche lei tiene a lui e che voglia aiutarlo, credo che non potrò mai ringraziarla abbastanza.-
-C'è tempo in abbondanza per questo. Ora è giusto che voi sappiate e che lui sappia. Vi voglio raccontare la sua storia dall'inizio, ma vi prego, non badate al mio inglese, non è certamente perfetto. Lo trovammo una notte  davanti a casa nostra. Ricordo che c'erano i lupi selvatici che stavano per attaccarlo. Noi viviamo in una zona poco abitata alla periferia di Smolensk, in Russia. Mio marito sparò qualche colpo di fucile in aria per allontanare quelle bestiacce e lo facemmo entrare. Era distrutto, affamato, completamente disidratato. Gli offrimmo cibo ed acqua. Non disse una parola, solo un timido grazie nella sua lingua, il giapponese. Lo facemmo riposare e il giorno dopo, dopo un sonno di 14 ore, parlammo con lui. Non si ricordava niente, né chi fosse né da dove veniva. Decidemmo di ospitarlo per qualche giorno. Poi i giorni divennero settimane, poi mesi, ci aiutava in casa, trovò un lavoro come operaio e restò con noi. Noi avevamo un figlio, morto giovane con sua moglie in un incidente stradale. Anche per questo lo ospitammo volentieri, ci sentivamo soli e lui ha colmato in qualche modo quel vuoto. Si dimostrò subito un bravo ragazzo e ci siamo molto affezionati a lui. Io lo sono tutt'ora. Se ho ancora voglia di vivere, è solo grazie a lui. Sapevamo della sua natura, anche se lui tentava di nasconderla ma, ad essere sincera, per noi non è mai stato un problema anzi, era molto più gentile e premuroso di tutti gli altri esseri umani. Poi mio marito è morto di enfisema polmonare poco tempo dopo aver avuto un ictus e siamo venuti in vacanza qui secondo le sue ultime volontà, esaudire il mio sogno di visitare Parigi e l’Italia. Quindi Akira, con insistenza, ha voluto accompagnarmi. Siamo ospiti da una mia cugina che vive a Parigi da molti anni. Non lo ringrazierò mai abbastanza. E questo è tutto. Ma ora raccontatemi tutto quello che non so. Chi è realmente? E perché lo abbiamo trovato davanti casa nostra quella notte?-
-Françoise, ce la fai a parlare?-
Non ce la faceva. Continuava a guardare Joe, il quale era visibilmente a disagio. Lei piangeva, per lui era un'estranea, si sentiva davvero a pezzi.
-Va bene, anche se non sono la persona più indicata vi dirò di lui. Sei pronto Joe? Joe??-
Joe guardò Ludmilla la quale annuì.
-Va bene, sono pronto. Ma ho il vuoto dentro di me, e ho un gran mal di testa, scusate. Ma se voi sapete tutto di me, a questo punto voglio sapere, vi prego.-
Improvvisamente Françoise prese coraggio, voleva essere lei a parlargli, ne aveva un gran bisogno.
-No Cath. voglio farlo io.-
-Sicura?-
-Si.- Si avvicinò a Joe mettendosi di fronte a lui, a pochi centimetri da lui.
-Joe, ti prego, voglio che mi guardi negli occhi. Permettimi di aiutarti, ti prego.-
-Se davvero sai chi sono allora si... fallo. Ho bisogno che tu mi aiuti.-
Françoise iniziò a parlare, visibilmente sull'orlo di una crisi di pianto. Gli prese le mani e le accarezzò, il suo contatto la fece vacillare ma non si perse d'animo. Joe la guardava con i suoi splendidi occhi scuri e tristi, Françoise vi si stava immergendo, le era mancato tutto questo. Troppo. Cercò di darsi un contegno, passarono alcuni istanti, poi finalmente iniziò a raccontare ogni cosa.
-Ti chiami Joe, Joe Shimamura. Sei nato il 16 Maggio 1947 da padre americano e madre Giapponese. Purtroppo non hai mai potuto conoscere i tuoi genitori perché tua mamma è morta il giorno dopo averti dato alla luce e tuo padre era scomparso. Abiti a Tokyo. Sei stato un campione di formula 1 vincendo anche due titoli mondiali. Hai avuto un’infanzia e un'adolescenza difficile, sei passato da un riformatorio all'altro fino a che un giorno, mentre eri inseguito dalla polizia durante una tua fuga, sei stato rapito da un'organizzazione criminale chiamata "Fantasma Nero" che ti ha trasformato in cyborg, la stessa cosa che è accaduta a me e ad altri tuoi compagni. Per fortuna siamo fuggiti in tempo e, sotto la guida del dottor Gilmoure, uno scienziato molto illustre, abbiamo combattuto ogni giorno per il bene e la pace del Mondo. Ma soprattutto sei l'amore della mia vita. Si Joe, noi ci siamo sempre amati, sin dal primo giorno che ci siamo incontrati, avevamo grandi progetti, svaniti in quel maledetto pomeriggio del 22 Maggio 1972, il giorno del tuo incidente mortale. Stavamo svolgendo un lavoro molto importante per conto delle Nazioni Unite. In quell'ultima missione al Cremlino dovevamo assicurarci che l'incontro USA-URSS procedesse nella massima sicurezza e senza interferenze di gruppi rivoluzionari contrari alla pace e al disarmo. Ma quel pomeriggio ci fu un attentato terroristico, è stato piazzato un micidiale ordigno nei sotterranei del Gran Palazzo ma tu hai salvato tutte quelle persone da una strage portando la bomba fuori Mosca correndo come un pazzo. Ma sei stato a tua volta colpito dall'esplosione. Ti abbiamo cercato per settimane, mesi. Non sapevamo più niente di te, né io né i tuoi compagni. Avevo perso le speranze, tutti cercavano di convincermi che eri morto. Io non volevo accettarlo. Poi mi sono arresa e, fino ad oggi, ho vissuto solo nel ricordo di te, del tuo volto, dell'amore che ci legava e dei tuoi bellissimi occhi scuri che mi dicevano che ero la persona più importante della tua vita. Tu sei tutto questo, amore mio.-
Françoise non riusciva più a trattenere le lacrime, ora stavano scendendo copiose rigandole il volto.
Joe, con un gesto molto dolce, gliele asciugò con le dita e lei tremò, fu percorsa da un brivido che le scese la schiena, lo guardava ancora più nel profondo dei suoi occhi. Ma lui, sempre più confuso...
-Perdonami, non volevo... scusa. - Si voltò verso Ludmilla mentre Françoise si toccava la guancia che lui le aveva accarezzato sussurrando il suo nome.
-Lud, parlami, cosa devo fare?-
-Devi cercare delle risposte, cosa che io non posso darti. Devi andare con queste persone Joe. Akira non esiste più, devi ritrovare te stesso. Io e Dorian sapevamo che questo giorno sarebbe arrivato, è già molto che sia accaduto dopo tutto questo tempo. Tante volte ti avevamo chiesto se ti ricordavi qualcosa ma tu hai sempre detto di non ricordare niente prima di quella notte.-
-Lud, in realtà avevo spesso dei flash, ma non riuscivo a dar loro un senso. Mi svegliavo di notte completamente sudato, faticavo a respirare, era come se la mia mente lottasse contro me stesso. Vedevo il mare, le onde, luoghi che mi parevano familiari e vedevo dei volti, soprattutto uno. Mi pareva una ragazza, molto bella, mi appariva talvolta in sogno ed io ero incantato da tanta bellezza. Non vedevo bene tutto il suo viso ma c'era sempre un particolare che mi incantava. Ed ora, finalmente, posso dare un vero volto a quella visione... il tuo.- Ed indicò subito lei. Le riprese le mani e ricominciò a guardarla intensamente. Prese coraggio e finalmente le rivolse alcune parole...
-Tu ed io... insomma... tra noi c'era qualcosa vero? Perché io vedevo i tuoi occhi, azzurri come il cielo ed il tuo sorriso, ma il tuo volto.... il tuo volto mi era sempre sfuocato. Spariva dalla mia vista ma quegli occhi no, tornavano sempre da me...ma so che... che sei tu. Sei tu, vero?-
Françoise lo guardava con occhi pieni di amore e di stupore. Non sarebbe potuta resistere ancora per molto. Ora lui la guardava nel profondo dei suoi occhi, come solo lui sapeva fare. Lei si sentì come tornare a casa, tutto ciò gli era mancato da morire.
"E se anche per lui fosse così? Se si sentisse come me? Il suo modo di guardarmi... non posso sbagliarmi... sta tornando... oh Joe..."
Françoise stava letteralmente esplodendo, non capiva più niente. Guardava Joe nella speranza di un suo abbraccio. Ne aveva una estremo bisogno di sentirlo suo.
-Si, amore mio. Ero io, sono io, e non ti ho mai dimenticato. Ti amo Joe, ti amo con tutta me stessa. Credevo fossi morto, capisci. Non avevo che il tuo ricordo a tenermi compagnia. Ma ora che ti ho ritrovato non ti lascerò mai più. Ti aspetterò e farò in modo che ti ricordi di me, costi quel che costi.-
A quelle parole Joe rimase impietrito, ma lo sguardo di lei non mentiva, la stava mettendo a fuoco, la stava ricordando a poco a poco. I suoi occhi avevano in qualche modo risvegliato dei piccoli ricordi nascosti dentro i cassettini della sua memoria e si stavano schiarendo piano piano. -
Joe si sentiva in qualche modo rassicurato da quelle parole, il suo mal di testa stava scemando.
-Vi dispiace se...?-
-No, non ci dispiace affatto, anzi. E' un momento delicato, solo stando insieme da soli puoi far tornare i ricordi di Joe. Andate pure, noi vi aspettiamo.- Queste furono le sagge parole di Ludmilla.
-Posso Cath?-
-Fran, non chiederlo nemmeno.-
-Vieni con me, voglio mostrarti una cosa.-
-Va bene, vengo.-
Françoise prese la mano di Joe e lo portò in camera da letto di Cathrine. Conosceva molto bene la sua casa, era rimasta a dormirci molte volte.
Entrarono e Françoise richiuse la porta dietro di se. Si slacciò il bottoncino al collo della camicetta.
A quel gesto Joe restò un po' perplesso... Françoise se ne accorse subito...
-Tranquillo, non ho intenzione di sedurti, voglio solo farti vedere una cosa.-
Françoise si slacciò il ciondolo che portava al collo, lo stesso ciondolo che aveva ritrovato sul luogo dell'esplosione e che, da quel giorno, non lo aveva più tolto.
-Guardalo, guardalo bene. E' il ciondolo che ti ho regalato l'anno scorso per il tuo compleanno durante la nostra ultima piccola vacanza in quell'isoletta del Giappone. Dietro sono incise le iniziali dei nostri nomi. L'ho trovato sul luogo dove sei stato colpito. Era sporco e un po' ammaccato ma io l'ho fatto aggiustare. Da quel giorno non l'ho mai tolto.-
Joe osservava quel ciondolo d'oro, le incisioni "J & F". Ebbe un altro flash. "Ma quello... io so cos'è"...
-Joe, riesci a ricordare qualcosa? Coraggio, provaci.- Joe chiuse gli occhi, si concentrò. Poi li riaprì osservando bene l'oggetto...
-Si... ecco... credo di essere in una capanna, quel ciondolo… io lo vedo... nello specchio, ma com'è possibile?-
-Si Joe, lo vedi perché lo indossavi sempre, anche quando dopo la doccia, ti asciugavi i capelli davanti allo specchio. Ti ricordi qualcos'altro?-
-Si... forse... qualcosa. Ma è tutto così confuso.-
Françoise si avvicinò a lui, gli accarezzò il volto e gli prese le mani. I suoi occhi erano di nuovo lucidi, a quel contatto riaffioravano tante emozioni. Lui la guardava con l'intensità di sempre, il suo sguardo era profondo e dolce. Si sentiva in qualche modo rassicurato.
-Il tuo sguardo… quello sguardo… ti dicevo che lo hai riservato solo per me, e tu mi dicevi sempre che io ti ho riservato il mio sorriso più bello. Joe, mi chiedevo se... se posso abbracciarti-
Joe non rispose ma era visibilmente più sereno ed ammirato dalla luce che sprigionava la bellezza di lei. Le lasciò le mani e allargò d'istinto le braccia, invitandola ad avvicinarsi ancora di più a lui.
Lei, con uno scatto, gli saltò al collo abbracciandolo con la forza della disperazione. Lui ricambiò, questa volta con desiderio, il suo abbraccio. Restarono fermi e immobili qualche minuto.
-Joe, vieni con me ti prego, lascia che io ti porti a casa.-
-Françoise, non so cosa mi sia successo, non me lo ricordo, ma se ti ho fatta soffrire mi dispiace tanto, credimi.-
-Tu non hai colpa Joe, hai fatto semplicemente il tuo lavoro, come sempre. Hai salvato molte vite. Ma ora devi fidarti di me. Io sono l'unica che può aiutarti davvero.-
-Mi aiuterai?-
-Tu ed io ne abbiamo passate tante insieme, ti prometto che andrà tutto bene. Fidati di me.-
-Io... sento che posso fidarmi, e credo tu sia una brava persona, lo vedo dai tuoi occhi. Del resto, da quel che mi hai raccontato, io mi sono innamorato di te. Quindi mi posso fidare.-
-Oh Joe, quanto mi sei mancato.-
-Non piangere più, altrimenti farai piangere anche me.-
I due ragazzi tornarono in salotto dove Cathrine e Ludmilla stavano chiacchierando dei due ragazzi.
-Allora, ti senti meglio?-
-Si, va molto meglio. Credo di essermi ricordato qualcosa. Potrebbe essere un inizio.-
-Scusate... io avrei un piacere enorme da chiederle signora.-
-Cara, so già cosa vuoi chiedermi. Non potrei essere più felice di così.-
-Ma Lud, come farai da sola? Forse potremmo….-
-Non sono sola, torno da mia cugina. Tu devi andare con lei, restare con lei. Ne va della tua vita. Devi riprenderla in mano per andare avanti.-
-Sei sicura?-
-Si. E poi, dalla tua espressione, capisco che è quello che più desideri, non ti biasimo per questo.-
-Si, è quello che voglio ma non voglio che tu stia da sola. Quindi ti accompagniamo a casa di Erika.-
-Questo si, ve ne sarei grata.-
-Sono felice per te, e per voi, amica mia.-
-Grazie Cath, se non ci fossi stata tu oggi non oso immaginare come sarebbe potuta andare a finire.
Non ti ringrazierò mai abbastanza.-
-Non devi ringraziarmi sciocca, tu avresti fatto lo stesso per me.-
Joe, Françoise e Ludmilla salutarono Cathrine. Il metrò era a pochi passi da casa sua. Durante tutto il tragitto, le  due donne sedettero vicine mentre Joe si sedette loro di fronte. Era molto stanco. Anche se il dolore alla testa era scemato quasi del tutto, era parso provato da tutte quelle emozioni sconosciute ma allo stesso tempo desiderate chissà da quanto tempo.
-Françoise, forse ti sono sembrata un po' diffidente all'inizio, mi dispiace.-
-No, invece capisco. Al suo posto anch'io avrei reagito in quel modo. Trovarsi di fronte a tale situazione non è facile per nessuno. Io credo al contrario che lei sia stata molto brava nel percepire il disagio di tutti noi e di averlo accolto e gestito come meglio non poteva fare. Si vede che è molto legata a lui, come Joe a lei. Vede, lui non ha mai conosciuto i suoi genitori, forse ha avuto bisogno anche di una madre in quei momenti difficili.-
-Ho cercato di fare del mio meglio, gli voglio bene, lui ha fatto davvero tanto per noi. Non ti conosco come conosco lui ma, da quel poco che ho potuto capire, siete una coppia bellissima. Cerca di farlo ritornare quello che era, se lo merita, come lo meriti tu.-
-Siamo arrivati, scendiamo.-
I due ragazzi accompagnarono la donna di fronte casa della cugina. Prima di andarsene Joe abbracciò Ludmilla con grande affetto e lo stesso fece Françoise.
-Ci vediamo domani, ok?-
-Joe, casomai ci sentiamo. Non scappo di certo. Starò qui qualche altro giorno, sai anche te che a casa non ho nessuno che mi aspetta. Tu intanto pensa a stare bene ed a far tornare i tuoi ricordi. Credo proprio che la tua Françoise avrà molta cura di te. Ah, un'altra cosa. Togliti quella barba, ora non hai più scuse per tenerla così lunga.-
-Mi ci sono affezionato alla mia barba. Comunque hai ragione, forse può servire anche questo. Allora ti telefono domani. Ciao Lud.-
-Va bene. Ciao Joe. Ora andate.- Si scambiarono un bacio dolce sulla guancia. Mentre tornavano verso l'entrata del metrò Joe guardava Ludmilla, dentro di se provava un grande affetto verso quella donna, ma anche dispiacere a lasciarla lì, gli sembrava di averla come abbandonata. Ma sapeva che era giusto andare. Stavolta fu lui a prendere per mano Françoise. Lei non si aspettava quel gesto da parte sua e ne fu felicemente sorpresa. Non solo ricambiò il gesto stritolando quasi la sua ma appoggiò la testa alla sua spalla standogli attaccata come una cozza.
"Mi è mancata ogni cosa di te, e da ora ci ritroveremo. Sarà bellissimo farti scoprire quanto ci amavamo e quanto ti amo adesso... ora più di prima".
-Joe, prima di andare a casa, forse sarebbe bene fermarci a mangiare qualcosa, che ne dici?-
-Va bene, in effetti ho una certa fame.-

Capitolo 13

La cena trascorse quasi in completo silenzio, non era né il momento né il luogo adatto per parlare di tutto quello che c'era da dirsi. Parlarono solo della città e di quel che Joe aveva visto assieme a Ludmilla. Lei l'ascoltava in silenzio ma, dentro di se, pensava a quando sarebbe stata tra le sue braccia non appena fossero tornati a casa sua. Non vedeva l'ora che arrivasse quel momento, da soli, con tutto il tempo a disposizione. Aveva anche deciso di riprendere il balletto, per tenersi occupata e per fare qualcosa che le piaceva ma, ora, aveva cambiato idea. C'era ben altro da fare, quanto tempo sarebbe occorso non avrebbe avuto importanza. Qualche ora dopo...
-Eccoci arrivati. Non fare caso all'odore, non vengo qui da molto tempo ma ho sempre sperato di poterci tornare. Per questo ho sempre tenuto le chiavi nella borsa. Fortuna che non fa freddo e possiamo aprire un po' le finestre.-
-Accidenti, è molto bella questa casa.-
-Perché non ti ricordi com'è bello il tuo appartamento a Montecarlo. Sono dovuta andare lì l'anno scorso durante la tua assenza per sbrigare alcune cose.- Joe sgranò gli occhi…
-Io… io… avrei un appartamento a Montecarlo? Ma com'è possibile?-
-Quasi tutti i piloti di Formula 1 hanno la residenza a Montecarlo. Hai da leggere molta posta; una buona parte mi è stata data dal portiere del tuo palazzo. La restante l’ho fatta arrivare direttamente all’indirizzo dei miei ad Asnieres Sur Oise… ma una cosa alla volta.-
-Va bene, come vuoi.-
-Ti faccio vedere la casa. Hai... abbiamo molti ricordi tu ed io insieme. In quella stanza c'è lo studio, passavi molto tempo lì dentro, ci sono molte cose tue.-
Françoise aprì la porta e Joe entrò. In effetti c'erano molte cose che potevano appartenere solo ad un uomo: un casco, poster, fumetti, foto di lui vestito da pilota e una foto di gruppo con gli altri cyborgs. Joe osservava ogni cosa molto attentamente. Tentava di concentrarsi ma era anche molto stanco. Entrambi erano molto provati. Del resto, la giornata era iniziata all'insegna del divertimento, senza pensieri, mai si sarebbero immaginati che potesse accadere una cosa simile. Françoise appoggiò la mano sulla spalla di Joe.
-Ti viene in mente qualcosa?-
-Credo di si. Quella foto in particolare, dove ci siamo noi due assieme ad altre persone.-
-Si, sono il dottor Gilmoure e gli altri nostri amici e compagni cyborg.-
-Cyborg?-
-Si, insieme abbiamo affrontato pericoli e avversità di ogni genere e ne siamo sempre usciti vittoriosi. Abbiamo reso un servizio prezioso alla sicurezza mondiale.-
-Accidenti, quasi non mi sembra vero... che io possa aver fatto...-
-Joe, tu eri il nostro leader, eri tu quello che prendeva le decisioni più difficili. E non ti sei mai sbagliato. Tutti i tuoi compagni ti ammiravano molto.-
-E tu?-
-Io molto di più, io ti amo e tu mi hai sempre protetta, anche a costo della tua vita.-
-Anche tu partecipavi... si, insomma, lavoravi con noi? Ma tu non dovevi farlo, perché non te l'ho impedito? Che razza di uomo ero?-
-Tu cercavi di impedirmelo ogni volta ma io volevo sempre stare al tuo fianco. Non sopportavo l'idea che ti potesse accadere qualcosa mentre io me ne stavo alla base ad aspettarti. Se doveva succederti qualcosa io volevo essere con te in quel momento, condividere ogni cosa.-
-Come le persone sposate.-
-Si. In effetti la nostra intenzione sarebbe stata quella e sarebbe dovuto accadere quest'anno, o al massimo l'anno prossimo. Avevamo progetti bellissimi fino a... -
-Fino a?-
-Niente, te lo racconterò in seguito, non è importante. Vieni con me. Di qua.-
"Non sei ancora pronto per sapere della mia operazione e di quanto tu ti sia dato da fare per far cambiare il mio corpo. Fortuna che non ti ho ascoltato, almeno non del tutto."
-Apri tu, coraggio.-
Joe aprì la porta di camera, restò immobile un attimo e poi entrò. Françoise era dietro di lui.
-Una volta questa era camera mia, è diventata "nostra" da quando ci sei tu.-
Joe si guardò incontro, osservando ogni cosa. Era evidente che fosse stato lì moltissime volte. C'erano foto di lui e di loro assieme dappertutto. Guardò attentamente le foto, poi il letto, perfettamente rifatto.
Quelle foto avevano qualcosa di familiare, una in particolare, ma sul momento non ci fece molto caso.
-Tu dormivi dalla parte della finestra, io a sinistra. E quando non c'eri dormivo io dove dormivi tu.-
Joe ebbe come una fitta alla testa, il letto, quel letto forse gli ricordava qualcosa.
-Abbiamo passato notti indimenticabili, ci siamo amati moltissimo, siamo stati molto felici sotto quelle coperte, lo sai?-
-Françoise, ho di nuovo dei flash... non riesco... io... credo di vederti seduta lì, io ho un vassoio in mano... c'è molta luce nella stanza... ma è tutto molto confuso...-
-Si, la mattina, ero un po' pigrona, come mi dicevi sempre tu, e amavo essere viziata con te che mi portavi la colazione a letto.-
-Ho davvero fatto questo, ricordo di averlo fatto. Françoise, lo ricordo. E ricordo di te che mi sorridevi entusiasta. Posso...?-
-Guarda pure ciò che vuoi, e, se ti va, apri pure l'armadio ed i comò. Quello di destra è pieno di tuoi indumenti intimi, maglie e di calzini. Se apri l'armadio, l'intera anta di destra è piena di tuoi vestiti.-
Joe aprì l'armadio, non riconobbe niente ma era facile capire che fossero indumenti di un uomo della sua taglia.
-Se vuoi indossa pure qualcosa, forse può esserti di aiuto. E se vai nel bagno trovi tutte le tue cose, compreso il rasoio e altre cose tue.-
-Cosa c'è in questa scatola in fondo all'armadio?-
-Prendila, coraggio.-
Joe la prese e l'adagiò sul letto. L'aprì, c'era una busta di plastica al suo interno. Aprì anche quella e spuntò fuori la tuta rossa ed il foulard giallo. Lì ebbe un sussulto...
-E' la tuta rossa del mio sogno, la riconosco perfettamente. E questo foulard giallo, io l'ho visto. E' impresso nella mia mente.-
Joe si prese la testa tra le mani... stava avendo fitte dolorosissime alla testa.
-Joe, cos'hai? Ti senti male?-
-Aspetta... stai indietro... vedo qualcosa... ti vedo... vedo altri volti, mi sembrano quelli della foto.-
Joe tornò alle foto sulla grande mensola vicino alla porta del bagno e, in particolare, quella che lei aveva messo al centro di tutte le altre. Erano le foto scattate a New York. Al centro vi era quella famosa foto buffa fatta sullo sfondo della Statua Della Libertà. Joe si stava ricordando di questo, del loro viaggio.
-Françoise, ricordo... ricordo quella foto, noi siamo stati a New York, noi due soli.-
-Si, ed è stata una vacanza magnifica.-
-Abbiamo fatto i turisti... bello.-
-Si, siamo stati davvero bene.-
Françoise si avvicinò a Joe, lo stava guardando dritto negli occhi, non ce la faceva più.
Fremeva per essere tra le sue braccia, per essere di nuovo sua, per sentirlo suo.
-Joe.-
-Si.-
-Ti ricordi qualcosa, ora?-
-Si, di molte cose.-
-E di me? Di noi? Ti è venuto in mente niente?-
-Si, molte cose a dire la verità.-
-Posso saperle?-
-Anch’io sto ricordando.-
-Cosa di preciso Joe?-
-Di quanto… di quanto ci siamo amati, notti intere ad amarci.-
-Joe…-
-Io... mi ricordo di te Françoise, sempre di più. E' scattato qualcosa, lo sento.-
-Ricordi anche quanto ti amo?-
-Si, e ricordo anche quanto ti amo io.-
-E' cambiato qualcosa per te adesso?-
-Mi sei mancata tanto, troppo.-
-Oh Joe..-
Lei gli si avvicinò buttandogli le braccia al collo, i loro volti erano vicinissimi tanto che potevano sentire i loro respiri. Lui si fece coraggio e la baciò. Dapprima dolcemente, poi sempre con maggiore energia. Si stava ricordando quella sensazione piacevole, lei se ne accorse subito e ricambiò il suo bacio con ardore e passione. Fu un bacio lunghissimo, quasi a togliere il respiro. Fu a quel punto che i loro sensi stavano per cedere, non c'era più nessuna inibizione, solo voglia di lasciarsi andare alla passione, al turbine di emozioni che man mano diventavano più forti, alla riscoperta del piacere. 
-Joe, ho tanta voglia di fare l'amore con te. Voglio essere tua, ora.- Disse quasi dolorosamente.
Lui non se lo fece ripetere due volte e la prese in braccio, adagiandola sul letto.
Lei fremeva per ogni suo tocco, si ricordava bene com'era farlo con lui, il suo corpo bramava di lui, chiamava il corpo di lui in modo quasi impetuoso. Ogni fibra dei loro corpi era desiderosa di unirsi.
Si amarono a lungo, e più volte. La notte era appena iniziata. Raggiunsero l'estasi più volte, era valsa la pena aspettare così a lungo. Françoise non disse niente a proposito del cambiamento del suo corpo avuto con l'operazione a New York. All'inizio era un po' ansiosa di come potesse essere farlo di nuovo con lui, ma poi si rese conto che niente era cambiato. Anzi, era bellissimo, anche più di prima. E allora quali potevano essere le conclusioni? Perché il dottor Ryan era restio nel far proseguire la loro storia?
"Allora è solo il fatto di poter avere o non avere un figlio, perché Joe al momento non è in grado di farlo. Ma potrebbe esserlo in futuro. Cambia solo questo. Il mio corpo sta benissimo. Del resto lui aveva amato altre donne che erano esseri umani, lo so bene. Ma poi ha sempre amato me e solo me. Ma allora, perché non dovrei stare più assieme a lui? E' davvero quello che voglio? Avere un figlio rinunciando all'amore della mia vita? Françoise pensaci, ne vale davvero la pena? Cosa faresti senza di lui? A questo punto poi, che lo hai ritrovato!?! Rifletti, hai avuto mille occasioni di uomini che ti avrebbero amata, magari anche resa felice facendo dei figli, il tuo sogno nel cassetto e tu, non hai dato loro la benché minima possibilità. C'era sempre lui, anche se lo credevi morto. Di fronte all'evidenza una parte di te sperava ancora nel miracolo. E quando avevi deciso finalmente di accettare la cruda realtà ecco che accade l'impensabile. Cosa vuol dire questo per te? Vuol dire che vuoi solo lui. E quando sarà il  momento giusto gli parlerai e risolverete questa faccenda, solo questo devi fare, niente di più, niente di meno."
Sicura dei propri pensieri Françoise appoggiò la testa al suo petto accarezzandolo il suo viso. Si addormentò abbracciata a lui lasciando il posto ad un sonno placido e tranquillo, come da tempo non gli accadeva.
La mattina seguente si svegliò, con la mano lo cercava dall'altra parte del letto, lui non c'era.
-Joe... Joeeeee.-
-Ehi, buongiorno, sono qui. Perché stai urlando?-
Joe era uscito dal bagno con l'asciugamano intorno alla vita, petto nudo, capelli un po' bagnati e... completamente senza barba. A quella vista a Françoise prese una sincope.
"Si, è decisamente lui... è tornato... accidenti se è tornato! Amore mio, se ti presenti così partiamo bene… dai Fran, datti un contegno o scapperà di nuovo… o forse no!”
-Buongiorno... scusa, ma non ti ho sentito alzarti.-
-Mi sono alzato quasi un ora fa, non volevo svegliarti.-
-Sei tornato Joe.-
-Intendi dire... senza barba?-
-Intendo dire... sei tornato, da me.-
-Ti volevo dire che sono stato molto bene stanotte. Mi hai fatto provare delle emozioni che non ricordo aver mai provato, e questo grazie a te.-
-E' stata una notte meravigliosa Joe... ma... mi vuoi dire che tu... insomma… non sei mai stato con una donna dal giorno dell'esplosione?-
-No, nessuna.-
-Pensi che ne sia valsa la pena, intendo... per entrambi, aspettare tutto questo tempo?-
-Aspetta un attimo. Tu mi hai detto che noi stavamo insieme e che sono scomparso da quasi due anni... io per te potevo anche essere morto, e non ti biasimo se l'hai creduto possibile. E mi stai dicendo che anche tu... beh, non sei stata con nessun altro?-
-No Joe, ne ho desiderato accadesse. Eri troppo presente dentro di me. Non ce l'ho fatta, nonostante le insistenze delle persone a me più vicine.-
-Meno male, mi sento sollevato.-
-Sei bellissimo... anche se, devo dire che, con la barba, avevi quel non so che di affascinante.-
-Tu sei bellissima, ancora non mi rendo conto come possiamo stare assieme tu ed io.-
-In che senso?-
-Beh, siamo tanto diversi... tu sei un angelo al mio confronto.-
-Non sai quanto ti sbagli, siamo fatti l'uno per l'altra, abbiamo penato tanto per stare insieme... perché siamo tornati insieme, vero?-
-Tu che dici?-
-Dico che ti amo e che non permetterò che niente e nessuno possa dividerci di nuovo.-
-Anch'io ti amo Françoise, e, dopo stanotte, ho fatto altri piccoli passi in avanti con i miei ricordi. E per questo ti ringrazio.-
-Non devi ringraziarmi, a me basta che non te ne vada di nuovo. Ah, Joe, quando te la senti, dobbiamo fare un viaggio. Ci ho pensato, è giusto tornare nel tuo paese, ed anche alla svelta. Dobbiamo approfittare del fatto che hai ricordato alcune cose. Forse troverai altri stimoli che ti potranno essere utili per i tuoi ricordi.-
-E dove dobbiamo andare?-
-In Giappone, nella tua terra natia, a trovare il dottor Gilmoure. Così ti visiterà come si deve.-
-Mi ricordo vagamente di lui, ma forse hai ragione tu. Però... pensavo... come facciamo con Lud?-
-Parleremo con lei oggi stesso, andiamo a trovarla e le spieghiamo la nostra idea. Credimi, non ce ne pentiremo e sono sicura che sarà felicissima per te.-
Ludmilla non si aspettava la visita di Joe quel giorno e fu visibilmente felice di vederlo. Oltre che contenta di trovarlo finalmente senza la sua barba. Salutò i due ragazzi rassicurandoli che sarebbe rimasta con Erika ancora per qualche settimana. Anche sua cugina era sola e un po' di compagnia non le sarebbe dispiaciuta. Ci avrebbe pensato lei ad accompagnarla a Mosca quando ne avrebbe sentito la mancanza e, magari, stare un po' da lei. In effetti a Joe sembrò che le due donne andassero molto d'accordo, forse in passato, prima della guerra, erano state molto legate.
-Non preoccuparti per me, pensa solo a ritrovare i tuoi ricordi. Io me la caverò.-
-Io sarò sempre preoccupato, sai che ho promesso a tuo marito di occuparmi di te.-
-Akira!... ehm... pardon... Joe, stammi a sentire. Non ho bisogno della balia. Hai ben altro di cui preoccuparti in questo momento. Io sono in buona compagnia, mi godrò Parigi, la mia meravigliosa e giovane cugina e non ho nessuna voglia di tornare a casa, quindi ora ti dico cosa devi fare: tu prendi per mano questa bella signorina e segui alla lettera i suoi ordini, anche quelli che non ti piacciono... intesi?-
-Va bene, farò come dici, ma tu... stai attenta.-
-Joe... telefonami ogni tanto.-
-Farò di meglio, promesso.-
Si guardarono negli occhi e si abbracciarono calorosamente. Lud era palesemente sull'orlo del pianto e Joe aveva gli occhi lucidi, non fu facile per Françoise portarlo via, fino a quel momento non aveva capito il legame che si era creato tra loro, era davvero molto forte, quasi dall'esserne gelosa, come forte era il rispetto, l'affetto e la riconoscenza reciproca di due persone rimaste sole al mondo, o almeno così credeva Joe, che cercavano conforto l'uno nell'altra. Françoise conosceva bene Joe, sapeva che si sarebbe fatto in quattro per amore degli altri, specialmente quando si sentiva in debito di riconoscenza. Avrebbe fatto il suo dovere fino in fondo. E dentro di se sapeva di esserlo, quel che non sapeva era che anche Ludmilla sentiva la stessa cosa per lui e che,  più di ogni altra cosa, avrebbe voluto che Joe facesse la sua vita. Presero il taxi che li accompagnò allo Charles de Gaulle, e finalmente decollarono verso il Giappone.

Capitolo 14

 

"Avrai mille pensieri ma, conoscendoti, non vorrai dirmi niente per non rattristirmi. Oramai sono anni che ci conosciamo, non cambierai mai. Mi hai preso la mano subito dopo il decollo. Non che io sia dispiaciuta, anzi, per me è un atto d'amore il tuo ma so che c'è altro dietro a questo tuo gesto... paura, incertezza, il dover conoscere e sapere cose che potrebbero non piacerti. Ti capisco e cercherò di starti vicina il più possibile. E quando sarà il momento dovremmo parlare, non so nemmeno come reagirai, una parte di me ha paura della tua reazione perché ti conosco, forse anche troppo bene."
-Joe, tutto bene?-
Immerso nei pensieri, il suo sguardo si posa sulla sua mano che sta stringendo quella di lei da oramai qualche ora.
-Si, scusa. Ti lascio libera la mano, credo di avertela quasi stritolata.-
Le lasciò la mano ma lei subito se la riprese, le piaceva quel contatto e anzi, fece di meglio perché gli fece cenno di appoggiarsi sulla sua spalla, poi lei appoggiò la sua testa su quella di lui.
-Joe, a cosa pensi?-
-Stavo pensando a tante cose, e a te in particolare.-
-Davvero? Ed a cosa in particolare?-
-Ancora non ci credo che una ragazza bella e intelligente come te possa stare con un tipo come me.-
Françoise ebbe come uno scatto, lui si spostò e le lasciò la mano, un po' perplesso. Lei lo fulminò con lo sguardo.
-Dobbiamo tornare ancora su questo argomento?-
-Non so, dovremmo?-
-No, e non chiedermelo ancora o mi vedrai arrabbiata come non mi hai visto mai, te lo assicuro.-
-E' solo che...-
Lei lo interruppe subito stampandogli un bacio sulla bocca che lui restò un po' così...
-Dicevi?-
-Ehm... niente. Hai ragione tu.-
-Ecco, bravo, e non te lo dimenticare.-
"Sarai anche smemorato ma sei rimasto il solito zuccone."
-Pensavo... a volte il destino fa strani giochi con la vita delle persone. Le allontana, poi le riavvicina. E questo per una semplice foto.-
-Hai ragione, forse era scritto che dovevamo ritrovarci. Una parte di me aveva perso completamente le speranze. Joe, posso farti una domanda?-
-Certo.-
-Sei sicuro che ti ricordi di me? Di noi?-
-Si Fran, mi ricordo perfettamente di te, anche se alcuni ricordi sono ancora un po' confusi. Ma quando ti ho visto, dentro di me sapevo che eri importante per me, solo che sul momento non immaginavo fino a che punto.-
-Quindi ti ricordi i momenti belli, le nostre litigate, le nostre missioni, le battaglie fianco a fianco...?-
-Si, ogni cosa. Solo... non ricordo bene il nostro viaggio a New York, mi sforzo di capirci qualcosa ma proprio non ci riesco... mi dispiace.-
"Non ci riesci perché è legato ad un ricordo che potrebbe essere spiacevole per entrambi e la tua mente sta cercando di proteggerti dal sapere quelle cose: l’intervento, le parole del dottor Ryan, di quanto abbiamo litigato quel giorno. E quando scoprirai che non sono più come tu ricordavi, che il mio corpo è mutato, che è più umano, che posso essere una madre e che tu non puoi darmi dei figli, non so come potrai reagire. Tu mi lasceresti andare, mi ami troppo per non farlo. Ma non voglio rinunciare a te, devi capire che possiamo stare insieme anche in questo modo e l'altra notte credo di avertelo dimostrato. La verità è che sono terrorizzata."
Il viaggio in Giappone fu lunghissimo. Françoise chiese a Joe cosa si ricordasse del suo paese, lui fu abbastanza esplicito, anche nel ricordare alcuni episodi con il dottor Gilmoure, ricordava che egli rappresentava per lui un padre, un amico, qualcuno di cui potersi fidare e su cui poter contare nel momento del bisogno. Riuscirono a dormire alcune ore. Joe non riusciva comunque a fare a meno del contatto di lei, era come se cercasse protezione e rassicurazione. Era spaventato da quel viaggio, dal conoscere il paese dove aveva le sue origini. Françoise, dal canto suo, cercava di incoraggiarlo come poteva, di tranquillizzarlo, tutto sarebbe andato per il meglio e lei, insieme al professore, lo avrebbero aiutato nel suo processo di riacquisizione della memoria.
Ma allo stesso tempo era pensierosa, era consapevole che, quando sarebbe venuto il momento, avrebbe dovuto colmare il vuoto del famoso viaggio negli Stati Uniti, di raccontargli che lui stesso aveva cercato di convincerla a fare quell'operazione e che lei, dopo la sua scomparsa, aveva fatto, seppur non propriamente come Joe avrebbe voluto. All'aeroporto di Narita, Gilmoure era venuto a prendere i due ragazzi.
-Fran, Joe. Venite qui.- Il dottore era visibilmente emozionato. Riservò a Joe il suo abbraccio più caloroso. Sul momento Joe restò un po' imbambolato ma poi ricambiò il suo abbraccio. Fu un momento molto toccante. Era evidente che Gilmoure fosse molto emozionato. In quel periodo che Joe era scomparso, si era sentito tremendamente responsabile. Quando sentiva gli altri ragazzi, era sempre triste. Solo Jet, qualche volta, si arrabbiava con lui dicendogli che non era colpa sua ma era del tutto inutile, lui non voleva sentir ragioni.
“La responsabilità è solo mia, avrei dovuto stare più attento!”
-Professore, non ci sono gli altri, vero?- Chiese Françoise.
-No Fran, ho rispettato la tua richiesta, non ho detto a nessuno di Joe. Solo Ivan ci sta aspettando in auto, anche se credo sia in uno dei suoi sonni profondi, sono due giorni che dorme.-
-Lo lasci fare professore, i suoi continui tentativi di mettersi in contatto telepatico con Joe lo hanno distrutto.-
-Sono molto felice di rivederti Joe.- Esclamò Gilmoure sull'orlo del pianto, cosa che contagiò anche Françoise.
-Anch'io dottore, ma se continua a guardarmi così fa piangere anche me.-
Arrivati alla base Joe uscì dall'auto, si guardò intorno. Vide da lontano la scogliera, quella in cui ci passava molto tempo, anche da solo, a riflettere, a tranquillizzarsi col rumore delle onde dell'oceano. Ma si voltò subito continuando a camminare verso la villa. Restò un attimo sulla soglia del portone, gettò le valigie di colpo per terra e restò ancora immobile. Sapeva esattamente dove si trovava ma si sentiva molto teso... forse anche un po' impaurito. Françoise se ne accorse e lo abbracciò dal dietro.
-Te la senti di entrare?-
-Si, credo di si. Ma non so cosa aspettarmi. Questo posto è pieno di ricordi, ma molti sono ancora confusi nella mia testa.-
-Ci sono io con te, stai tranquillo. Ti starò sempre vicino.-
-Grazie amore mio.- Ma nel momento in cui Joe stava per entrare, qualcosa, improvvisamente, scattò dentro di lei…
-Joe... aspetta un attimo ti prego.-
-Che succede Fran?-
Françoise fu colta all'improvviso da una forte tristezza interiore, forse era ancora più terrorizzata di lui, non si spiegò quale fosse realmente il motivo.
"Perché ho questa paura tremenda? Che mi sta succedendo? Cambierà tutto? Lui vorrà andarsene? Ma quale sarebbe il motivo? Perché hai così paura che veda l'interno della casa?"
Con uno scatto improvviso, guardandolo qualche attimo negli occhi, con i suoi che stavano gonfiandosi di lacrime si aggrappò a lui stringendolo con tutta la forza che aveva. Lui restò basito nell'accogliere questo improvviso impeto ma, inaspettatamente, fu lui a rassicurarla.
-Ma tu stai piangendo.- Le disse asciugandogli la guancia rigata dalle lacrime.
-Di cosa hai paura mia dolce Fran?-
-Non lo so Joe, ma ho tanta paura. Stringimi, ti prego.-
Joe la strinse al petto e lei si sentì al sicuro. Gilmoure, accanto a loro, forse aveva intuito tutto. Aveva deciso di parlare con lei al momento giusto, magari tra qualche giorno, visto che sapeva sarebbero restati per un po' li con lui ma, quest'avvenimento, gli fece cambiare idea. Avrebbe parlato faccia a faccia con lei non appena ne avesse avuto l'occasione.
Entrarono nella grande villa di Gilmoure. Joe vide la grande cucina, il salone, le camere. La sua camera, se la ricordava molto bene, tutto era rimasto tale e quale come lo aveva lasciato: i suoi libri, le sue riviste sportive, i dischi in vinile, le foto di lui, di lei e di lui, di tutti i ragazzi. Gli sfuggì un sorriso malizioso rivolto a lei quando ammiccò il letto ad una piazza e mezzo accanto alla finestra.-
-Joe, ti ricordi quello strano accordo che tu mi proponessi quando litigammo furiosamente per la scelta della camera in cui avremmo dovuto dormire?-
-Si, ricordo che ti proposi di fare una settimana per ciascuno.-
-Si, ma tu insistevi nel dormire sempre nella tua.-
-Beh, tu non accettasti l'evidenza.-
-Quale? Che camera tua era più piccola della mia?- Sorrise…
-Ehi... casomai il contrario!- Sorrise…
-Litigammo sul serio... che scemi. E anche convinti di essere nella ragione!-
-Si, ma poi ci facemmo una grossa risata.-
-Se ci penso, rido ancora.-
Joe volle vedere anche la camera di lei, nonostante la sua riluttanza.
La sua stanza era quasi completamente vuota, c'era il letto, perfettamente identico a quello nella stanza di lui, ma erano altre le cose che lo lasciarono con l'amaro in bocca. Joe notò che le mensole erano completamente vuote, nessuna foto e nessun oggetto lasciato dentro la stanza. "Povera piccola Fran, quanto devi aver sofferto." Nel dubbio che Joe potesse chiederle qualcosa, lei lo precedette....
-Ho tolto via ogni cosa. Ho vissuto del tuo ricordo e ho portato ogni cosa che mi ricordasse te a Parigi. Se fossi tornata a Tokyo, almeno in questa stanza, la mia stanza, non avrei voluto trovarci niente che mi ricordasse te.-
-Capisco.- Fu l'unica parola che Joe riuscì a dirle...
Il laboratorio di Gilmoure fu l'ultima stanza da rivisitare. Il dottore era già dentro che sistemava alcune carte. Aveva avuto premura di nascondere ogni documento e ogni referto riguardante l'operazione di lei dentro una cartellina gialla messa in cima ad uno scaffale assieme a molte altre in modo da non essere notata. Erano documenti molto importanti che il dottor Ryan gli aveva faxato a intervalli regolari basati sui controlli periodici fatti da Françoise durante tutto il periodo pre e post operatorio. All'interno vi era anche una registrazione in tempo reale ed accurata fatta passo per passo dell'intervento subito da lei in anestesia totale. Era soprattutto Ryan a volere un parere professionale dal dottor Gilmoure sul suo operato. E' vero che aveva potuto contare su un équipe molto esperta, tutti luminari nelle loro specializzazioni, sia in microchirurgia, biocibernetica, neurologia ed anatomia ma il parere di Gilmoure sul cambiamento del corpo di lei poteva davvero essere prezioso nel caso ci fossero stati dei rigetti dovuti a un funzionamento anomalo degli organi innestati o ad un dosaggio sbagliato dei farmaci assunti. Era tutto lì dentro, comprese le istruzioni sul funzionamento del peacemaker che lei si era fatta togliere in uno dei suoi ultimi controlli.
Quando i due ragazzi entrarono Françoise guardò subito Gilmoure che, sul momento non aveva intuito quel che lei gli stava gesticolando. Fortunatamente il dottore capì e con una piccola smorfia simile ad un sorriso le fece capire che era tutto a posto. Joe si accorse che qualcosa che non andava tra i due ma trasalì. La sua natura di cyborg, sempre in allerta e sospettosa, era emersa proprio in quel preciso momento. Il laboratorio del dottore era molto grande e ben attrezzato: c'era tutta una varietà di congegni, strumentazioni, apparecchiature, compreso un letto enorme, (tale da poter contenere anche la stazza di Jeronimo) che sembrava davvero una specie di ospedale.
-Accidenti, non me lo ricordavo cosi immenso professore.- Françoise si stava avvicinando a Gilmoure e non si era accorta che Joe stava dirigendosi verso la parte centrale situata sulla parete destra del laboratorio avente solo un enorme specchio.
-E questo a  cosa serve? Magari apre un passaggio segreto?- Joe premette un pulsante rosso mentre Françoise e Gilmoure stavano parlottando tra loro. Lo specchio si aprì scomparendo dentro al grande muro.
-JOEEE... ASPETTA... ASPETTAAAA...-  L'urlo di Françoise arrivò troppo in ritardo. Joe aveva aperto il settore riservato solo a loro, ai cyborg. Era lui stesso che molto spesso apriva quel varco nascosto con le sue impronte digitali. Restò impietrito. "002-003-004-005-006-007-008-009"
Le loro tute rosse, i foulard gialli, le pistole laser. Ogni speciale "appendiabiti" fornito ciascuno di due tute e due foulard, una sola pistola laser. Tutti tranne 009, Françoise ne aveva portata una con se a Parigi.
Joe, improvvisamente, ebbe come un mancamento, si inginocchiò e si mise la testa tra le mani. Le fitte spaventose alla testa erano tornate. Cominciò a dire frasi senza senso tra le braccia di Françoise che cercava di calmarlo inginocchiata anche lei di fronte a lui.
-MALEDETTI... COSA MI FATE? CHI SIETE? AIUTOOOO... SALVATEMIIIII....-
Cadde sulle gambe di lei e svenne.
-O santo cielo... Joe... presto, aiutami a caricarlo sul lettino.-
-No, dottore, lo porto in camera. Mi occuperò io di lui. E' solo molto confuso. Mi aspettavo una sua ricaduta , forse la vista delle armi e delle divise tutte assieme è stata troppo forte per lui.-
-Si, è vero, ma ciò gli servirà molto ai fini della sua guarigione. Si è certamente ricordato qualcosa di quando è stato rapito dai Fantasmi Neri. Ti aiuto a portarlo di sopra.-
In qualche modo portarono Joe in camera sua. Françoise lo adagiò il più dolcemente possibile sul letto, lo spogliò quanto bastava e lo coprì. Aveva notato che lui era molto stanco, non solo del viaggio, ma anche e soprattutto per la tensione, la preoccupazione di tornare in quel posto e di trovarvi dolore, sofferenza. "Non ti preoccupare amore, resterò io con te, una bella dormita è quel che ti ci vuole, poi ti sentirai meglio."
-Fran, tra poco è ora di cena, se vuoi mangiamo qualcosa insieme, che ne dici? Così parliamo un po'-
-Va bene dottor Gilmoure, resto un po' con lui, dopo arrivo.-
Dopo circa un'ora Françoise scese di sotto dove l'aspettava il dottor Gilmoure.
-Come sta?-
-Mah... dorme profondamente, non si è mosso di un centimetro. Credo fosse molto stanco, non tanto fisicamente quanto mentalmente. Forse non si aspettava di recuperare tutti quei ricordi in un solo colpo.-
-Si, la vista delle vostre uniformi, è stata il fattore scatenante. Quando si sveglierà, se ho imparato qualcosa dai miei colleghi neurologi e psicologi, avrà tutto molto ben chiaro e li, dobbiamo stare attenti, può succedere di tutto. La sue reazioni possono essere molteplici ed imprevedibili.-
-Sono d'accordo, considerando anche il suo carattere sospettoso ed irascibile... mah... speriamo bene.-
-Posso chiederti una cosa?-
Françoise sapeva già dove il dottore sarebbe andato a parare, si aspettava di affrontare quell'argomento e non poteva esimersi dal farlo. "Tanto vale che mi tolga subito il pensiero."
-Certamente, mi dica pure... anche se lo immagino ciò che sta per chiedermi.-
-Ragazza mia, mi preoccupo solo per voi... per te, quindi ti prego di starmi a sentire.-
-Va bene professore, sono pronta.-
-Presumo tu non gli abbia ancora detto dell'intervento.-
-No, ancora niente di tutto questo, e non sono così convinta di farlo.-
-Ma sei impazzita? Tu devi dirgli ogni cosa, anche se, conoscendolo bene, la sua reazione non ti piacerà.-
-Professore... io non so se è il caso... in questo momento...-
-Françoise, prima di tutto... hai considerato bene l'idea di poter creare una famiglia tutta tua? Di poter avere dei figli?-
-Io non voglio che sappia niente. Quando ho preso quella decisione credevo fosse morto, capisce? Altrimenti non so se avrei fatto quell'intervento.-
-Non ne vedo il motivo. Era un'occasione d'oro per tornare ad una certa normalità. Perché pensi che non l'avresti fatta?-
-Perché lui, come atto d'amore, vorrebbe che fossi libera, che mi creassi una famiglia. Mi lascerebbe andare, anche a costo di dirmi che non mi ama più.-
Nel frattempo Joe si svegliò di soprassalto. Aveva avuto uno dei suoi incubi. Era tutto sudato e tremava. Un leggero mal di testa gli stava sopraggiungendo. Non sapendo l'ora, si alzò silenziosamente dal letto mettendosi seduto appoggiato alla spalliera. Era quasi buio in camera e non si accorse, quanto era frastornato di essere solo nel letto mentre con la mano cercava lei nell'altro lato del letto. Ma era vuoto. Dispiaciuto per questo, convinto che fosse tardi e che tutti dormissero, si avviò verso la porta, aveva fame e la gola completamente secca, sentiva il bisogno di mangiare e di bere qualcosa. Trovò fortunosamente le pantofole e aprì, facendo sempre attenzione a non far rumore. Quando fu per scendere le scale sentì Françoise ed il dottore parlottare tra di loro. Anche se era sempre un po' confuso ed assonnato, udì bene che l'argomento di discussione non poteva che essere lui. Stava per scendere ma, un leggero giramento di testa lo fece desistere e si sedette sull'ultimo scalino in cima alla rampa delle scale. I due non si accorsero di niente, nemmeno il super udito di lei   fece caso a Joe, tanto era presa e concentrata su quella discussione che diventava sempre più delicata.
-Sappiamo entrambi che farebbe questo, anche a costo di mentire a te e a se stesso. Il suo istinto di autodistruzione è sempre stato radicato in lui. Solo con te si è ridimensionato col tempo ma... in questa situazione... -
-Glielo dico io, dottore, non avrebbe esitazioni. Come gesto d'amore mi lascerebbe andare, ne sono sicura al cento per cento.-
-Tesoro mio, vuoi un consiglio? Prima di tutto, quello che devi fare è chiarirti con te stessa. Ti devi domandare se per te è prioritario restare con lui o avere una famiglia, dei figli da crescere ed amare. Ma devi essere completamente sincera, prima con te stessa, poi con Joe. Con tutto quello che avete passato, sia tu, ma soprattutto lui, non puoi farlo vivere nella menzogna. Col tempo farai del male a te stessa e, di riflesso, anche a voi due. Come stanno le cose lo sai già da prima. Tu ora puoi avere dei figli per l'operazione avuta. Lui sarà molto difficile che possa darteli... può accadere certo e magari potrei tentare di aiutarvi in questo ma sarebbe molto molto difficile e non vorrei che, passando il tempo, questo logori il vostro rapporto facendoti pentire della tua scelta. Ti ripeto, devi chiederti cosa è più importante per te, hai due scelte ed una esclude quasi l'altra, non ci sono alternative. Poi tutto può andar bene e avrete dei figli vostri ma... le possibilità, per quanto io possa intervenire, sono minime.-
Françoise lo stava ascoltando in completo silenzio, era combattuta dalle sue parole e sapeva che il dottor Gilmoure aveva ragione praticamente su tutto.
-Professore, la ringrazio. Le prometto che parlerò con lui. Tutti i referti sono al sicuro, vero?-
-Si, stai tranquilla, sono tutti raccolti in quella cartella gialla. Nessuno immaginerebbe che la cartellina etichettata sotto il nome "spese amministrative" in realtà contiene i segreti più reconditi di Françoise Arnoul! Parlaci Françoise, al più presto, mi raccomando.-
-Lo farò professore, spero di trovare il coraggio e le parole giuste per farlo ma non le prometto niente.-
-Fran!-
-Ho troppa paura della sua reazione... ma, come ha detto lei, non possiamo vivere nella menzogna, possiamo solo sperare di essere felici anche rinunciando all'amore. La domanda è... voglio rinunciare all'amore della mia vita? Sa una cosa professore? Da quando l'ho ritrovato più ci penso e meno voglio rinunciare a lui. Non prima di averle tentate tutte.-
Quello che non sapevano è che Joe, seppur imbambolato, aveva sentito ogni cosa. Silenziosamente era tornato in camera a dormire. Sentì aprirsi la porta. Era lei che, con i suoi soliti passi dolci e felpati, quasi impercettibili, si diresse prima in bagno, poi si infilò la camicia da notte e si infilò nel letto accanto a lui. Lui fece finta di svegliarsi.
-Ho una sete tremenda.-
-Ho portato dell'acqua, la vuoi?-
-Si, grazie.-
Stava morendo letteralmente dalla sete, lei era sempre molto premurosa per queste cose.
-Resti lontana?-
-A dire il vero non volevo svegliarti ma... ora che sei sveglio... posso...?-
-Dai, vieni qui.-
Joe alzò la coperta e lei ci si infilò sotto senza farselo ripetere. Si avvinghiò a lui e lui l'accolse tra le braccia, come faceva sempre.
"Ora si che va bene. Le sue braccia, quanto calore. Sto meravigliosamente bene. Dottore, lei ha ragione, ma come posso rinunciare a tutto questo?"
"Cosa mi nascondi mia dolce Fran? Cosa non mi hai detto di così importante che non dovrei sapere? Ora dormi, voglio cullarti tra le mie braccia tutta la notte."
Fu una notte di pensieri, ciascuno immersi nei suoi. Françoise pensava a quando avrebbe dovuto rivelare la verità a Joe, mentre lui aveva in mente quella maledetta cartella gialla. Non sarebbe potuto andare a cercarla subito, lei lo avrebbe sentito. "Le soluzioni sono due: dico loro che ho sentito ogni parola e li costringo a dirmi tutto, oppure aspetto che lei si decida. Potrei cercare quella cartella, qualcosa mi dice che ha a che fare con quel  viaggio a New York. Se non mi sono ancora ricordato niente forse la mia mente cerca di nascondermelo per proteggermi, da qualche parte ho letto che ciò può accadere. Ma forse le risposte che cerco sono in quella cartella.”
Fortunatamente non ci fu nessun altro incubo per Joe. Quando si svegliò erano già le otto. Guardava Françoise accoccolata tra le sue braccia che non si era mossa di un millimetro. Lui cercò di discostarsi ma lei lo avvertì e mugolò qualcosa della serie... "Non muoverti da così". Joe sorrise, quando lei si svegliava con lui, si sentiva come rassicurato e questo tranquillizzava il suo animo. Anche lei non gli era da meno, glielo aveva sempre ripetuto. Quando non passavano la notte insieme, lei dormiva dalla parte in cui ci dormiva lui, per averlo vicino, per sentire il suo odore.
Finalmente si svegliò anche lei.
-Buongiorno.- Sorrise
-Buongiorno.- aggiunse lui.
-Quanto abbiamo dormito?-
-Abbastanza, ma ne avevamo bisogno.-
-Come ti senti?-
-Benissimo... un po' affamato forse...-
-Ci credo, sei svenuto e non avevi mangiato niente. Ora vado a preparare la colazione.-
Joe scese in cucina per aiutarla ad apparecchiare.
-Il dottore non c'è?-
-No, credo sia uscito presto stamattina.-
-Ed il piccolo Ivan?-
-Mah... dormirà ancora... credo.-
Dopo la colazione ecco che 001 puntualmente inizia a piangere.
-Vado io.- Disse Joe... è molto che non lo vedo.
-Ti raggiungo, intanto sistemo la cucina.-
-Ivan, piccolo, come stai?-
-Ora che ti vedo molto meglio Joe.-
-Si, in effetti sono stato via per un bel po'.-
-E non riuscivo a sentirti, ci ho provato un sacco di volte. Mi dispiace non averti potuto salvare dall'esplosione.-
-Non avresti potuto far niente lo stesso, non ne avresti avuto il tempo... da quel che ricordo.-
Joe prese Ivan in braccio e lo portò da lei in cucina.
-Ivan... tesoro. Hai fame?-
-Si Françoise, ho una fame tremenda.-
-Allora ti faccio subito il latte, dammi un secondo.-
-Allora io vado in bagno.- Aggiunse Joe...
-Va bene, a dopo.-
Joe lasciò Ivan e Françoise in cucina a chiacchierare, sembravano davvero madre e figlio a vederli assieme. Lei aveva un sorriso a 32 denti, lui la guardava come un normale bambino piccolo. Poi lei lo riprese in braccio e lo baciò. "Sarebbe una madre perfetta"... pensò Joe tra se e se.
Non si ricordava minimamente del dottor Ryan e dell'articolo di giornale che Gilmoure gli aveva mostrato. Era davvero come se il suo inconscio bloccasse quei soli ricordi che non riuscivano a tornare a galla. Mentre si apprestava a salire le scale, vide il laboratorio del dottore, notò che la porta era socchiusa, probabilmente lui era già stato lì, magari a leggersi un giornale o a controllare le sue apparecchiature. Si diresse verso la grande stanza ed entrò, richiudendo la porta subito dietro di se. "Dove sarà quella cartella gialla? E' da stanotte che ci penso... devo sapere cosa mi nascondono quei due."
Si guardò intorno, gli scaffali erano pieni di cartelle, di ogni colore..."E' una parola, cercare una cartella gialla, ce ne saranno a dozzine. Mah, se dovessi nascondere qualcosa di importante lo metterei dove nessuno può vederlo, magari nello scaffale più in alto... tentare non nuoce."
Afferrò la scaletta che il dottore usava per prendere le sue cose dai ripiani posti ad una certa altezza e l'adagiò sul primo scaffale alla sua sinistra. La fortuna sorrise a Joe, la trovò quasi subito, si ricordava il titolo scritto sul cartoncino dentro alla tasca di plastica attaccata ad ogni singola cartella che ne identificava il suo contenuto. "Spese amministrative ultimo anno... può essere questa."
Joe rimise la scala al suo posto e, di nascosto, uscì prima dal laboratorio, poi dalla villa. Françoise non si accorse di niente, stava giocando col piccolo Ivan alla quale era mancato moltissimo.
Il suo acceleratore era rimasto fuori uso dalla sera dell'esplosione e aveva deciso di chiedere al dottor Gilmoure di riattivarlo ma ancora non ne aveva avuto il tempo. Quindi si mise a correre più forte che poteva e, senza accorgersene, arrivò alla scogliera. Si fermò per un po' ad osservare l'oceano, si ricordava quanto tempo avesse passato lì da solo a riflettere sulle battaglie, sul suo amore per lei, sul suo passato e su altri mille pensieri che dentro di lui trovavano pace solo attraverso quella vista, col rumore delle onde. Scese gli scalini fino alla spiaggia, si sedette e aprì la cartella. Iniziò a sfogliare tutti gli inserti. L'espressione mutò in uno sguardo cupo, pieno di stupore e di inquietudine. Stava scorrendo le pagine riguardanti tutto il percorso di lei fatto a New York in un centro specializzato in microchirurgia cibernetica. Gilmoure li aveva catalogati perfettamente in ordine di data. Non ci stava capendo granché ma non ci voleva un genio per comprendere che Françoise aveva subito degli interventi e assunto farmaci particolari per quasi un anno e mezzo. Si limitò a leggere i commenti finali del dottor Ryan ad ogni controllo, dove faceva le sue valutazioni in merito, descrivendo di volta in volta i progressi del mutamento del corpo di Françoise.

Conclusioni
"In seguito a ultimo controllo effettuato in data odierna posso affermare, senza ogni minimo dubbio, che l'organismo ha mantenuto i parametri prefissati reagendo ottimamente ai farmaci prescritti. Il cuore ha potuto funzionare senza peacemaker per gli ultimi tre mesi senza alcuna complicazione, adattandosi perfettamente alle nuove funzionalità delle parti innestate nell'organismo cibernetico ospite, il quale ha mantenuto un ottimo livello di ossigenazione e senza mostrare alcun segnale di rigetto. Possiamo sospendere i farmaci prescritti e gli stimolanti ormonali. Dopo attenta valutazione degli ultimi esami, concludo che, l'apparato riproduttivo ha il 95% di possibilità effettive di accogliere il feto e di portare a termine una normale gravidanza. Consiglio i soliti controlli periodici di routine per altri tre anni."

New York 15 febbraio 1974
                                                                                                                                     Dottor
 Jason Ryan

Capitolo 15

 

Joe restò come paralizzato, chiuse la cartella senza voler leggere o sapere altro, non ne aveva bisogno. Perché gli avevano tenuto nascosto una cosa così importante? Era per la sua memoria? Forse no, c'era altro. Ma perché non ricordava quel fatto? Lui aveva iniziato a ricordare qualcosa, anche la lettera di suo padre, lo zio conosciuto a Dallas, ma aveva completamente rimosso quella faccenda di New York e non capiva il perché. Era furioso, deluso. Si sdraiò carponi sulla sabbia appoggiando il viso al suo braccio destro, tenendo col sinistro nascosta sotto il suo corpo quella orrenda cartella gialla. Restò immobile e, senza accorgersene, iniziò a piangere. Si stava facendo una miriade di domande a cui non trovava risposta. Ma di una cosa si stava ricordando: la promessa che lei gli aveva fatto, il suo giuramento.
"Sono tremendamente arrabbiato, con lei, con Gilmoure e con me stesso... ahhh, maledizione... la mia testa!" Le fitte stavano ritornando, questa volta ancora più insistenti della scorsa notte.
Sentì come dei passi sulla scogliera e urlare il suo nome...-JOEEEEE... JOEEEE...- Ora i passi erano più vicini, sapeva chi stava correndo verso di lui ma lui non riusciva ad alzare lo sguardo.
-Joe, amore... che è successo?-
-Per favore, lasciami stare.-
-Ma tu...stai piangendo... che succede?-
La sua mano cominciò ad accarezzarlo e si sdraiò vicino a lui. Era voltato verso di lei ma sempre con il viso nascosto nel suo braccio.
-Françoise, ti prego... lasciami stare da solo.-
-Ma cosa stai dicendo? Io non ti lascio così...ma cosa....-
Joe, senza volere, aveva mosso il suo braccio sinistro e, insieme, la cartella che teneva in mano. Françoise la vide e sbiancò.
Gli pareva di avere la testa tra l'incudine ed il martello dalle fitte che riceveva e, con parlare sofferto si rivolse a lei...
-Cos'è questa? Tu... tu... sei cambiata, ti sei operata... puoi avere dei figli. Io l'ho letto qua dentro.-
-Joe, fammi spiegare... ti prego.- Ma lui la interruppe all'istante...
-Taci! Tu non puoi stare insieme a me, perché io non posso darti dei figli... vattene subito.-
-No, non me ne andrò, almeno fino a quando non avremo parlato.-
-E di cosa vorresti parlarmi? Del fatto che mi hai tenuto nascosto una cosa simile?-
-Io non te l'ho tenuta nascosta Joe, sei stato tu a volere che ciò accadesse, mi hai dato anche un sacco di soldi per far di nuovo modificare il mio corpo, io non avrei mai potuto permettermelo.-
-Non è questo il punto. Tu sapevi... tutti voi eravate convinti che fossi morto. Avresti dovuto percorrere la tua strada, non dovevi riavvicinarti a me come hai fatto a Parigi.... non doveva accadere, dannazione! Non hai mantenuto la tua promessa, hai pensato di decidere per entrambi pur sapendo che io non ero d'accordo.-
-Non dire così... lo sai... io ti amo.-
A quelle parole dette quasi per disperazione Joe sospirò, non se la sentiva di mantenere quel tono aggressivo ma sapeva di dover fare... dire qualcosa e, dentro di se, sapeva che l'avrebbe ferita.
-Stando così le cose, quel giorno a Parigi, quando ti sei accorta che non ricordavo niente, avresti dovuto lasciarmi andare, e non aiutarmi come hai fatto. Françoise, ora sono io che devo decidere per entrambi.-
-Che vuoi dire?-
-E' finita, da oggi per te non esisto più. Dimenticami, hai una grande opportunità, di essere felice e di condurre una vita normale con una persona che sia un uomo, solo un uomo. E non un...-
Françoise scoppiò a piangere, se prima la sua parte umana prendeva il sopravvento entro un certo limite, ora non lasciava spazio alcuno, stava esplodendo come un fiume in piena.
-Tu non puoi lasciarmi razza di stronzo, e non puoi decidere per me. Hai solo paura di non essere capace di farmi felice.... ripensandoci è quasi ironico...-
...aggiunse ridendo nervosamente e singhiozzando...
 -Tu mi rendi felice da sempre e sono ancora una volta qui a spiegartelo. Vuoi un giuramento Joe? Ne ho uno fatto apposta per te... se mi lasci un'altra volta io... io ti giuro che non risponderò di me stessa e non so cosa potrei fare!- 
...poi continuò....
-Tu la fai facile. Secondo te avrei dovuto approfittare del fatto che avevi perso la memoria e continuare per la mia strada? Ma che bella considerazione hai di me... complimenti. Vuoi anche l'applauso? Tu non hai capito un accidente. Come puoi solo pensare che avrei potuto far finta di niente quel giorno davanti alla Torre Eiffel. Spiegamelo tu, io non ci riesco. Quel che so è che sei un cretino, questo si, lo sei. Ti preferivo quando non avevi ancora recuperato i tuoi ricordi, dicevi cose molto più sensate.-
-Stammi a sentire! Se io ti lascio libera è solo perché ti amo, lo capisci questo, testona che non sei altro?-
-No, ascolta tu! Il fatto è che hai solo paura, ma ci penserò io a fartela passare, deficiente che non sei altro... ohhh si che ci riuscirò.-
Arrabbiandosi e tirando fuori da dentro se stessa tutte quelle cose, non solo aveva smesso di singhiozzare, ma si era anche calmata. Ora era lucidissima ed il suo tono si era fatto più forte e deciso al ché Joe restò un po' sorpreso. Non si aspettava una simile reazione da parte sua, lei che era sempre stata razionale e pacata.
-Non voglio che tu rinunci al bene più prezioso che c'è al mondo per stare con me. Anche se ora l'accettassi, mi sentirei in colpa verso di te, mi sentirei un vigliacco per non aver deciso anche al posto tuo per un qualcosa che rappresenta solo un bene per te, la tua felicità.-
-Tu mi ami, Joe?-
-Più di ogni altra cosa al mondo.-
-A me basta e avanza.-
-A me invece non basta. Appunto perché ti amo sarebbe egoistico da parte mia voler stare con te, pensando che, se io non ci fossi, tu troveresti la felicità che hai sempre sognato. Avrei preferito essere morto sul serio o non ricordare niente di tutto questo.-
Lo schiaffo che gli arrivò in pieno volto lo destabilizzò a tal punto che restò immobile guardandola negli occhi. Era talmente infuriata che a Joe pareva avessero cambiato colore.
Françoise se ne tornò verso la villa con la cartella in mano lasciandolo solo nei suoi pensieri. Solo in tarda serata lui ricomparve. Era rimasto là dove lei lo aveva lasciato, solo, a riflettere. Seduto sulla sabbia, guardava l’oceano in cerca di risposte che tardavano ad arrivare. Fino a quando non ebbe la tanto sospirata ispirazione. “Sai quanto è testarda, ma sai anche cosa è meglio per lei. Se per uno strano scherzo del destino non sei riuscito ad allontanarla una volta, questo non vuol dire che non puoi farlo adesso. Lo so come ti senti, un vile, un bastardo, ma col tempo capirà che lo hai fatto per il suo bene. Quindi lascia che parta da sola e scompari per sempre dalla sua vita.” Quando rientrò alla basenon considerò nessuno, disse soltanto un timido “buon appetito”. Prese le scale e si diresse in camera sua, mentre Françoise, Gilmoure e Ivan stavano cenando.
-Quanto avete litigato Fran?-
-Diciamo che è stata una delle nostre migliori performances.-
-Ahi, ahi. Allora siamo a livelli molto alti.-
-Si, molto. Ma, se non le dispiace, non ne vorrei parlare ora, scusi.-
-Tranquilla, cara. Lo capisco. Solo un consiglio... chiaritevi, parlatene insieme prima che sia troppo tardi. Non lasciate che la rabbia prenda il sopravvento, usate la testa.-
-Lo farò, grazie professore.-
Doveva farlo, doveva avere un faccia a faccia con lui. Ora avevano sbollito, o almeno lei così credeva.
TOC TOC. -Joe, sono io.-
-Se non sei qui per portarmi del ghiaccio puoi anche andartene.-
-Joe... "spiritoso"...apri subito.-
Il tono si fece categorico e lui aprì.
-Cosa credi di fare col quel beauty-case?-
-Semplice, lo riporto nella tua stanza.-
-E perché, di grazia?-
-Beh, è abbastanza evidente. Sei arrabbiata a morte con me, dopo che mi hai dato del deficiente, dello stronzo, mi sembra ovvio che tu non voglia aver a che fare con me.-
-Sei un cretino! Lascia immediatamente stare quel coso e stammi a sentire.-
-Devo aver paura?-
-Dipende da quante stupidaggini usciranno dalla tua bocca.- Joe riportò il beauty-case in bagno. Poi tornò…
-Va bene, ti ascolto.-
-Tu ed io restiamo insieme, questa è la mia decisione definitiva, con o senza il tuo consenso, ci siamo capiti?-
-Stai facendo l'errore più grosso della tua vita... ma se è questo quello che vuoi, per me va bene. Sono stanco di litigare con te.-
-Anch'io... ma dove stai andando?-
-A prendere qualcosa da mangiare. E quando torno se vuoi ne parliamo.-
-No, quando torni non parliamo più, credo che debba farmi perdonare.- “Sembra sereno, è stato più facile del previsto… meglio così… l’avrà capito finalmente!”
Lo guardò sorridendogli maliziosamente al ché Joe si fece scappare un sorrisetto ed uno sguardo che a lei piacque tanto. Sapeva che lui la desiderava sempre ardentemente, e piano piano questa sua caratteristica era quasi tornata alla normalità. Una volta lei ci scherzò anche su con lui.
____________________________________________________________
"Stai dicendo sul serio? Mi descrivi come se fossi stato un maniaco sessuale."
"Guarda che... il fatto che tu mi desiderassi così sfacciatamente non mi dispiaceva affatto, sai?"
"Beh, ci credo... sei bellissima, solo un pazzo non potrebbe desiderarti."
"Si, ma tu andavi ben oltre mio caro e credo che, anche se sei ancora un po' smemorato, tu sia sulla buona strada per una guarigione completa."
"Ti dispiace?"
"Niente affatto."
____________________________________________________________
Scese le scale dirigendosi in cucina, prese qualcosa da mangiare, poco dopo tornò verso le scale.
Nel mentre notò la luce che veniva dal laboratorio, il professore stava uscendo per ritirarsi anche lui a dormire col piccolo Ivan. Joe si avvicinò...
-Buonanotte professore.-
-Joe, tutto bene? Vi siete riappacificati?-
-Professore, si… tutto ok. Mi è venuta in mente in idea un po’ folle, ho già pianificato tutto. Le spiegherò tra qualche giorno dopo la sua partenza.-
-Mah...-
-Shshshsh, le ho detto che le spiegherò. Ora potrebbe insospettirsi e poi.... lo sappiamo che, col suo udito... quello le è rimasto.-
-Va bene, allora buonanotte.-
-Buonanotte professore.-
Gilmoure restò perplesso… “La sua partenza? Ma che hai in mente ragazzo?”
Joe tornò in camera, subito si diresse verso il bagno. In un primo momento guardò Françoise che si era già infilata nel letto senza però prestare molta attenzione al resto. Quando Joe uscì dal bagno si fermò meglio ad osservarla. Aveva acceso la luce soffusa dell'abat-jour, la sua vestaglia da notte, compreso il suo intimo, erano appoggiati alla sedia davanti al letto. Ora aveva capito, era completamente nuda. La guardò con occhi pieni di desiderio, il suo corpo stava andando completamente in fiamme.
-Spogliati e vieni vicino a me. Ho tanta voglia di te.-
A quelle parole, preso dalla foga, il ragazzo si strappò quasi la camicia. Gettò ogni indumento a terra, lei aprì il lenzuolo e lui gli si mise sopra.
Le ore che si susseguirono furono di una passione travolgente, quella notte, non fu come le precedenti da quando lui l'aveva ritrovata, fecero l'amore come gli anni precedenti, con foga e crescente desiderio l'uno dell'altra. Françoise urlò di piacere quando lo sentì esplodere dentro di lei e lei con lui fino a raggiungere l’estasi infinita dei sensi.
Joe era sempre immobile in lei quando lo teneva avvinghiato con le sue lunghe gambe al suo bacino...
-Resta ancora così, ti prego. Ancora un po'.-
I respiri erano sempre affannosi, i battiti dei loro cuori accelerati, lui le carezzò il viso molto dolcemente mentre lei aveva affondato la sua mano nei suoi capelli.
Dopo qualche minuto si accoccolò al corpo ancora caldo di lui appoggiando la testa nell'incavo della sua spalla.
-Sai, mi piace tanto questo momento tra noi, dopo aver fatto l'amore.-
-Si, anche a me.-
-Joe, è stato meraviglioso. Non ti sentivo così mio da molto tempo.-
-Sono lusingato. Ma anche per me è stato speciale questa volta.-
-Je t'aime, Joe.-
-Aishiteru, Françoise.-
-Oh Joe... era tanto che non me lo dicevi nella tua lingua. Ora so che sei tornato e che non mi lascerai mai.-
-Mai più Françoise.-
-Joe, se potessi darti un figlio, come vorresti che si chiamasse?-
-Fran... sai benissimo che...-
-Ok, d'accordo. Era per fantasticare un po'. Dopotutto, anche il dottore sostiene che potrebbe essere possibile avere un figlio tutto nostro. Si, è vero, c'è una possibilità remota, ma esiste. Allora come vorresti chiamarlo?-
-Mah, non saprei. Sono sicuro che assomiglierebbe totalmente a te, prenderebbe i tuoi lineamenti quindi... direi... se fosse maschio mi piacerebbe Xavier, mentre, se fosse femmina Denise. Mi sono sempre piaciuti.-
-Concordo per il maschietto, il nome Xavier piace molto anche a me. Per la femminuccia dovremmo parlarne.-
-Magari… starei giorni interi a parlarne.-
-Scusami amore. E' più forte di me.-
-Non devi scusarti.- Non aveva voglia di continuare l'argomento, i suoi pensieri erano altrove. E a lei non sarebbero piaciuti, cercò di tranquillizzarsi ma...
-Joe, Il tuo cuore... mi sembra un po' accelerato... strano... Joe....ma tu... tu stai piangendo.-
-Ma no, non sto piangendo. Mi deve essere entrato qualcosa nell'occhio. Dai ora dormi amore mio, stai tranquilla.-
-Va bene, buonanotte.-
-Notte.-
Si scambiarono un bacio dolcissimo sulle labbra cercando di abbandonarsi al sonno.
Per Joe non fu una notte come le altre. Mille pensieri gli attraversarono la testa. Aveva già deciso cosa fare.
Restava solo il problema di metterlo in pratica. Si disgustava di se stesso per aver pensato una cosa del genere ma si rendeva anche conto che la determinazione di lei, a volte, era davvero enorme, specie quando si trattava dei suoi sentimenti.
Tre giorni dopo...

-Per qualsiasi cosa io e 001 siamo sempre qui. State lontani dai guai e tornate a trovarci presto.-
-Ci conti dottore.-
-Arrivederci professore.- Si abbracciarono calorosamente, prima Françoise poi Joe.
Quando si staccarono dall'abbraccio, Joe guardò Gilmoure intensamente, il dottore restò un po' perplesso ma trasalì. Il taxi partì per l'aeroporto di Narita. Françoise era molto tranquilla, mai si sarebbe immaginata quello che, molto presto, le sarebbe accaduto. Quando Gilmoure tornò alla villa, si assicurò che 001 stesse sempre dormendo, per poi andare nel laboratorio. Sul tavolo, accanto al solito quotidiano Nihon Shinbun, c'era un foglio di carta ripiegato. Era di Joe. Iniziò a leggere.
"Caro dottore, ho preso la mia decisione. Voglio che sappia che ho deciso di farla partire da sola. Uscirò dall'aereo poco prima del decollo. E' giusto così. Potrebbe aver bisogno di lei, mi raccomando, le telefoni e cerchi di starle vicino. Non le dirò dove sono diretto, né a lei né a nessun altro. Chiamerò Jet per dirgli che sono sano e salvo, prima che lo faccia Françoise, devo anche parlare con lui e con Albert. Sono sicuro che lei farebbe di tutto per trovarmi e col loro aiuto forse ci riuscirebbe. Li convincerò a desistere.... almeno spero. Grazie per tutto quello che ha fatto per me... per noi. Voglio che sappia che lei è stato come un padre per me… ma questo è un addio. Mi dispiace tanto. Con affetto Joe."
Il professor Gilmoure restò di stucco ma cercò di capire l'atto d'amore di Joe. Da quello sguardo aveva avuto il sentore che qualcosa stesse per accadere ma mai si sarebbe immaginato una cosa simile. "Ora capisco perché mi ha chiesto di aggiustargli il suo acceleratore.”
Arrivati all'aeroporto i due ragazzi iniziarono il check-in fino a raggiungere il gate.
-Oh Joe, sono emozionatissima. Finalmente inizieremo la nostra vita insieme.-
-Si amore, non vedo l'ora.-
-Grazie per aver deciso di venire a vivere a Parigi con me.-
-Fran, è logico. In quella città hai tutti i tuoi affetti, i genitori, amici ed il tuo lavoro. Sai benissimo anche tu che io non ho nessuno della mia famiglia. Per questo è giusto che tu stia vicino alla tua. E poi mi trovo abbastanza bene a Parigi, mi ci sono abbastanza ambientato.-
-Beh, avevamo potuto anche stare da te a Montecarlo.-
-E' diverso, lì ho solo la residenza perché non pagavo le tasse quando facevo il pilota. Anzi, ho anche intenzione di venderlo quell'appartamento.-
-Questo vuol dire che non hai intenzione di ricominciare, vero?-
-Assolutamente no. Credo di riprendere alcuni vecchi contatti sempre restando nel mondo delle corse…
 ma niente gare. Sei dispiaciuta?-
-Tutt'altro. Sono strafelice, te l'ho sempre detto che è un mestiere pericoloso quello del pilota.-
-In effetti...-
-Joe, poi dovremmo anche parlare di tutto quel denaro che mi hai lasciato. Io ho fatto come mi hai detto, ma erano molti... molti soldi.-
-Non preoccuparti. Avremo tempo per quello.-
-Si Joe.-
La chiamata del volo per Parigi finalmente arrivò. Durante l'imbarco Joe era molto pensieroso e non sapeva come nasconderlo a Françoise. Faceva fatica a controllarsi. Sapeva ciò che stava per fare e soffriva terribilmente al pensiero di come l'avrebbe presa lei. Si domandava continuamente se sarebbe riuscito nel suo intento, se avesse avuto abbastanza sangue freddo. L'avrebbe saputo tra non molto. Si sedettero ai loro posti. L'aereo era molto affollato. La sistemazione dei bagagli a mano procedeva lentamente e Joe era sempre più nervoso. Si voltava continuamente indietro. Doveva tenere sotto controllo la scaletta esterna. Finalmente non saliva più nessuno, era il momento di agire.
-Joe tutto bene?-
-Si, piccola.-
-Non so… ti vedo strano, irrequieto.-
-Tranquilla, va tutto bene.-
-Ma perché stai sudando?-
-Te l’ho detto, sto bene… lo sai che ti amo tanto vero?-
-Certo che lo so.-
-E tu mi ami?-
-Più della mia stessa vita.-
-Voglio che tu sappia che, qualunque cosa succeda, tu resterai sempre nel mio cuore, come un marchio a fuoco inciso dentro di me. Io ti amerò per sempre Françoise. Grazie di avermi fatto tanto felice come lo sono stato con te.- Joe le prese il volto tra le mani guardandola negli occhi. In quel momento non riuscì a trattenersi e Françoise notò le lacrime scendergli copiose dalla sue guance.
-Joe… perché stai piangendo?
-Françoise… yurushitekure (Perdonami).-
-Joe…-
Joe la colpì con la propria mano a taglio sotto l'orecchio, nel punto in cui il collo inizia a unirsi alla spalla centrando in pieno la carotide. Françoise lo guardava negli occhi ma la vista le si stava sempre più appannando e si sentiva sempre più stordita. Fu un attimo che le sembrò un eternità. Poi svenne. Joe le allacciò le cinture di sicurezza, si coprì la testa col cappuccio della felpa e, con il suo acceleratore sgusciò fuori dal portellone che stava per chiudersi. Nessuno poteva vedere Joe muoversi a quella velocità. Quando smise di correre era già al sicuro lontano dalla vista di tutti.
Dopo alcune ore Françoise si svegliò. La ragazza col carrello porta cibi e vivande la fece riprendere dal sonno. Si voltò subito verso la sua sinistra dove doveva esserci Joe... ma lui non c'era... Anche se era sempre un po’ intontita iniziò a chiamarlo…
-Joe... Joe... JOEEEE.-
I passeggeri si girarono verso di lei guardandola in malo modo. Lei, in preda al panico, si scusò timidamente ma si stava agitando sempre di più. Sul sedile nel posto accanto a lei vi era il suo giubbino di Jeans. Senza pensarci lo toccò e lo spostò quel poco che bastava per scorgere un biglietto ed una rosa blu. Tremolante afferrò il biglietto e iniziò a leggere. Quando vide la calligrafia inconfondibile di Joe si mise la mano alla bocca e un magone allo stomaco, un nodo alla gola le vennero all'istante.
“Cara Françoise, non so nemmeno da che parte cominciare. Se stai leggendo questa lettera forse avrai già intuito che ho lasciato che tu partissi senza di me. Non potevo darti ascolto, non questa volta. Non posso permettere che tu resti legata ad un uomo che non potrà mai darti la felicità, una famiglia, o che può dartela solo a metà. So cosa pensi, che avremmo potuto adottarne uno o due... forse tre... ma non sarebbe stata la stessa cosa... per te sarebbe stata un emozione neanche lontanamente paragonabile a quella che potresti provare nel tenere dentro di te una piccola vita che darai alla luce per la gioia dei tuoi meravigliosi occhi azzurri. No, non posso toglierti tutto questo, non sono nessuno per farti questo. Quindi si... odiami, disprezzami, come io sto disprezzando e odiando me stesso di fronte a questo atto di vigliaccheria, l'ennesimo ai tuoi occhi ma che, un giorno, spero possa essere visto da te come il mio ultimo atto d'amore. Sto soffrendo, credimi. Da quando tutto questo mi è stato chiaro, facevo finta di dormire, di mangiare. Pensavo solo a come avrei potuto farti questo, e più ci pensavo più mi convincevo che era giusto che, un ultima volta, avrei deciso per tutti e due. So che la rosa blu significa amore incondizionato, amore per sempre. Ed è quello che sei e sarai per me. Ti porterò sempre dentro di me. Ti amerò per sempre.”
Joe
Ps: Mi avevi chiesto cosa dovevi fare di tutto quel denaro. Ecco… pensavo che potresti usarlo per garantire un futuro ai tuoi figli, che ne pensi?
Françoise non riuscì a trattenere le lacrime, strinse in mano quel biglietto e la rosa di Joe singhiozzando vistosamente. Il mormorio dei presenti la lasciò totalmente indifferente, era amareggiata e incredula per quello che aveva fatto Joe... il suo Joe. Rimase nei suoi pensieri fino alla fine del volo, per poi scendere allo Charles De Gaulle come se fosse un automa, con lo sguardo perso e gli occhi che sembrava potessero uscirle dalle orbite. Anche davanti alle preoccupazioni dei passeggeri intorno a lei, alla hostess, restò impassibile come se non ci fosse niente da fare.
Il taxi la portò a casa dei suoi e, finalmente, finì dritta tra le braccia di sua madre alla quale, era bastato solo guardarla negli occhi per capire quanta sofferenza aveva portato con se quella sera nella loro casa. Non le chiese niente, gli offrì solo il suo abbraccio più caloroso, perché solo di quello lei aveva bisogno in quel momento. Dalla porta d’entrata, suo padre guardava le due donne abbracciarsi, si avvicinò a loro ma Anne gli fece cenno di non intervenire, ne avrebbero parlato in seguito. Françoise guardò suo padre con gli occhi pieni di lacrime riuscendo a dire soltanto un timido "ciao papà." L'uomo le sorrise ma non disse niente, guardò la moglie in segno d'intesa e tornò in salotto. I pianti che sentì provenire dal piano di sopra gli strinsero il cuore, lui che era ancora più burbero di suo figlio Jean. I pianti finirono molto tempo dopo quando finalmente Françoise iniziò a calmarsi tra le braccia della madre.
-Mamma.-
-Non dire niente, quando te la sentirai, mi racconterai tutto.-
-Mi ha lasciata mamma... di nuovo.-
-Bambina mia, mi dispiace tanto. Ma cosa è successo?-
-La colpa è mia, che ho fatto quell'operazione credendo che lui fosse morto.-
-Stai parlando di Joe?-
-Si, lui.-
-Ma... non era scomparso? Addirittura credevi fosse morto.-
-No mamma, era finito in Russia, dopo l'incidente aveva perso la memoria. L'ho ritrovato a Parigi per caso. Era insieme ad una signora che poteva essere sua nonna e mi ha chiesto di fargli una foto. Pensa il caso. Quando lo vidi con quella sua barba lunga, restai senza parole. Per me era bello come sempre.-
-Ecco perché non sei più venuta da noi e decidesti di tornare a casa tua.-
-Si, l'ho fatto restare da me, e l'ho aiutato a recuperare piano piano i suoi ricordi fino a....-
-Fino a?-
-Quando ti dissi che mi prendevo una vacanza, in realtà tornai con lui dal dottor Gilmoure, volevo che lo visitasse. Poi pensai che, tornando là, nella sua terra natia, avrebbe più facilmente recuperato la memoria. Che sbaglio ho fatto... dannazione.-
-Perché dici questo? Tu lo hai fatto per lui... e per voi.-
-Non è esatto mamma. Lui si è ricordato dell'intervento che lui stesso mi ha quasi costretto a fare, e che io ho fatto. Lo sai anche tu. Se posso avere figli, se ho la possibilità di accogliere e crescere un bambino, di allattarlo, di amarlo come figlio mio, lo devo solo a Joe.-
-E allora perché ti ha lasciata se ha fatto tutto questo per te?-
-E' questo il punto mamma. Il suo è un atto di puro amore. Avendo pochissime possibilità di avere dei figli, ha preferito lasciarmi andare per far si che avessi una famiglia tutta mia, con dei bambini dati alla luce da me, piuttosto che stare con lui e doverli adottare. In cuor suo Joe pensava che, a forza di provarci, avremmo perso le speranze e che il nostro rapporto avrebbe finito per spegnersi. Lui ha voluto farsi da parte. Ha pensato che io potessi soffrire, disperarmi, ma un giorno lo avrei dimenticato e avrei fatto la mia strada... magari innamorandomi di un altro uomo, con cui costruire il mio sogno. Joe...oh Joe...-
-Non ho mai conosciuto un uomo che ha fatto così tanto per amore di una donna. Sono fiera di lui, sarebbe stato un sogno averlo con noi, e mi dispiace di non averlo mai potuto conoscere a fondo, ricordo sempre come ti guardava le poche volte che vi ho visti insieme. Nessun uomo aveva la luce di Joe quando ti guardava. E tu facevi altrettanto, accendeva qualcosa in te...non saprò mai spiegarlo ma era così. Mi dispiace così tanto che tra voi sia finita.-
Anne aveva gli occhi lucidi e notò che Françoise aveva ricominciato a piangere vistosamente. La ragazza aveva capito durante il suo sfogo, che Joe aveva fatto la cosa giusta e si odiò per averlo solo pensato. Ma lui aveva ragione, è stato un atto d'amore. E che si sarebbe compiuto solo con un addio definitivo. Solo così poteva voltare pagina.
"Non so se potrò mai dimenticarti. Chissà dove sei, cosa fai. Mi manchi tanto. Ma non ti dirò mai addio, so che un giorno noi due ci rincontreremo."

Capitolo 16

Berlino, Germania Ovest
DRIIIIIN.DRIIIIIN.DRIIIIIN.DRIIIIIN.DRIIIIIN.
Il telefono stava squillando a casa Heinrich mentre Albert, Jet e le rispettive fidanzate, stavano tranquillamente cenando.
-Rispondi tu caro?-
-Si, vado io Corinna... ma chi diavolo può essere a quest'ora.-
Albert alzò la cornetta dopo almeno sei o sette squilli...
-Pronto.-
-Pronto, Albert, sei tu?-
Il ragazzo impallidì di colpo, restò fermo immobile, quella voce l'aveva subito riconosciuta. Ma come era possibile. Si mise la mano sulla fronte e si sedette sullo sgabello accanto al mobiletto su cui era posizionato il telefono all'ingresso della casa. Cercò di concentrarsi quanto poteva, mentre dall'altro lato della cornetta la voce gli chiedeva se magari non aveva sbagliato numero.
-Albert, chi è al telefono? Hanno sbagliato numero per caso? Sarebbe la terza volta oggi!- Chiese la moglie...
-La...la terza??? Ma che diavolo.... JEEEEET...JEEEEET, VIENI SUBITO QUI'!-
Accorsero tutti all’ingresso ma Albert, contrariato... -Vieni solo tu Jet, voi restate dove siete!-
-Ma che diavolo succede? Cos'hai da urlare in quel modo? E che modo di rispondere è mai quello?-
Albert passò la cornetta a Jet che lo guardava sempre un po' contrariato.
-Pronto.-
-Ciao Jet.-
-Ma che diavolo... chi sei che rompi mentre stiamo cenando?-
-Anata wa kesshite kawaranai, Jet!- (Non cambi mai, jet!)
-E' uno scherzo!... Joe... JOEEEEEEEE, ma che diavolo.... sei tu?-
-Si sono io amico, come stai?-
Jet guardò Albert come per chiedergli se fosse davvero lui dopo due anni.
Albert, più sconvolto di lui, annuì.
-BRUTTO STUPIDO, PEZZO DI DEFICIENTE, MA PORC.....SAI VERO CHE APPENA TI VEDO TI SPEZZO IN DIECIMILA PEZZI? MA DOVE CAZZO SEI STATO? TU NON HAI IDEA.... FAI CHE NON TI TROVI O TI ROMPO CODESTA TESTA DI CAZZO!-
-Mi hai spaccato un timpano... Hai finito?-
-SI, HO FINITO GRAN PEZZO DI IDIOTA ED ORA VIENI QUI SE HAI IL CORAGGIO!-
-Sono già a Berlino
Albert strappò il telefono dalla mano di Jet, era infuriato ma allo stesso tempo quasi commosso.
-SPERO TU DICA SUL SERIO O TI GIURO CHE L’AIUTO!-
-Ci vediamo domani Albert.... Ah, solo una cosa. Tanto so già che lei vi chiamerà. Non parlatele di questa conversazione e che sono da voi, vi prego.-
-Che hai combinato?-
-Qualcosa di buono, finalmente, nella mia vita.-
-Va bene, ti aspettiamo, presumo tu sappia già dove abito.-
I due amici andarono incontro a Joe che era sceso dal taxi davanti casa di Albert. Non ci furono abbracci o  strette di mano di alcun tipo. Soprattutto Jet era molto silenzioso. Joe pensò che doveva essere stata dura per loro e non disse una parola. Arrivati sotto casa, Jet, che camminava davanti a tutti, si voltò all’improvviso verso di lui, lo guardò con occhi pieni di rabbia e lo colpì duramente allo stomaco. Joe lasciò cadere la valigia e si accasciò sulle ginocchia tenendo la mano premuta nel luogo dove Jet lo aveva colpito mentre, dalla finestra , le due signore accorsero fuori in giardino.
-Ma sei impazzito? Poverino, chissà che male ha sentito.-
-Fatti gli affari tuoi Kelly, ora non è il momento. Noi due abbiamo da chiacchierare un po' in privato con questo bellimbusto. Le presentazioni a dopo.... sempre se sopravvive.-
-Jet, ma che cosa...-
-Ti ho detto che ne parliamo dopo, ma sei sorda? Anzi... perché non ve ne andate a fare una passeggiata?-
-Si, ve lo consiglio vivamente anch'io.- Aggiunse subito dopo Albert.
-Dai andiamo...saranno le solite faccende da uomini.-
-Forse hai ragione tu ma non mi piacciono i loro sguardi, sembra che vogliano quasi ucciderlo, tu ne sai niente?-
-No, e non ho mai visto quel ragazzo, deve essere un loro amico o collega quando lavoravano insieme per il governo.-
Joe nel frattempo si era alzato, non mostrò alcun risentimento verso l'amico, si limitò a raccogliere la sua valigia ed entrò con gli altri due dentro casa...Chiusa la porta Jet, che non stava nella pelle iniziò a brontolare con voce molto alta, ma anche l'altro non era da meno... anzi...
-MA DOVE CAZZO SEI STATO?- Joe stava tenendo ancora la mano premuta nel punto in cui Jet lo aveva colpito ma, avendo capito la reazione dell’amico, si accinse a rispondere…
-Jet, è lunga da spiegare, te lo assicuro.-
-HO TUTTO IL CAZZO DI TEMPO!-
Jet si avvicinò a Joe... lo guardò ancora dritto negli occhi e lo abbracciò. Joe restò un po’ perplesso, non era certo da Jet comportarsi così abbassando le difese e mostrando i suoi sentimenti, ma ricambiò con felicità il suo abbraccio. Si unì anche Albert, visibilmente commosso il quale, forse, in fatto di freddezza, non era secondo a nessuno.
Quando si staccarono Joe ricominciò il suo racconto...
-Ho appena recuperato la memoria, anche se qualcosa e qualche accadimento, è un po' confuso.-
-Avevi perso la memoria? Dopo l'esplosione?-
-Si, devo aver vagato giorni e giorni per la steppa russa fino quasi a Smolensk. Inconsciamente devo anche aver usato quel che restava del mio acceleratore fino a bruciarsi definitivamente. Una famiglia mi ha trovato, curato e poi fatto restare a casa loro.-
-Per tutto questo tempo?-
-Si, fino a quando Dorian è morto ed io sono rimasto con sua moglie per senso di gratitudine.-
-E poi cos'è successo?-
-Ludmilla, sua moglie, aveva un sogno che non aveva mai potuto realizzare colpa anche la depressione che ha avuto dopo la morte del loro unico figlio. Desiderava visitare l'Europa, soprattutto Parigi e Roma. Abbiamo optato per Parigi. Dopo qualche giorno ho chiesto a due ragazze di scattarci una foto alla torre Eiffel e... indovinate chi erano quelle due?-
-Non ci credo... Françoise.-
-Si, lei e Cathrine. C'è stato un po’ di apprensione, di imbarazzo, Françoise era felicissima e voleva stare subito con me ma io non mi ricordavo niente. E' stato col suo aiuto che ho fatto molti progressi e ora, posso dire che, nella mia testa è tutto molto più chiaro.-
-Ma lei dov'è? Se l'hai lasciata di nuovo per uno dei tuoi stupidi motivi ideologici a questo giro te le suono di santa ragione.-
-No Jet. Forse voi non sapete ma Françoise si è sottoposta ad un delicato intervento di microchirurgia cibernetica e...- Jet lo interruppe all'istante...
-E che cavolo è?-
-In pratica ora, lei è tornata in parte più umana, in certi versi come era prima della conversione. Ora può avere figli suoi, capite?-
-Ho capito, allora è per questo che l'hai lasciata.-
-Si. Ma non è stato facile. Ho dovuto fare una cosa di cui mi pentirò per tutta la vita. Ho dovuto ingannarla. Sono salito con lei in aereo e poi, subito dopo che gli addetti ebbero tolto le scalette dei passeggeri, l'ho stordita e mi sono fiondato fuori appena in tempo prima che il portellone venisse chiuso. Le ho lasciato un biglietto dove le spiego le ragioni della mia decisione.-
Joe raccontò tutti i particolari del centro di ricerche del dottor Ryan, dell'operazione, delle sue intenzioni di restare insieme a lui, della visita al dottor Gilmoure... tutto quanto.
-Quindi... fammi capire. L'hai lasciata perché pensi di non poterle dare dei figli?-
-Si, esatto. Quello è il suo sogno più grande e io non potevo negarglielo.-
-Il suo sogno più grande era di avere dei figli... ma da te.-
-Lo so, ma è meglio così, credetemi. Mi disprezzerà, mi odierà ed io mi sto odiando da solo per questo, per la sua sofferenza, ma poi capirà che il mio è stato un atto d'amore. Proprio perché l'amo più di ogni altra cosa al mondo che voglio che sia felice.-
-Accidenti Joe, hai avuto del coraggio.-
-Mi raccomando. Io sparirò da ognuno di voi, ma vi chiamerò ogni tanto. Lei tenterà di sapere di me ma voi non saprete più niente. Io non voglio essere trovato, soprattutto da lei. Mi fido di voi. Il dottore ne è già a conoscenza. Riguardo agli altri, non ho ancora modo di parlarci, lo farò quando posso. Ora devo metabolizzare ogni singola cosa.-
Joe era vistosamente in crisi, gli occhi stavano diventando lucidi. I due ragazzi se ne accorsero e cercarono di consolarlo per quanto poterono. Parlarono a lungo e, dopo qualche ora, Joe sembrò riprendersi. Sapeva di aver fatto bene a vedersi con loro. La cena trascorse in un clima tutto sommato piacevole. Jet e Albert presentarono le proprie fidanzate a Joe che ne restò molto entusiasta.
-Posso farvi una domanda a tutte e due? Ma come fate a sopportare questi due ragazzacci?-
-Me lo chiedo spesso anch'io, ma che vuoi farci... l'amore è cieco.- Questa fu la risposta di kelly
-E tu Joe cosa ci racconti? Sappiamo che hai perso l'amore della tua vita, ora che intenzioni hai? Sei sempre molto giovane ma il tempo passa per tutti. Mica vorrai sposarti da vecchio, vero?-
-Hai ragione Corinna, ma in questo momento le donne sono l'ultimo dei miei pensieri.-
-Ottima risposta, ma vedrai che presto o tardi troverai la tua anima gemella. Se l'hanno trovata questi due tu non dovresti aver nessun problema.-
Joe sorrise alla battuta di Corinna, il suo volto era molto meno oscuro di qualche ora fa, merito anche dei suoi amici, che per lui erano come fratelli.
-Cosa vorresti dire, che siamo dei bad boys? Chiese jet....
-Quello che le vostre meravigliose compagne volevano dire è che ci vuole molta pazienza a sopportarvi, e ve lo dice uno che vi ha sopportato molto a lungo.-
-Sentitelo il principino. Ti ricordo che eri tu quello lunatico e scontroso... molto più di noi.- Esclamò Albert, sempre diretto come al suo solito
-Concordo. A volte bisognava prendere le pinze per tirarti fuori le parole dalla bocca.- Aggiunse Jet...
-Comunque mi fa piacere vedervi così sereni.-
-Non è stato facile nemmeno per noi Joe. Quando sei scomparso è stata dura per tutti noi. Fortuna che poi abbiamo trovato il nostro equilibrio, ma c’è voluto molto tempo, te lo assicuro.-
-Come vi siete conosciuti tu e Kelly?-
-Beh, io conoscevo Kelly da molti anni. Nel mio quartiere ci conoscevamo tutti, seppur qualcuno solo di vista. Dopo lo scioglimento del nostro gruppo sono tornato a New York e l’ho ritrovata. Ci siamo frequentati e ci siamo messi insieme. Poi siamo venuti a vivere qui a Berlino per lavoro. Albert aveva bisogno di un socio ed io avevo meno impegni con il mondo delle corse. Questa città ci è piaciuta talmente tanto che abbiamo deciso di restare a vivere qui.-
-Posso farvi una domanda indiscreta?-
-Certo, chiedi pure.-
-Vorrei farla alla tua dolce metà… se permetti.- Jet guardò la sua fidanzata la quale annuì…
-Dimmi pure Joe.-
-Ecco… io… volevo sapere… come avete fatto… intendo voi… tu sapevi da prima che Jet non può avere…-
-Lo so Joe, ma per me non è un problema. Detesto i bambini, mi piacciono solo quelli degli altri… a parte gli scherzi, per me non è un problema adottarne uno o due. L’importante è che questa testa calda faccia il bravo.-
-Per Françoise invece era sempre stato un sogno, io lo sapevo bene. Per questo io…-
-Lo sappiamo Joe, non ti biasimiamo per aver fatto questa scelta.-
-Noi donne non siamo tutte uguali.- …continuò poi Kelly… -Io, per esempio, sono per l’adozione, sarei terrorizzata di dover partorire… se ci penso mi sento male. Corinna invece… lei...- … si bloccò guardando l’amica con sguardo dispiaciuto…
-Potevi dirlo tranquillamente Kelly… Joe, devi sapere che io sono sterile, e se Albert vorrà un erede, anche noi dovremmo procedere con l’adozione. Lo sapevamo ancora prima di mettersi insieme.-
-E voi come vi siete conosciuti?-
-Semplice, ci conoscevamo già da bambini, eravamo compagni di scuola.-
-Ho capito. E Sono molto felice per tutti voi.-
-E tu che farai? Chiese Albert che fino a quel momento non aveva detto quasi una parola…
-Non ne ho la più pallida idea.- Il suo sguardo si incupì e non disse più quasi una parola salvo ringraziare Albert e Corinna per la cena.
Joe restò a dormire da Jet che aveva la sua abitazione poco distante da quella del tedesco. I due gestivano insieme un impresa di trasporti alla periferia della città e Jet inoltre, dedicava parte del suo tempo, alla ricerca di giovani talenti in campo automobilistico. Non se la sentiva ancora di abbandonare del tutto quell'ambiente a cui era molto legato, così come Joe.
Due giorni dopo....
Albert e Jet accompagnarono Joe all'aeroporto...
-Allora non ci dici dove sei diretto?-
-No, ve l'ho già detto. So già che vi sentirete con lei, e non voglio che vi scappi detto niente. Mi fido di voi ma può succedere che, senza pensarci possiate dire qualcosa, specialmente...- ..E guardava Jet...
-Perché mi guardi in quel modo?-
-Senza offesa amico, ma non sei proprio una tomba in fatto di mantenere i segreti.-
-Hai ragione, ma promettimi che ci chiamerai, o me o Albert. Joe, ricordati quante ne abbiamo passate insieme, certe cose ce le porteremo dietro tutta la vita. Io non ti dimenticherò mai, e neanche lui. Speriamo di sentirti e vederti presto.-
-Lo spero anch'io ma... temo passerà del tempo.-
-Vorrà dire che saremo noi a trovarti... anche in qualche angolo remoto del globo.-
-Non credo proprio Albert.-
-Forse lui no, ma io si. Ho altri metodi più spicci del nostro 004.-
-Jet, credimi se ti dico una cosa. Non mi troverete se io non voglio essere trovato.-
-Allora verrai tu... quando ti senti pronto.-
-Contateci ragazzi.-
-Joe, se dovessimo sentirla… sicuro che non vuoi sapere niente di lei?-
-Albert, non voglio sapere quanto è triste e quanto soffre. Ogni giorno, ogni notte, io lo so già.-

Capitolo 17

Parigi, sei anni dopo.....

-Allora Françoise siete pronti? Lo sai anche te che mio padre è un maniaco della puntualità.-
-Stiamo scendendo Pièrre, non è colpa mia se a tuo figlio è scappata la cacca cinque minuti fa, non è che può farla in auto.-
-Sembra lo faccia apposta, ogni volta che vi chiedo di sbrigarsi c'è sempre qualcosa per cui ritardare.-
-Non importa farla così lunga, ha poco più di quattro anni, cosa vuoi che ne sappia degli orari. Tu non sei mai stato  piccolo?-
-Va bene, forse ho esagerato, però è ora di finirla di piangere. Non muore nessuno se passiamo un pomeriggio dai miei.-
-E tu non vuoi capire che lui avrebbe preferito andare al parco in altalena con i suoi amichetti dell'asilo.-
-Oppure dai tuoi, visto che lì si diverte sempre come un matto.
-Certo, anche perché lì trova sempre il suo cuginetto e si fanno compagnia, tu che dici?-
-Vabbè, con te è una causa persa. Lo difendi a prescindere.-
Pierre era fatto così. Il suo lavoro lo portava ad essere pignolo e attento a ogni situazione. E questo suo modo di fare, se lo portava inconsciamente anche tra le mura domestiche. Françoise lo sapeva bene ma, quel che voleva fargli capire, è che non può trattare la sua famiglia come tratta i suoi dipendenti, non si può essere schiavi degli orari anche quando sei a casa.
Pierre era figlio di uno degli imprenditori edili più in vista di Parigi. La sua impresa si era molto estesa anche fuori città ottenendo appalti importanti, anche in ambito statale, fino al sud della Francia. Françoise l'aveva conosciuto circa cinque anni e mezzo prima durante uno dei suoi spettacoli all'Opera. Anche se non era più l'etòile de l'Opera, lui rimase molto attratto da lei. Una sera, prima dell'inizio, le fece trovare un enorme mazzo di rose rosse nel suo camerino ed un bigliettino d'incoraggiamento molto dolce e cordiale. La corteggiò in ogni maniera possibile. Lei, durante tutto quel tempo, non aveva voluto saperne di niente e di nessuno. La sua vita era casa, lavoro e amiche. Qualche sera in discoteca, o in locali dove facevano musica dal vivo, ogni tanto a mangiare una pizza ma, rigorosamente, niente uomini.
Dopo quella sera, la sua migliore amica di sempre, Cathrine cercò di farla ragionare.
_________________________________________________________________________________
"Fran, non è ora che ti svegli?"
"A cosa ti riferisci?"
"Al fatto che non dai nemmeno uno straccio di possibilità a chiunque ti chieda di uscire."
"In questo momento non mi va di uscire con nessuno."
"Nemmeno con quel tipo affascinante, elegante e gentile che viene ad ogni tuo spettacolo?"
"Non so di chi tu stia parlando."
"Andiamo, a quel bell'uomo di Pierre Leblanc, l'erede dell'impero dei Leblanc. Hanno talmente tanti soldi che gli escono anche dalle orecchie."
"A me non interessa, i soldi sono l'ultimo dei miei problemi, lo sai anche tu."
"Si, ma è anche un bell'uomo, carismatico, il classico scapolo d'oro e, da quel che ho saputo, non è che gli resti indifferente. Si dice che non ha avuto molte storie, nonostante sia piuttosto corteggiato. Secondo me dovresti dargli una possibilità ed accettare il suo invito a cena."
"Magari è corteggiatissimo dalle altre perché ha tanti soldi. Non credo però sia il mio tipo."
"Nessuno lo è per te, diciamoci la verità."
"Già."
"Non puoi vivere per sempre di ricordi. Ti ricordo che lui ha fatto quella scelta per il tuo bene, lo hai detto anche tu che quello di Joe è stato un atto di puro e semplice amore."
"E' proprio questo il punto. Avrei preferito che mi dicesse che non mi amava più, piuttosto che quella frase...  So che la rosa blu significa amore incondizionato, amore per sempre. Ed è quello che sei e sarai per me. Ti porterò sempre dentro di me. Ti amerò per sempre.... Capisci come mi sento?"
"Allora cosa dobbiamo fare, sentiamo. Aspettare che compaia magicamente un suo clone umano?"
"Ora che ci penso, non sarebbe una cattiva idea. .. anzi, mi andrebbe bene anche un suo clone cyborg.”
"Non fare la sciocca, pensaci. E accetta quell'invito, o resterai zitella a vita."
_________________________________________________________________________________

Alla fine si rassegnò seguì il suo consiglio. Aveva accettato, anche se con in po' di riluttanza, l'invito a cena. Non lo ricorda nemmeno lei quante volte lui l'aveva invitata. "Vabbè, gli darò una possibilità, in effetti la sua costanza è ammirevole." Poi iniziarono a frequentarsi, sempre più assiduamente, fino alla sera in cui lei dovette essere completamente sincera con lui spiegandogli la sua vera natura mista umana/cyborg. Sul momento il giovane restò di stucco ma era talmente affascinato ed innamorato di lei che le sembrò una cosa impossibile. Era talmente bella, perfetta che era difficile immaginarsi una cosa del genere. Lei glielo aveva ribadito altre  volte, per essere sicura di essere stata compresa fino in fondo e lui aveva accettato questa sua natura apparentemente con molta sicurezza. Non fu facile per lei stare con un altro uomo. Ma il concetto di lui della famiglia rispecchiava perfettamente le idee di lei ed alla fine cedette. Dopo di che si fidanzarono ufficialmente. Ci fu una festa in grande stile a casa dei genitori di lui, una villa con piscina e un parco di dimensioni stratosferiche. Il lusso dominava su quella tenuta con tutto il suo sfarzo. Louis Leblanc, dal nulla si era fatto una posizione di rilievo nel campo edile, e quasi tutto da solo. Da quel che si dice spesso sul filo della legalità attraverso mazzette e sostegni economici durante le campagne elettorali ma, alla fine, ne era sempre uscito pulito e poteva contare, insieme al figlio, su un vero e proprio impero.
Poi, dopo circa un anno, Françoise diede alla luce il loro primogenito. Pierre era al settimo cielo tanto che, subito dopo averlo visto, promise a Françoise di sposarla appena avrebbero sistemato alcune faccende di lavoro. Ma erano passati già altri due anni e questa promessa non era stata ancora mantenuta. Non che lei ci tenesse particolarmente e di questo ne era stupita, tanto che un giorno, quando ne parlò con sua madre, le chiese il perché non lo desiderasse sul serio.
_________________________________________________________________________________
"Non capisco mamma, sposarsi è il sogno di ogni ragazza. Ora poi che il bambino inizia ad andare all'asilo, sarebbe ora di parlare di matrimonio. Lui non ne parla, ma io, stranamente, non gli chiedo mai niente. Perché? Eppure credo di amarlo, sul serio. E' un gran lavoratore, sempre attento a tutto, con nostro figlio è premuroso, un padre esemplare e mi ama alla follia. Allora cosa c'è che non va?"
"Bambina mia, vuoi davvero saperlo?"
Anne la guardò in un modo che Françoise intuì subito dove la madre sarebbe andata a parare.
"Non dirlo mamma, ti prego. Non farlo."
"Va bene, me lo tengo per me ma permettimi di dirti che la vostra situazione è alquanto strana. Chiunque al tuo posto, farebbe pressioni su di lui a costo di arrivare alle minacce. Credimi, non è normale che tu reagisca così. C'è qualcosa dentro di te che non va. Io vorrei aiutarti ma, credo sia meglio che tu lo scopra da sola perché non ti piacerebbe affatto quello che ho da dirti."
"No, so già che non mi piacerebbe. Ma io devo pensare al bambino, lui viene prima di tutto e di tutti. Mi capisci, vero?"
"Si, ti capisco perfettamente, ma non trascurarti così, cerca di voler bene anche a te stessa. Sei ancora in tempo piccola mia."
"Te lo prometto, mamma."
_________________________________________________________________________________
La villa dei genitori di Pierre era situata fuori Parigi, nella cittadina di Mallemort. Occorreva fare un bel tratto di tangenziale per arrivarci. Il traffico era abbastanza regolare e Pierre spinse un po' sull'acceleratore per arrivare in tempo per il pranzo.
-Non andare così forte Pierre, se arriviamo con due o tre minuti in ritardo non è che tuo padre ci ammazza. Per me è meglio arrivarci sani e salvi, non credi?-
-Non vado così forte, sono appena sopra i limiti. Stai tranquilla.-
-Abbiamo un bimbo piccolo, non potresti rallentare un po'?-
-Accidenti, quanto la fai lunga. Te l'ho detto, voglio arrivare in orario. Non sappiamo quanto traffico troveremo nell’ultimo tratto di strada.-
-E' sempre la stessa storia Pierre.-
-Quale storia?-
-Sei il solito maniaco della puntualità e quando si tratta di far contento tuo padre metti tutto il resto in secondo piano.-
-Con questo cosa vorresti dire?-
-Semplicemente quello che ho detto. E poi, a dirtela tutta, non credo abbia tutta questa voglia di vedermi.-
-Questo non è affatto vero.-
-Ah no? Non era lui quello che diceva che le ballerine sono ragazze facili in cerca di "buoni partiti"?-
-Ma lo diceva così per dire. E poi, sai benissimo che devo essere il più possibile accondiscendente con lui, il prossimo mese mi passerà ufficialmente le redini della sua azienda, dovresti esserne contenta.-
-Oh, ma io lo sono. Solo che, ai soldi, preferisco cento volte la tranquillità, tutto qui. Mi ci hanno educata con questi principi. E certamente non devo comportarmi da soldatino per piacergli.-
-Beh, certo, i tuoi sono persone speciali, senza scheletri nell'armadio... praticamente perfetti.-
-Vai al diavolo... e rallenta, o ti giuro che scendiamo e ti lasciamo proseguire da solo.-
-Ma brava, ma che sensibilità... che comprensione... i miei complimenti.-
-Sei tu che hai esagerato, almeno ammettilo.-
-Soi, forse io ho esagerato un po' ma tu comprensione e sentimenti verso di me nemmeno a parlarne. Spero che almeno nostro figlio cresca diverso da te.-
-Intendi dire completamente come essere umano? Così può avere dei sentimenti?-
-Non intendevo questo.-
-A me è sembrato di si...-
-Mi stai facendo innervosire Fran...-
-Non è colpa mia se non ci capiamo... e comunque tu... ATTENTOOOOO....-
PUUUMMMMPUTUPUMMMMMMPUTUPUMMMM
Pierre non si era accorto della frenata improvvisa dell'auto davanti a lui. C'era appena stato un incidente stradale dove erano state coinvolte parecchie macchine a causa di un ribaltamento di un tir in mezzo alla corsia. Per evitare il tamponamento Pierre svoltò improvvisamente verso destra evitando l'auto davanti ma si schiantò nel guardrail. L’urto fu violentissimo. La macchina era completamente capovolta... Dopo l'iniziale stordimento, Françoise tornò in se, la sua prima preoccupazione fu per la salute di suo figlio. Si voltò verso di lui, era rimasto seduto sul seggiolino a causa delle cinture e stava piangendo a dirotto per lo spavento.
-CAZZO... CAZZO... DIO MIO... XAVIER... XAVIER...-
-MAMMA… MAMMA… MAMMA.- Esclamò il piccolo con gli occhi impauriti quasi in lacrime.
Françoise cercò in qualche modo di arrivare a lui. Pierre era svenuto aggrappato con le mani al volante. Françoise liberò il bambino dalle cinture del seggiolino e, contemporaneamente, cercava di svegliare Pierre dandogli dei colpetti sulla spalla e scuotendolo. L'uomo finalmente si svegliò...
-MA... CHE CAVOLO... MA CHE è SUCCESSO? EHIIII... COME STATE? COME STAI PICCOLO?  NON AVER PAURA..... FRAN... FRAN.-
Françoise non lo stava nemmeno ascoltando, era concentrata unicamente sul bambino.
-AMORE MIO NON PREOCCUPARTI. LA MAMMA TI PRENDE SUBITO IN BRACCIO. RESTA FERMO TESORO. ANDRA' TUTTO BENE.- Anche lei tratteneva le lacrime con difficoltà. Tra l'altro era sporca di sangue e, a quella vista, gli occhi del bambino si riempirono ancora di più di paura.
-Dobbiamo uscire immediatamente di qui.-
-Dannazione, lo sportello è bloccato. E anche questo. CAZZOOOOO!-
Anche Pierre, scavalcando il sedile era andato a controllare se potevano uscire da dietro.
-E' tutto bloccato... sento puzza di benzina... CAZZO, TRA' POCO ESPLODEREMO.-
A quelle parole Françoise non ci vide più. Con tutta la forza che aveva tirò un potente calcio alla sua portiera facendola volare a tre metri di distanza. Prese il bambino e uscì dall'auto. Si mise a correre più forte che poteva, con le mani e il viso coperti di sangue. Pierre la seguì, seppur con fatica, appena uscito dall'auto. Non passarono neppure dieci secondi che l’auto esplose.
Arrivarono molte ambulanze, i feriti erano stati molti. Pierre, Françoise e Xavier furono portati con la massima urgenza all' Ospedale universitario Pitié-Salpêtrière. Pierre fu portato direttamente in ortopedia dove gli fecero le radiografie. Oltre ad aver riportato alcune contusioni, si era rotto ben due costole. Françoise ed il piccolo Xavier, su richiesta espressa di Françoise, furono visitati dalla dottoressa Lemaire la quale, non solo era ottima amica e collega del dottor Gilmoure, ma aveva seguito Françoise durante il suo processo di riconversione in essere umano facendole i controlli periodici necessari riferendo direttamente al dottor Ryan.
La dottoressa prese subito in carico madre e figlio facendo loro tutti i controlli necessari. Le visite non rilevarono niente di rotto, ma solo delle contusioni. Dopo la visita del figlio Michelle Lemaire volle parlare con Françoise faccia a faccia, stranamente senza la presenza del padre.
-Françoise, hai notato qualche cambiamento in tuo figlio di recente?-
-In che senso?-
-Beh, gli ho fatto degli esami molto approfonditi, posso affermare con certezza che possiede già alcuni dei tuoi poteri, anche se ancora non se ne rende conto.-
-Immaginavo, avevo notato che la sua vista fosse già molto più sviluppata dei normali bambini, ma prima di venire da te, volevo esserne assolutamente sicura... ora so che avevo ragione. Grazie.-
-Lo dirai a Pierre?-
-Devo farlo, sai che amo la sincerità.-
Per precauzione, rimasero tutti e tre in ospedale per la notte. La mattina dopo tornarono a casa in taxi. Dopo aver chiamato le rispettive famiglie sembrò tutto tornato alla normalità...
...dopo due mesi...
-Beh, non hai da dire niente?-
-Scusa?-
-Io e tuo figlio oggi abbiamo avuto il controllo in ospedale. Credevo che almeno la salute di Xavier ti interessasse.-
-E cosa vuoi che dica. So benissimo che siete sani come un pesce tu ed il bambino. So già che non può accadervi niente, e, dentro di me, so che, presto o tardi lui diventerà come sua madre.-
-Se è per questo sta già avendo dei cambiamenti, leggeri ma sono cominciati, tu non potevi accorgertene ma io avevo già notato qualcosa, Michelle me lo ha confermato anche oggi.-
-Quindi, tra due anni, probabilmente vedrò mio figlio che mi sfiderà e mi batterà a braccio di ferro, senza potergli dire scherzandoci quanto è forte e che il suo papà non l'ha fatto vincere di proposito; poi, a dieci anni magari possedere una forza sovrumana capace di sollevare un auto, o di correre per chilometri senza stancarsi... proprio una bella prospettiva!- Il suo sarcasmo irritava molto Françoise che replicò all’istante…
-Sei uno stronzo... dillo cosa pensi realmente.-
-Lo sai quale è la verità?-
-Sentiamo.-
-Non ti sei mai chiesta come stessi io. A te bastava essere sincera, e di questo ti ringrazio di esserlo stata fin dall'inizio, ma non ti sei più chiesta se io stavo bene. Ebbene no, non stavo bene... ho sempre avuto paura. E tutt’ora sono spaventato. Non sono pronto per tutto questo. Non posso essere il padre di un cyborg... non ce la faccio... mi dispiace. Fino a ieri non ci avevo mai pensato. Poi, quando ti ho vista agire in quel modo, ho capito che io... noi... non possiamo più stare insieme.-
-Vuoi lasciarci?-
-Sarebbe la cosa migliore per tutti. Ma stai tranquilla per Xavier. Non gli farò mancare mai niente... né a te né a lui.-
Françoise lo guardava tranquilla, stranamente non batte ciglio... anzi, si sentiva quasi sollevata da quelle parole.
"Dovrei essere ferita, amareggiata. Ma stranamente non lo sono. Del resto, era molto che le cose tra noi non andavano più bene. Ora poi abbiamo raggiunto il culmine. Come può un padre rifiutare suo figlio, anche se non è come se lo aspettava? Lui non lo avrebbe mai fatto. E va bene, ce ne andiamo, e non preoccuparti di mantenerci. Ce la caviamo molto bene anche da soli stupido idiota".
-Va bene, torneremo a stare dai miei per un po’. Dammi il tempo di sistemare delle cose e di fare le valigie.-
Pierre si stupì della tranquillità con cui lei gli rispose ma trasalì. Gli interessava solo…
-Cosa racconterai a nostro figlio?-
-La pura e semplice verità. Che suo padre è dovuto partire per un lungo viaggio di lavoro e che la mamma non sa quando e se torna.-
Lo disse con una tale semplicità che si stupì di nuovo di se stessa.
"Mamma, Cath. Io ci ho provato con tutta me stessa... oppure no? Ve lo dicevo io che non sarebbe durata. Mio figlio è stupendo, lo sapete anche voi, ma temo non basti da solo a colmare il vuoto che ho da quando non ho più lui"
_________________________________________________________________________________
La sera dopo la festa per i quattro anni di Xavier....
"Grazie per essere rimasta ad aiutarmi Cath."
"Figurati Fran, tanto non avevo niente da fare, così, mentre ti aiuto con questo casino, parliamo un po'. Come stai?"
"Perché me lo chiedi?"
"Andiamo Fran, te lo leggo negli occhi che c'è qualcosa che ti preoccupa."
"A te non sfugge niente eh?"
"Quando si tratta della mia migliore amica no. Avanti... che ti succede?"
"Ho tanti pensieri per la testa, e tanta confusione."
"Beh, partiamo da una parte e vediamo dove arriviamo... ti va?"
"Credo che Xavier abbia iniziato a sviluppare alcuni suoi poteri."
"Con poteri... intendi quelli che hai tu? Vista , udito..."
"E anche forza fisica. Non se hai notato dove ha tirato quella palla."
"Non ci ho fatto caso. E Pierre, come l'ha presa?"
"Non ci ha fatto nemmeno caso... ed è meglio così. Quando parliamo di certe cose si chiude a riccio e non parla. Non credo accetterà mai il fatto che suo figlio abbia i poteri di un cyborg."
"Beh, allora dovrà farlo presto, anche la dottoressa Lemaire l’anno scorso, ti disse che, presto o tardi, svilupperà quelle capacità. Ma tu, per ora, sei stata bravissima. Sembra davvero un bambino normale, stai facendo un ottimo lavoro. Poi... è chiaro che può succedere una cosa come quella che hai visto oggi... ma non devi preoccuparti."
"Forse hai ragione tu. E Xavier lo capirà perfettamente, non ho dubbi al riguardo."
"Ma c'è altro che ti ronza in quella testolina...dico bene?"
"Si, dici bene... anzi, benissimo."
"Allora parla, piangi, sfogati. Sai che con me puoi farlo... coraggio."
"Mi manca... mi manca terribilmente. Se c'era lui con me, se fosse stato figlio suo, io non sarei a piangere davanti a te in questo momento. Sarei con lui e col bambino a ridere ed a scherzare. E farei l'amore con lui ogni volta che Xavier ci lascerebbe in pace. Maledizione... non ho questi pensieri con Pierre, capisci? Non ce la faccio più Cath. Il mio Joe... l'amore della via vita... so di amarlo sempre tanto... troppo... capisci? Se resto con Pierre è solo perché Xavier deve stare anche con suo padre, ma non so quanto riuscirò a reggere questa situazione."
_________________________________________________________________________________
"Ve lo avevo detto che non sarebbe andata a finire bene... io lo sapevo già. Maledetto cuore! Ora dovrò stare vicino a Xavier, dargli tutto l'amore che posso per non farlo sentire solo... si... posso farcela. Farei tutto per lui... lo amo troppo."

Due settimane dopo...

-Buongiorno sorellina.-
-JEEEET. Buongiorno a te, come stai?-
-Io benissimo. Tu piuttosto. Ho ascoltato il tuo messaggio in segreteria, cos'è successo?-
-Niente che non doveva accadere. E' fuggito.-
-Fammi capire. Ti ha detto che non riuscirà mai a convivere con le vostre capacità, tue e del bambino!-
-Esattamente.-
-Te lo avevo detto che era un idiota. Un bigotto ed un maniaco della perfezione. Solo a pensare come mette le pantofole accanto al comò perfettamente allineate mi viene la nausea.-
-Non so cosa pensare oramai. Forse ha ragione Cathrine, resterò zitella tutta la vita.-
-Ma cosa stai dicendo. Sei tu che te li cerchi col lanternino. Se solo tu lo desiderassi, avresti la fila fuori di spasimanti che farebbero carte false per stare con te.-
-Lo so questo, ma ora, in questo momento ho bisogno di altre cose.-
-E tra queste, magari la visita di qualche vecchio amico.-
-Magari, potete venire quando volete. I miei ne sarebbero felici.-
-A Natale io e Kelly andiamo a sciare, ma dopo verremo sicuramente a trovarti.-
-Ci conto Jet.-
-A presto.-
-A presto.-

Infatti, dopo le vacanze natalizie....

-Ma quanto è cresciuto questo bel bimbo. Lo dai un bacetto alla zia Kelly?-
-E' diventato davvero un ometto Fran.-
-Si, è vero. E se continua così, quando compirà cinque anni, prenderà in braccio la sua mamma.-
-E' figlio d'arte, è logico che sarà un supereroe.-
-Non fare lo spiritoso Jet, non è facile fargli capire che certe cose non le può fare, almeno fino a quando non ne sarà consapevole.-
-E tu sarai bravissima ad insegnarglielo.-
-E' proprio bellissimo, e affettuoso. E' la tua fotocopia Fran, più cresce e più ti assomiglia. Cosa si può volere di più.-
-Grazie kelly, ma è anche troppo credulone. Devo insegnargli un po' di furbizia, altrimenti diventerà davvero come me.-
-Dimenticavo, tanti saluti da Albert e Corinna. Mi hanno detto di dirti che, appena il lavoro lo permette, verranno a trovarti.-
-Va bene, grazie. Li chiamerò uno di questi giorni.-
-Ora che farai Fran, tornerai a casa tua in centro?-
-Non lo so Jet. Per ora resto dei miei. La loro casa è molto grande e, quando sono al lavoro, mi fa comodo avere mio papà che va a prendere Xavier all'asilo per poi portarlo da loro. Se andassi a stare da sola dovrei assumere una babysitter o dire a mia madre di spostarsi. Non sarebbe facile.-
-Hai ragione, hai tutto il tempo per pensarci. E poi, conoscendo i tuoi, non vorrebbero nemmeno che voi ve ne andaste.-
-Ah quello no di certo. Mio padre stravede per Xavier. Guai a chi glielo tocca. Ma prima o poi dovrò decidermi. Il mio attico in centro sarebbe più vicino a tutte le scuole ed anche al lavoro.-
-Hai ragione, bisogna pensare anche a questo genere di cose.-
-Jet, ho investito parte del denaro di Xavier, per il suo futuro. Io mi fido abbastanza delle banche ma vorrei che un giorno tu controllassi con me ogni cosa, giusto per avere un tuo parere.-
-Certo, mi farebbe piacere darti dei consigli. Tempo fa anche noi abbiamo investito qualcuno dei nostri risparmi. Comunque Joe ti aveva dato piena fiducia e le possibilità sono tantissime.-
-A parte questo, il denaro speso per l'operazione, quello donato alla fondazione di Joe in Giappone e quello prestato a fondo perduto a quell'associazione medica operante in Sud Africa, non ho toccato un soldo.-
Ad un tratto, l'espressione di lei si rattristì, seguita poi da un momento di assoluto silenzio. La cosa non sfuggì di certo a Jet e kelly che conoscevano, assieme ad Albert e Corinna, tutta la storia sin dall'inizio.
-Tu lo ami ancora, vero?-
-Kelly! Ma che ti salta in mente-
-Andiamo Jet, la conosco da molto meno tempo di te, ma anche un cieco si accorgerebbe che ne è ancora innamorata persa. Basta nominare il suo nome che si può sentire il suo cuore battere a distanza di due metri.-
-Kelly ha ragione, Jet. Inutile mentire. E' l'unica verità possibile, altrimenti non mi spiego il perché io non sia dispiaciuta quasi per niente del fatto che Pierre ci ha lasciati, salvo che per il bambino... ovviamente.-
-Lo so che ha ragione, ma poteva anche essere un po' più discreta.-
-Tu non hai avuto più notizie, vero?-
-No Fran. Gli avevo anche giurato di non dirti niente se sapevo qualcosa di lui. Ma ora, a vederti così, non mi fregherebbe niente di quel che gli ho promesso. Ti ci porterei io da lui... o lui da te. Se poi vorrà pestarmi... pazienza. Il problema è che non lo sento da più di un anno. Ha mantenuto la sua promessa. "Non mi troverai se io non voglio essere trovato". Maledizione a te Joe, e alla testa dura che ti ritrovi!-
-Lo ha fatto per togliere ogni dubbio, per evitare ogni possibilità che io lo trovassi e, fino ad ora, ci è riuscito perfettamente. Sai che, in tutti questi anni, per quanto ho potuto, non ho mai smesso di cercarlo?-
-E' solo un testone, un perfetto imbecille.-
-E sai la cosa assurda quale è? Che a volte mi sembra che mi stia guardando... anche in questo momento. A volte credo di percepire la sua presenza. Ivan mi ha detto che ha più volte tentato un contatto telepatico con lui ma non ha mai ricevuto nessuna risposta.-
-Non deve essere facile nemmeno per Joe, sapendo quanto ti amava.-
-Lo so Kelly. E ti sembrerò una perfetta stupida, ma, dentro di me, conservo sempre la speranza di rivederlo... un giorno.-
-Beh, magari se capiti a Tokyo per il 26 Marzo lo incontri. Non si sa mai. Ce lo raccontava sempre alla base quanto ci tenesse a essere presente a quella festa.-
-Jet, non ci crederai, ma ci porterò mio figlio quest'anno. Staremo dieci giorni a Tokyo. Così gli farò conoscere il dottor Gilmoure. Ho preso in affitto una casetta alla periferia della città, sarò lì con Xavier alla Festa Dei Ciliegi In Fiore di Tokyo. Avevo quest'intenzione già da qualche anno, solo che mi sembrava ancora troppo piccolo per affrontare un viaggio così lungo in aereo.-
-Hai fatto benissimo. Vi farà bene una vacanza. Saluta tanto il professore da parte nostra.-
-Lo farò, state tranquilli.-
Jet e Kelly restarono da lei due giorni, poi il lavoro di Jet con Albert li costrinse a rientrare a Berlino. Si salutarono molto affettuosamente con la promessa che si sarebbero rivisti al più presto. Françoise era più serena, Jet, anche se era il solito ragazzo impulsivo e litigioso, la metteva di buon umore. Ed anche Kelly, la  sua fidanzata, era un tipetto niente male. "Sembra fatta a posta per lui".

Capitolo 18

Tokyo, mese di marzo, otto mesi circa dopo l'incidente stradale...

Il taxi scese Françoise e suo figlio davanti al vialetto che conduceva alla villa del dottor Gilmoure.
Il professore, che era in ansia per la visita, appena li vide, venne loro incontro.
-Françoise, che piacere vedervi.-
-Salve professore, la trovo bene, sempre in forma.-
-Ehhh, bambina mia. Gli anni passano e io inizio a sentirne tutto il peso. Ma quanto è cresciuto quest'ometto. In casa ho un bel regalo che ti aspetta. Vieni in braccio che andiamo a prenderlo.-
-Vai piccolo, vai dal dottore e dagli un bell'abbraccio.-
-Si ma... vacci piano, va bene?-
-Posso, mamma?-
-Vai pure amore. La mamma viene subito.-
Il dottor Gilmoure prese Xavier in braccio e lo portò dentro. Gli aveva fatto davvero un bel regalo.
-Una pista con le macchinine... che bella. Posso montarla?-
-Certamente, vieni che ti aiuto... anzi, chiamiamo anche Ivan così ci aiuta anche lui.-
Françoise entrò nella villa e si gustava la scena. Erano tutti e tre alle prese con il montaggio e l’assembramento dei pezzi.
A Xavier era sempre piaciuta la pista da corsa, magari avrebbe voluto tanto giocarci col suo papà.
-Fran... che bello vederti.-
-Ivan, piccolo, come stai? Hai visto che ti ho portato un compagno di giochi?-
-Era ora che tu lo facessi.-
-Vieni qui, fatti abbracciare. Come mi sei mancato.-
-Anche tu, tantissimo. Non mi rispondi quasi mai alle mie "chiamate".-
-Lo so piccolo, ma non sono stata molto bene in questi ultimi tempi. Ma ti prometto che ci rifaremo.-
-Me lo prometti?-
-Te lo prometto.-
Il dottor Gilmoure e Françoise lasciarono i bimbi giocare insieme.
-Vuoi qualcosa? Un caffè? Un tè?-
-Un caffè va benissimo, grazie.-
-L'ultima volta che ci siamo sentiti mi sei sembrata un po' giù di tono.-
-No dottore, è solo che attraverso una fase piuttosto delicata. Forse era meglio aver tenuto i contatti con quella brava psicologa che mi consigliò il dottor Ryan.-
-Li hai interrotti, ma puoi sempre ripristinarli, da quel poco che la conosco, è una brava dottoressa.-
-Si, ma purtroppo Pierre non era di quell'idea, lui le ha fatto capire apertamente ciò che pensava, ossia che mirava a fare soldi alle mie spalle. Io, come una sciocca, credendo anche di stare meglio, non ho mostrato alcun dissenso e quindi ho abbandonato il programma terapeutico. Me ne pento tutt'ora.-
-Se vuoi le telefono io, oppure chiedo a qualche mio collega se può chiamarla, se ti fa piacere.-
-No, stia tranquillo. Quando torno a Parigi le telefono io. A proposito, la saluta tantissimo la dottoressa Lemaire.-
Ah, Michelle. E' davvero un ottima neurologa. Ogni tanto ci sentiamo per darci dei consigli o per ragguagliarci su aggiornamenti vari nei nostri rispettivi campi di competenza. Il prossimo anno, a Ginevra, dovremmo essere insieme per un convegno.-
-Mi è stata di grande aiuto, e mi ha confermato ciò che già sospettavo riguardo a Xavier, dell'avvento dei suoi poteri.-
-Te la consigliai di proposito, casomai tu avessi avuto bisogno di un medico competente. Lei ha tutta la mia stima, sa tutto quello che c'è da sapere su di te. E ora anche su Xavier. Ti consiglio di continuare a farvi seguire  entrambi da lei.-
-Ci avevo già pensato. E poi a mio figlio piace molto, ci sa fare con i bambini. Faremo tutti i controlli della sua crescita nel suo ambulatorio, è l'unica di cui mi fido.-
-Non mi hai ancora detto come stai, come procede la vita di mamma? Xavier lo vedo molto tranquillo. Si vede che ha preso dalla mamma, bello e solare come te.-
-Si, è vero. Lui è così. Nonostante le avversità, posso dirle che io e lui facciamo una bella squadra.-
-Si vede, siete molto uniti. E Pierre? Sparito come mi hai detto tempo fa?-
-Si, non l'ho più visto né sentito. Per me è completamente fuori dalla nostra vita, non vuol saperne più niente di noi. Personalmente non ho nessun problema, le cose tra noi non andavano molto bene. Mi dispiace che abbia tagliato anche i rapporti con suo figlio. E’ inaccettabile che un padre si comporti in questo modo. Se anche in futuro avrà delle pretese di tipo legale verso Xavier, non otterrà un bel nulla. Ho già parlato con l'avvocato di mio padre. Mi ha assicurato che, per come sono andate le cose, non potrà avanzare alcun diritto verso il bambino di cui ho ottenuto di diritto la piena potestà.-
-Meglio così, per te e per il bambino. Le dispute legali sono sempre motivo di ansia e di dolore, sia per adulti e, specialmente, per i bambini che vi si trovano sempre nel mezzo senza averne alcuna colpa.-
-Senta professore...posso chiederle...-
Il dottor Gilmoure la fermò all'istante, sapeva già cosa lei stesse per chiedergli.
-No, non l'ho più visto ne sentito. E Ivan mi ha confermato la stessa cosa. E' come se fosse svanito nel nulla, è da due anni che non ha dato nessuna notizia di se.-
-Anche Jet mi ha detto la stessa cosa, ma dove sarà finito. L'ho cercato tanto... speravo che almeno lei...-
-No tesoro mio. A meno che non abbia bisogno di qualcosa di speciale o che abbia un qualsiasi problema a livello cibernetico, il suo corpo è perfettamente in grado di auto guarirsi e di auto rigenerarsi a livello cellulare. Non ha motivo di venire da me, ed il fatto che tu sia qui dimostra che lui ha ragione. Se la sua intenzione era quella di non essere trovato da te, doveva eliminare a priori ogni vostro contatto in comune, quindi me, e tutti gli altri cyborg. E’ stato maledettamente scrupoloso ma... credimi... conoscendolo soffre ancora come un cane.-
-Lei dice che, anche dopo tutto questo tempo, lui sta soffrendo?-
-Decisamente. Soffre per i suoi compagni ma, soprattutto, soffre terribilmente perché non ha più te accanto.-
-Ne sono perfettamente cosciente. Chissà se lui sa quello che io ho passato e quello che sto passando, soprattutto sapendo che non posso far niente per stare con lui.-
-Lo so, ti senti impotente, posso capirti.-
-Mi ha lasciata su quel maledetto volo per Parigi per permettermi di voltare pagina, di avere dei figli, di farmi una famiglia tutta mia. Si, è vero, ora ho un figlio e ho scoperto l'amore di una madre per un figlio, cosa che non avevo mai provato. E' una sensazione meravigliosa. Ma mi chiedo... basta per essere completamente felici? La mia risposta è no. Può anche bastare, certo, ma la sensazione è che mi manca sempre qualcosa, o meglio qualcuno che mi completa, come membro della famiglia certo, ma soprattutto come donna. Non mi sono più sentita amata completamente da quando lui ha smesso di amarmi.-
-Bambina mia, dovrai davvero voltare pagina, altrimenti rischi di impazzire. Joe non tornerà più, a meno che non sia lui a cercarti. Oppure per mano del destino. Il fato, spesso, si diverte a giocare con le nostre vite e spesso ci riserva delle sorprese davanti alle quali restiamo meravigliati... chissà.-
-Forse ha ragione lei.-
-Fran, so che hai affittato una casetta in periferia della città. Ma potrei chiederti di restare qui almeno per stanotte?-
-Va bene, professore. A me farebbe piacere restare, ed anche a mio figlio, così giocano insieme anche domani. Avviso l'agenzia che farò un giorno di ritardo e che arriverò domani.-
-Perfetto. Sistema pure le vostre cose. La strada la conosci.-
Françoise salì le scale che conducevano al primo piano. mentre percorreva il corridoio guardava le stanze alla sua sinistra, ognuna con le targhette dove erano impressi i nomi dei singoli cyborg. Si ricordata bene che dormiva sempre nella stanza di Joe. Pensò subito che il dottore non avrebbe mai spostato niente, era troppo tradizionalista e aveva sempre lasciato ogni cosa com'era, per dare un senso di normalità alla grande villa, come se ognuno dei suoi ragazzi, fosse sempre lì con lui. Arrivò davanti alla stanza di Joe, l'ultima in fondo al corridoio ed entrò un po' titubante. Era come aveva previsto. Quanti ricordi in quella stanza, quante notti d'amore vissute con lui. Scacciò per un attimo tutti quei pensieri ed entrò. Si accorse però che Xavier non era lì con lei. Tornò fuori dalla porta e lo vide davanti alla stanza accanto. Era proprio davanti alla sua stanza, con la targhetta con inciso il nome di lei.
-Che fai lì tesoro? Non vieni con la mamma?-
-Si mamma, ma la tua stanza è questa. C'è scritto il tuo nome. Una volta me lo raccontasti tu, me lo ricordo. Noi dobbiamo dormire qui, vero?-
-No amore, la mamma non dormiva quasi mai nella sua stanza. Io dormivo sempre in questa.-
Xavier raggiunse Françoise in fondo al corridoio e si fermò accanto a lei…
-E perché dormivi nella stanza di un altro signore?-
-Perché molti anni fa, prima che tu nascessi, la mamma aveva un altro fidanzato. Il suo nome era Joe. Vedi? E’ scritto qui, su questa targhetta.-
Xavier entrò nella stanza di Joe e iniziò ad osservarla.
-Ma... mamma. Qui non c'è un letto grande come quello tuo e di papà. Questo è un letto un poco più grande del mio.-
-Tesoro mio, è un po' difficile da spiegare. Io e questo ragazzo di nome Joe eravamo fidanzati ma ancora non vivevamo insieme da soli, come io ed il tuo papà.-
-E tu non hai fatto dei bambini con Joe?-
-No amore mio, ti assicuro che tu non hai nessun fratellino o sorellina.-
-Peccato, vorrei tanto avere una sorellina. Come Louis, il mio amichetto. Lui dice che è meglio avere una sorellina piuttosto che un fratellino, così non ti ruba i tuoi giochi.- Françoise gli sorrise.
-Va bene, vedremo quando torniamo a casa.-
Stentava a credere alle proprie orecchie. Quel bambino era molto più intelligente dei bambini della sua età. E non solo perché sapeva già leggere e scrivere perfettamente, ma aveva sempre avuto una sensibilità fuori dal comune. Era sempre più difficile spiegargli le cose ma aveva già intuito da solo che c’era qualcosa che non andava. I primi tempi soffriva, chiedeva insistentemente di lui e lei aveva fatto fatica a contenere le sue emozioni, i suoi pianti, tutte le sue domande del perché era andato via. La storia del lungo viaggio di lavoro era sempre meno credibile e, piano piano, iniziò a spiegargli qualcosa. E, sorprendentemente, Xavier ascoltava in silenzio e restava tranquillo, come a non voler far preoccupare sua madre.
“Sei un amore. Sono una mamma davvero fortunata ad avere un bambino come te, ti voglio tanto bene tesoro mio.”
Andarono a dormire abbastanza presto, complice il viaggio e il cambiamento di fuso orario.
-Il letto è abbastanza grande. Dormiremo tutti accoccolati.-
Mentre Françoise si spogliava, Xavier iniziò guardare tutte le foto sulle mensole.
-E' lui Joe? Quello che ti abbraccia in questa foto?-
-Si amore, è lui.-
-Com'è alto. E deve essere anche molto forte mamma. Visto che muscoli?-
-Si, è molto forte.-
-E quel casco? C'è il suo nome?-
-Si, è suo. Faceva il pilota di formula 1.-
-Davverooooo? Che bello.... ma... perché stai piangendo mamma?-
Françoise non si era accorta che le stava venendo giù una lacrima. Suo figlio stava ammirando anche le foto sulla grande mensola vicino alla porta del bagno da una distanza di quasi tre metri. L'emozione e la tristezza che stava provando con suo figlio, in quella che era stata la sua stanza condivisa con l'amore della sua vita, stava diventando fortissima.
-Niente tesoro, forse sono emozionata ad essere qui con te.-
-Mamma, posso farti una domanda?-
-Avrò un altro papà un giorno?-
-Perché mi chiedi questo? Tu hai già un papà.-
-Mamma, lo so che il mio papà non mi vuole più perché un giorno avrò tanta forza come te. Vi ho sentiti litigare tante volte. Anche se parlavate piano, io... vi sentivo dalla mia cameretta. E tu eri sempre tanto arrabbiata con lui. Gli hai detto tante cose brutte. Non sono tanto piccolo, certe cose le capisco anche se sono cose da grandi.-
-Tesoro, mi dispiace per tutto questo. La mamma e il papà hanno sbagliato. Ma ti vogliamo bene.. io ti voglio tanto bene e, quello che ho fatto o detto, è sempre stato per il tuo bene. Ricordatelo sempre.-
-Lo so mamma.-
-Io voglio solo che tu sia felice.-
-Ma io lo sono mamma. Ho te, i nonni, tanti zii e tanti amici che mi vogliono bene. Ma io voglio che anche te sia felice, e che trovi un fidanzato nuovo, così io avrò un altro papà che mi vorrà tanto bene.-
-Sei straordinario tesoro mio.-
-Mamma, posso dirti una cosa?-
-Dimmi amore.-
-Se avrò un nuovo papà lo vorrei come Joe, così, se fa il pilota, mi porta con se a fare le corse.-
Françoise era allibita, ora si che stava piangendo. Aveva un figlio meraviglioso. Non che non lo sapesse ma quella sera era stata speciale per lei. Aveva un angelo come figlio, che l'aveva emozionata a tal punto che lo abbracciò e lo tenne stretto per qualche minuto senza riuscire a staccarsi da lui che aveva messo le sue braccine al collo di lei stringendola con tutta la forza che aveva. Si staccarono, lei gli rimboccò le coperte e gli stampò sulla fronte il bacio della buonanotte.
-Ora dormi amore mio. Buonanotte.-
-Notte mamma.-
Fu una notte molto agitata per Françoise. Quando riuscì ad addormentarsi era quasi l'alba.
"Xavier.... XAVIER NON CORRERE...JOOOOEE... JOOOEEE, NON ANDARE VIA, RESTA QUì... TI PREGO..."
-Mamma... mamma... mamma. Svegliati.-
-Co... cosa... che è successo?-
-Mamma, sono io.-
-Tesoro, che è successo? Hai avuto un incubo?-
-No mamma, eri te che gridavi, mi hai svegliato. Hanno bussato anche alla porta e ti hanno chiamata.-
Françoise, un po' frastornata si alzò dal letto e aprì la porta. Era il dottor Gilmoure che l'aveva sentita gridare.
-Cara, tutto bene? Ti ho sentita gridare. Forse hai avuto un incubo?-
-Credo di si, anche lui me lo ha detto prima. Amo...-
-Si è riaddormentato.-
-Si, povero piccolo. Devo averlo svegliato nel sonno.-
-Bene, allora se è tutto a posto, torno a dormire.-
-Grazie professore.-
Poche ore dopo erano già le dieci. Anche se aveva un gran mal di testa, si alzò per preparare la colazione. Il professore, come di consuetudine, si era già alzato da qualche ora.
Xavier scese anche lui e prese , insieme ad Ivan, il suo latte con i biscotti.
-Scusami per stanotte amore. La mamma non si è sentita bene.-
-Mamma, lo hai chiamato nel tuo sogno... molte volte.-
-Chi... chi ho chiamato tesoro?-
-Il tuo vecchio fidanzato... Joe. Gli hai detto di non andare via... ti ho sentita.-
-Xavier... è stato solo un sogno... anzi, un incubo.-
-Si, ma gli hai detto di restare con noi. Sembrava tu stessi piangendo.-
Françoise esa sempre più stupida da quante cose riuscisse a capire suo figlio e, di riflesso, guardò Ivan il quale, telepaticamente, gli rispose che rientra tutto nella normalità, che non doveva preoccuparsi e che, se avesse avuto bisogno, li avrebbe aiutati lui stesso. Françoise lo ringraziò. Era confortante avere sempre degli amici su cui poter contare.
-Tranquillo tesoro mio, la mamma sta benissimo. Forza, mangia che poi andiamo a giocare con Ivan in giardino.-
-Faccio velocissimo.-
I bimbi uscirono fuori correndo e scherzando. Sembravano davvero due fratellini. Anche Ivan era felicissimo di avere finalmente un po' di compagnia. Il dottor Gilmoure aveva cercato di convincerlo a farsi adottare ma lui si era sempre rifiutato, voleva restare con professore a tutti i costi ma...era pur sempre un bimbo. Françoise e Gilmoure ne avevano parlato molte volte, giungendo alla conclusione che 001, in cuor suo, aveva paura, solo tanta paura e non era ancora pronto.
all'ora di pranzo...
-Oggi giochiamo ancora un po' e poi riposiamo. Stasera dobbiamo andare  nella casetta che abbiamo affittato, e domani mattina andiamo ad un meraviglioso e grandissimo parco giochi dove ti farò fare tutti i giri che vorrai. Mentre, nel pomeriggio, andremo al parco di Ueno, a vedere l'Hanami. Ti piacerà, vedrai.-
 -Davvero? Che bello mamma. Al parco giochi, non vedo l'ora. Ma... cos'è l'Hanami?-
-L'Hanami è un termine giapponese che vuol dire "guardare i fiori". E' una tradizionale usanza giapponese di godere della bellezza della fioritura primaverile dei ciliegi che, nella lingua di questo paese, vengono chiamati Sakura. E noi ammiriamo la fioritura mentre facciamo un bel picnic all'ombra dei Sakura in fiore. Per fare questo dobbiamo ricordarci di portare un grande telo di colore azzurro, come di tradizione popolare. La mamma c'è già stata qualche volta. Ti assicuro che sarà bellissimo.-

 

Capitolo 19

La casetta affittata da Françoise era piuttosto piccola ma confortevole. Era molto vicina al parco di Ueno, tanto che potevano benissimo andarci a piedi. E il parco giochi tanto sospirato da Xavier, era anch'esso vicinissimo. La sera, dopo un po' di Tv, andarono a dormire abbastanza presto. L'indomani sarebbe stato impegnativo anche se molto eccitante e divertente per entrambi.
Ed infatti, la mattina dopo...
-Sei pronto tesoro?-
-Si mamma, possiamo andare.-
Françoise aveva messo in una grande borsa, tutto l'occorrente per la merenda, il telo, rigorosamente azzurro, una palla ed una macchina fotografica, comprata nuova per l'occasione. Aveva deciso che sarebbe stata una giornata bellissima da passare insieme, da ricordare per entrambi, e l'avrebbe immortalata attraverso scatti bellissimi di lei e di suo figlio. 
Si cominciò con l'andare al grande parco dei divertimenti. Il piccolo Xavier aveva un sorriso talmente soddisfatto che a Françoise piacque tanto. Erano mesi che non vedeva suo figlio felice come in questi giorni, da quando aveva trascorso del tempo con Ivan e su tutte quelle giostre. Non ne aveva saltata una, gli piacevano tutte. Anche lei si dilettò a farne qualcuna assieme a lui. Sembrava essere tornata bambina, in certi momenti, non sapeva se si stesse divertendo più lei o suo figlio. Poco importava, gli splendidi sorrisi di entrambi la dicevano lunga su come la giornata passava lieta e serena. Alla fine, non senza alcune proteste del bambino, Françoise decise che poteva bastare. Era il momento di andare al Parco Ueno, distante poche centinaia di metri. La folla di turisti era impressionante. Da ogni parte del mondo accorrevano a quel meraviglioso evento. Si respirava un'atmosfera surreale, di serenità e di rispetto verso la natura di quel posto, così generosa agli occhi di tutti i presenti accorsi per l'occasione. Lo spettacolo era magnifico. Françoise e Xavier iniziarono il loro picnic sotto l'ombra di un Sakura. Scattarono diverse foto, alcune davvero buffe e divertenti. Era tutto perfetto. Françoise pensava di essere davvero fortunata ad essere lì con suo figlio.
-Ehi, ma non abbiamo fatto ancora una foto insieme, tu ed io.-
-Facciamola mamma. Una bella foto buffa, ti va?-
-Certo che mi va. Dobbiamo trovare qualcuno che ce ne faccia una.-
-Chiedo io mamma.-
-Devi chiederlo in giapponese? Te lo ricordi?-
-Certo mamma, lo sai che sono super intelligente io.-
Françoise, anche se Xavier era nato in Francia, aveva sempre voluto che lui crescesse sapendo parlare, oltre al francese, anche altre lingue. Lei quindi gli parlava sempre sia in inglese sia in giapponese, pensando potesse essergli utile in futuro.
-Lo so... lo so... chiedi a quella coppia di fidanzati.-
Il piccolo Xavier si avvicino gli si avvicinò e con due colpetti sulla gamba del ragazzo...
-Gomen'nasai... gomen'nasai. Watashitachi no shashin o totte moraemasu ka?- (Scusate, scusate, potete farci una foto?)
-Ōkina yorokobi de.- (Con molto piacere)
La foto fu assolutamente buffa come voleva Xavier, facendo le tradizionali linguacce.
-Mamma, giochiamo un po' a palla?-
-Amore mio, c'è tanta gente, non so se è il caso...-
-Dai mamma, giochiamo piano, starò attento... te lo prometto.-
-Va bene, ma solo un po'.-
Françoise proprio non ce la faceva a dirgli di no. Ma, mentre giocavano, Xavier calciò la palla un po' troppo forte che colpì la schiena di un ragazzo che stava parlando con una ragazza.
-Mamma, scusami... vado a prenderla io.-
-Non devi scusarti con me, ma con quel ragazzo. Su, ora vai a riprenderla.-
-Sumimasen, bōru (scusi signore, la palla)
Il ragazzo si girò, si abbassò verso di lui e, molto gentilmente....
-Shizukana akachan, kore ga anata no bōrudesu.- (tranquillo piccolo, ecco la tua palla)
-Arigatō.- (grazie)
Il piccolo Xavier, quando guardò negli occhi quel ragazzo ebbe un piccolo sussulto...
-Tu sei Joe... si... sei Joe. Io ti ho riconosciuto… in quelle foto.-
Xavier gli si gettò addosso e lo abbracciò. Joe restò di stucco. “Ma come fa a sapere il mio nome?”
Sentire le sue piccole braccine intorno alle sue gambe lo fece quasi emozionare. Non si spiegò il perché, possibile che quella creatura lo conoscesse? Ma poco dopo, istintivamente, ricambiò lentamente il suo gesto carezzandogli la testa. Si abbassò per guardarlo meglio e restò un attimo a fissarlo negli occhi. Stava per dire qualcosa, ma il bambino non gli dette nemmeno il tempo di dire una parola che, come se fosse la cosa più naturale del mondo, gli disse…
-Vieni, ti porto dalla mia mamma. Le faremo una sorpresa. Chissà come sarà contenta di vederti.-
Il bambino gli sfoggiò un sorriso al quale Joe restò imbambolato.
-Akira, conosci questo bambino?-
-No, credo di no...-
-E perché ti sta prendendo la mano?-
-Piccolo, calmati. Dov'è la tua mamma?-
Françoise si sedette un attimo e si guardava intorno. Lo spettacolo dei Sakura è sempre stato affascinante. Poi tornò di nuovo con lo sguardo verso suo figlio e notò che stava chiacchierando con un ragazzo fermo in ginocchio che teneva la palla in una mano voltato dalla parte opposta alla sua e quindi non ne vedeva il volto.
Joe lo stava guardando tra il sorpreso e l'incuriosito mentre Xavier gli stava stringendo la sua mano rimasta libera afferrandola con entrambe le sue e cercando con ogni mezzo di farsi seguire.
Xavier, non era intimorito. Era sicuro che fosse Joe, era convinto di averlo riconosciuto. Sapeva che era una brava persona dalle tante cose di lui che gli aveva detto sua madre e sentiva di non correre alcun pericolo. Mentre il bambino aveva fatto alcuni progressi con la grande mano di Joe attirando la sua attenzione, il ragazzo si fermò più a lungo a guardarlo e, all’improvviso, ebbe come una fitta al cuore. Si, gli stava battendo come non mai. Aveva capito tutto... o almeno aveva intuito qualcosa. Quegli occhi azzurri, quei capelli biondi e mossi, quella carnagione chiara e quel sorriso di prima. Gli passarono davanti agli occhi anni e anni di ricordi di felicità ma anche di tristezza infinita. Si alzò in piedi senza distogliere lo sguardo dal bimbo. In un primo momento pensò di desistere, ma il suo sorriso, il suo sguardo solare e sincero che gli ricordava tanto quello di lei lo convinse a seguire quella piccola creatura che tanto interesse aveva nutrito per lui. Guardò la ragazza che era con lui solo per un istante ma quanto basta per inviarle un chiaro messaggio. ”Voglio andare con lui.”
-MAMMAAAA... MAMMAAAA.-
-XAVIERRR... SONO QUI.... ECCOMI!-
Françoise, che stava camminando verso di lui, vide Joe e suo figlio venire verso di lei mano nella mano. Le sembrò che una lama le stesse trafiggendo il cuore. Joe, appena la vide, sbiancò di colpo, gli sembrò che il cuore gli si fosse fermato. Si stavano guardando fissi negli occhi con Xavier che teneva Joe ancora per la mano. Nessuno si curò della ragazza che era con Joe/Akira, nemmeno lui. Quando furono ad una distanza di un metro circa Joe si fermò.
-Visto mamma chi c'è? Sono stato bravo?-
-S...se...sei stato bravissimo piccolo, la mamma è orgogliosa di te.-
-Fra... Françoise.-
-Joe...Joe...-
Françoise guardò Joe, il quale, dire che fosse impietrito era dir poco. Lasciò la palla cadere per terra, l’aveva quasi ammaccata da quanto si era irrigidito.
L'altra ragazza, invece, era visibilmente irritata, oltre che molto a disagio. Quel nome...lui le aveva raccontato di lei, della loro storia sofferta, anche se non tutti i dettagli. Del resto, era il motivo per il quale lui non voleva saperne di nessuna, nemmeno di lei.
-Allora è lei, Françoise! Finalmente ci conosciamo. Akira, sempre se quello è il suo vero nome, mi ha parlato molto di te.-
-Ehm.... Françoise, lei è Kaoru. Kaoru, lei è Françoise Arnoul, una mia...una mia...-
-Lascia stare, ti prego. La situazione è già abbastanza imbarazzante. Se sono vere solo la metà delle cose che mi hai raccontato, credo che dovreste restare da soli. Me ne torno a casa così potete parlare liberamente. Chiamami, se vuoi, non appena torni su questa terra. E' stato bello conoscerti, Françoise.-
Françoise non riuscì a dire altro se non un informale “anche per me”.
-Kauru, aspetta...- La voce di Joe non sembrò nemmeno essere ascoltata dalla ragazza che non si voltò neppure.-
Kaoru se ne andò all'istante, aveva ben compreso che era di troppo e non voleva rendersi ridicola. Un solo sguardo di Joe le era bastato per capire che in realtà lui desiderava quello, che se ne andasse. I suoi occhi avrebbero guardato solo Françoise. Poi, di punto in bianco, il piccolo Xavier tornò subito alla carica...
-Ma... non vi abbracciate? Non vi baciate? Questo vuol dire che non vi volete più bene... ma allora...-
Il piccolo mise il broncio. Joe lo guardò, gli sembrava di vedere lei. Aveva tutto di lei.
-No Xavier, non è così... la mamma vuole sempre molto bene a Joe. E anche Joe ne vuole tanto alla mamma.-
Françoise riusciva a stento a trattenere le lacrime, si era irrigidita di fronte a lui, mentre Joe, era come se avesse visto un'aliena, una bellissima aliena e non riusciva a dire niente, assolutamente niente se non una piccola richiesta...
-Françoise, mia piccola e dolce Françoise. Sei sempre più bella, anche dopo tutto questo tempo. Posso... avere  un tuo abbr.-
Non fece nemmeno in tempo a finire la frase che se la ritrovò tra le braccia con un impeto che lo fece quasi vacillare. E d'istinto, il piccolo Xavier si unì all'abbraccio stringendo i jeans di lei e i pantaloni di lui. Era incredibile come quel bimbo mostrasse tanta sensibilità e dolcezza.
Françoise scoppiò a piangere, Joe fece quasi lo stesso. La stretta del loro abbraccio fu tale che niente e nessuno poteva separarli.
-Perché piangete? Non siete felici? Sono stato bravo?-
-Sei stato bravissimo Xavier.- Disse lei…
Joe, a sentire quel nome gli scappò un sorriso, era il nome che lui avrebbe voluto dare a suo figlio.
-Non sei stato bravissimo, sei stato super bravissimo.- Aggiunse lui…
-Mi...mi dispiace, quella è la tua ragazza?-
-No, e non preoccuparti di lei ora. Sono così felice di vederti... di vedervi. Ma... se hai un bambino...-
-Joe, se hai un po' di tempo per me e per noi, ti racconterò ogni cosa.-
-Ho tutto il tempo che vuoi Françoise.-
-Sono felice, allora andiamo.-
-E tu...rimani lì o vieni con noi?- Disse Joe rivolto al piccolo...
-Vieni amore, andiamo a casa.-
-Ma viene anche Joe?-
-Se mi vuoi a casa tua, io vengo molto volentieri.-
-Si, certo che ti voglio.-
-Tesoro, ora dammi la mano senza allontanarti, va bene?-
-Posso dare una mano anche a Joe?-
-Certo che puoi darmela, sono io che la chiedo a te.-
-Che bello, sono in mezzo. Mamma, posso far vedere a Joe quanto sono forte?-
Joe e Françoise si scambiarono uno sguardo d'intesa... Joe aveva perfettamente capito la natura del bimbo... non vedeva l'ora....
-Si amore, stringi forte, con tutta la forza che hai.-
Il bimbo strinse la mano di Joe con vigore e Joe sorrise invitandolo a stringere ancora più forte.
-Tutto qui? Io non ho sentito niente...- Xavier accolse la sfida....
-L'hai voluto tu...GRRRRRRR.-
-Accidenti, quanto sei forte. Se continui così diventerai forte come me.-
-Tu sei forte?-
-Si, sono il più forte.-
-Wow... mi fai vedere?-
-Ehm... tesoro. Ora Joe sarà stanco e non può farti vedere tutta la sua forza. Proveremo un'altra volta, va bene?-
-Va bene mamma.- Mugolò dispiaciuto.
Appena tornarono alla casetta che Françoise aveva affittato, Xavier non dava respiro a Joe. Gli fece fare qualsiasi gioco che gli veniva in mente.
-La mamma mi ha detto che facevi il pilota di formula 1.-
-Si, la mamma ti ha detto la verità.-
-Mi racconti delle tue corse? Quante gare hai vinto?-
-Moltissime, andavo molto forte.-
-Davveroooo?-
-Si, davvero.-
Françoise ascoltava i due che parlavano tra loro di "cose da uomini". Come Joe, sapeva che avevano moltissime cose da dirsi, da chiarirsi, ma il piccolo aveva ottenuto il centro del palcoscenico, catturando l'attenzione tutta per se.
Era quasi ora di cena e Joe fece per alzarsi dal divano, fece cenno a Françoise di vedersi domani ma Xavier lo precedette.
-Perché ti sei alzato?-
-Beh, devo tornare a casa mia, e tu tra poco devi mangiare.-
-Devi tornare da quella signorina?-
-No piccolo, lei abita a casa sua.-
-Allora non siete fidanzati?-
-No, siamo solo amici.-
-Lei ti vorrebbe come fidanzato, vero?- Mugolò imbronciato. Poi proseguì...
-Ma tu non devi stare con lei. Guarda la mia mamma, lei è più bella e più gentile.-
Françoise arrossì come un peperone, decisamente suo figlio era molto sveglio, per avere quasi cinque anni. Joe se ne accorse e rincarò la dose.
-Tua mamma per me è la donna più bella e gentile del mondo.-
-Allora... resta con noi, così poi un giorno vi sposate e io avrò un altro papà, uno forte come me.-
-Sicuro che tu... quando hai detto che li compi cinque anni?-
-Il 20 maggio, e tu devi farmi un bel regalo.-
-Allora tu lo farai prima a me, io sono nato il 16 maggio, quindi prima di te.-
-Joe, se devi andare vai pure. Ci parlo io dopo con lui.-
-Si, meglio che torni a casa, Xavier deve mangiare.-
-Ma… se non hai impegni potresti restare con noi.-
-Non vorrei disturbare.-
-Disturbare??? Ma... Joe. Davvero pensi questo?-
-Françoise, meglio che vada. Non credo sia utile per il bambino che rimanga. E poi...tu...-
-Io? io... io... voglio che tu resti qui...con noi... con me.-
-Sei sicura?-
-Joe!.- Lo guardò in un modo che lui conosceva molto bene e che lo fece desistere subito dall'andarsene.
-Resto molto volentieri.-
-Evvivaaa. Esultò Xavier.-
Dopo la cena Xavier era crollato sul divano sulle gambe di Joe che era rimasto davvero affascinato dall'intelligenza e dalla vitalità di quel bambino. Stava fantasticando tante cose tutte insieme..."Il figlio che non ho mai avuto, ecco chi sei tu".
-Lo porto in camera sua. Povero piccolo, oggi è stata una giornata davvero intensa per lui.-
-No, voglio farlo io, per favore.-
-Va bene. Seguimi.-
Joe prese il braccio Xavier e lo portò nella cameretta. Lo adagiò dolcemente nel suo lettino, gli rimboccò le coperte e... poi fece un gesto come per baciarlo ma si ritirò subito... non voleva essere inopportuno.
-Se vuoi puoi farlo, ti conosco bene, so che vorresti farlo.-
-E' davvero un dono dal cielo questo bambino.-
Non ce la fece più e lo baciò sulla fronte. Françoise ci mancò poco che le scendesse una lacrima dall'emozione. In quelle poche ore, Joe gli aveva dato tanto amore. Lo sentiva uguale a lui. E suo figlio era completamente stregato da lui. "Finalmente sto vedendo il vero Xavier, il mio meraviglioso bimbo che non deve trattenersi, che sorride per una banalità, che usa la sua forza orgoglioso di ciò che è, che parla di cose futili e stupide senza aver paura di essere giudicato, che fa mille domande e ha tutte le sue risposte. Tutto per merito di quel ragazzo che è Joe...il mio Joe. Se avevo qualche timore che fosse cambiato, ora.. vedendolo, so che è sempre l'uomo che amo. Chissà se lui prova la stessa cosa per me, soprattutto ora che ho un figlio. Joe... quando ti ho sognato. Quanto ti ho desiderato. Ora che faremo? Cosa succederà? Ti rivedrò? Ho bisogno di capire... devo sapere se ancora ci apparteniamo. Io dubbi non ne ho mai avuti." Accostarono la porta e tornarono in salotto. Erano seduti di fronte, ora l'imbarazzo era totale. Quante domande, quanti pensieri in quei silenzi e in quegli sguardi che si susseguirono in quegli istanti. Non era semplice rompere il ghiaccio, per nessuno dei due. Fino ad un attimo fa, la spensieratezza e la vivacità del piccolo Xavier avevamo allentato il palpabile imbarazzo esistente tra i due ragazzi. Entrambi erano consapevoli di questo. Ora dovevano solo far parlare i loro cuori. Non che fosse facilissimo, intendiamoci.
Esordì lei, con la prima cosa che le venne in mente... e anche per togliersi alcuni dubbi.
-Joe, mi dispiace per la tua ragazza. Ho intuito che deve esserci rimasta male oggi.-
-Françoise, Kaoru non è la mia ragazza, è solo una buona amica.-
-Joe, andiamo, non ci credi nemmeno tu.-
-E' così. L'unica differenza con le altre con cui sono uscito è che oggi era la terza volta che ci vedevamo, tutto qui. Non credo basti per innamorarsi di qualcuno.-
-Sei sempre il solito... non cambierai mai. Non vedi mai quello che è evidente per gli altri. Quella ragazza è cotta di te. Le donne non mostrano gelosia se non hanno un buon motivo.-
-Mi spiace per lei, non so che farci. Domani vedo di passare da lei per dirgli che non possiamo vederci più. Dopotutto, tranne un bacio, non è successo niente tra noi.-
-Non capisco tutta questa fretta di troncare ogni rapporto con lei.-
-Françoise!.- La guardò anche lui con un espressione che lei sapeva a memoria al ché non disse altro. I suoi occhi le avevano già detto ciò che in realtà desiderava da quando l'aveva rivista. Pur sapendolo, e seppur condividendo in pieno questi sentimenti riapparsi e mai andati via, sapeva che non era ancora il momento di spingersi oltre. Le cose sarebbero venute fuori da sole. Come sempre in passato. Ed infatti...
-Tu piuttosto.-
-Io cosa?-
-Hai un bellissimo bambino, fatto, devo dire con gioia, a tua immagine e somiglianza. Ha tutto di te. Mi stavo chiedendo... il padre... è rimasto a casa per lavoro, aveva altri impegni... perché non è qui con voi?-
-No, non è con noi, perché io non ho fatto niente per impedirgli di non di esserci.-
-Ho capito, non ha funzionato. Posso chiederti il perché?-
-Non ti piacerà la mia risposta.-
-Quindi non hai mantenuto la promessa che mi avevi fatto.-
-Non è esatto. Diciamo che l'ho mantenuta a metà.-
La guardò un po' stranito, quell'affermazione non gli era molto chiara in testa. Françoise se ne accorse subito e proseguì...
-Dopo la tua scomparsa, niente per me aveva senso, tranne, forse, fare quell'intervento. E piano piano mi sono decisa. Quella scelta, se ben ricordi, era già parte della promessa. E quando mi hai lasciata sola su quell'aereo diretto a Parigi, ero distrutta. Sapere che ti avevo perso per la seconda volta e in quel modo... non so quant'ho pianto a causa tua. Pur sapendo che il tuo gesto era dettato dall'amore che provavi per me. Come sempre hai voluto decidere per tutti e due. Un'altra volta ancora. Mi sono sentita impotente, ero furiosa, ma non sono mai riuscita ad odiarti, anzi... avevi ottenuto solamente di farti amare ancora di più. Ma sapevo che era definitivamente finita e ho cercato di voltare pagina. Ho finito tutti i cicli di controlli, il mio organismo aveva reagito meglio del previsto. Avevo la possibilità di avere un bambino, con l'unico problema che non sarebbe stato il tuo. Ho guardato avanti e mi sono convinta a rifarmi una vita. Ho conosciuto Pierre... su grande insistenza di Cathrine. All'inizio, con lui, andava tutto bene fino a quando ho capito che non avrei mai amato nessun altro uomo a parte te. Avevo Xavier, lui era tutto il mio mondo. Ti sembrerò stupida ma per me era come se me lo avessi donato tu, col tuo gesto d'amore. Io l'ho visto sempre come figlio tuo... non so spiegartelo ma... è quello che sentivo... e che sento ora che sei qui davanti a me. Te lo giuro, ho tentato di farmi una vera famiglia, ma ci sono riuscita solo a metà. Quindi è più esatto dire che non ho mantenuto tutta la promessa che ti avevo fatto ma solo metà promessa e… un pezzetto.-
-Mi hai fatto venire il mal di testa ma... è tutto chiaro.- Gli sfuggì un piccolo sorriso al ché venne da sorridere anche a lei...
-E tu invece cosa hai fatto in questi sei anni?-
-Dopo la tua partenza sono tornato nell'unico luogo dove mi sono sentito più al sicuro e che non avesse nessuna cosa in comune con te.-
-Quindi sei tornato In Russia.-
-Si, ho passato molto tempo con Lud. L'ho portata anche a Roma. Quando mi ha rivisto era felicissima. Era molto dispiaciuta della mia scelta, ma mi ha compreso. Se non ho capito male, tornerà e resterà a Parigi. E' sola, in quel luogo sperduto, e sua cugina è l'unica parente che gli è rimasta.-
-Avrei voglia di rivederla, sai? Non l'ho mai ringraziata abbastanza per tutto quello che ha fatto per te. E' una gran donna, dico davvero.-
-Puoi ben dirlo.-
-Joe, dobbiamo affrontare ancora quel discorso su tutto quel denaro che mi hai lasciato.-
-Va bene, ma so già che un po' mi arrabbierò.-
-Perché dici questo? Io ho fatto quel che sentivo di fare e che credevo andasse bene anche a te.-
-Non esattamente.-
-Joe, erano parecchi soldi. Una parte li ho donati alla fondazione che tu hai aperto a nome di tua madre. Altri per l'associazione a scopo benefico che opera in Africa Del Sud. Stanno costruendo ospedali, scuole, portano l'acqua potabile.-
-Non sto parlando di questo Fran. Tu sei stata meravigliosa. Io mi riferisco a... non hai fatto l'intervento che mi aspettavo. So tutto. Ti sei molto limitata e mi chiedo il perché.-
-Joe, quello che volevo era poter avere dei figli, come già avevamo parlato. Si, è vero. Dovevo andare avanti ma... anche se tu non c'eri più, non ce l'ho fatta. Se avessi fatto tutto quello che era possibile fare, dentro di me era come rinnegare la mia stessa natura di cyborg, la nostra natura, quella che mi ha dato modo di incontrarti. Era come se mi pentissi di averti conosciuto, ma io sono felice, orgogliosa di averti trovato e non rimpiango niente. Ho investito parte di quei soldi sotto la guida di consulenti svizzeri e ho intestato tutto a Xavier, con me quale tutore legale. Ma quei soldi sono diventati ancora di più, molti di più. Ho chiesto anche a Jet di darmi qualche consiglio. Nessuno ne è a conoscenza, a parte tu ed io. Lui sarà un bambino molto ricco in futuro.-
-Hai detto delle cose bellissime... non avevo pensato a tutto questo... mi dispiace.-
-Era il minimo che potessi fare. Joe... non ho mai perso la fede. Ma se ti servono quei soldi non c'è problema... io...-
-Ma no... che dici. E' giusto che li abbia il bambino. E poi... lo sai anche tu che, per noi due, l'ultimo dei problemi, sono sempre stati i soldi.-
-Si, hai perfettamente ragione.-
-Ma dimmi... a parte dare alla luce quello splendido bambino cos'altro hai fatto? Avevi ricominciato a danzare?-
-Certo, l'amore per la danza è radicato in me ma Xavier mi occupa molto tempo. Ed ora che sono sola, devo  organizzarmi meglio, altrimenti dovrei pagare i miei per il servizio completo di baby-sitter... anche se stravedano per Xavier.-
-Li capisco, tuo figlio è davvero straordinario. Ma c'è ancora una cosa che vorrei chiederti, qualcosa che non sapevo di doverti chiedere quando ti ho rivista in Francia durante il mio periodo buio.-
-Temo di intuire a cosa ti riferisci. Tu vuoi sapere perché non ti ho detto dell'operazione.-
-Ora ti metti anche a leggermi nel pensiero?-
-No, non riesco a farlo. E non riuscirei nemmeno a leggerti nel cuore, te lo dissi già quella volta sulla spiaggia vicino al laboratorio del dottor Cosmo prima di partire con Saba per lo spazio. Ma ti conosco troppo bene per saper leggere nei tuoi occhi quel che ti passa per la testa.-
-Si ma... non mi hai ancora risposto...-
-Non ti dissi niente perché desideravo dimenticare ogni cosa, volevo ripartire da capo con te. Ti avevo promesso che avrei fatto l'intervento se tu non fossi tornato e così ho fatto. Avevo perso le speranze ma ti avevo dato la mia parola e dovevo rispettarla. Ma poi, quando ho sentito la tua voce inconfondibile parlare con quel tuo tipico accento francese, una lama mi è penetrata nel cuore e ho creduto di morire. Quando mi sono resa conto di quel che ti era successo mi sono sentita come paralizzata ma, ad essere sincera, una parte di me era felice, felice perché avevo la possibilità di azzerare tutto. Volevo che tu ricordassi, certo, quello era logico. Ma volevo cancellare la parte riguardante la mia operazione perché sapevo come la pensavi. Ero sicura che, prima o dopo, quel lato di te così autodistruttivo, certo di fare la cosa giusta per il mio bene, avrebbe preso il sopravvento e si sarebbe inventato qualcosa per allontanarmi, essendo convinto che la mia vita sarebbe stata più felice senza di te. E guarda caso, ci avevo indovinato.-
-Si, ci avevi preso in pieno. Ma dovevo farlo, e anche in questo momento, quella parte di me ne è sempre convinta. Ma... forse ora sta ammettendo a se stessa che inizia a non essere un caso se il destino ci ha fatto ritrovare un'altra volta.-
-Allora.. questo vuol dire che, finalmente, quella parte autolesionista di te si è resa conto che deve andare d'accordo con tutte le altre che dicono il contrario.-
-Si, decisamente ha capito.-
-Quindi TU hai capito.-
-Credo di si.-
-Posso sapere cosa?-
-Ho capito tre cose per essere precisi: la prima, che il tuo ex, se non ha lottato con tutte le sue forze per una donna come te, è solo un demerito coglione; la seconda, che hai un bambino meraviglioso di cui lui non  capisce né accetta la sua vera natura. Spero di sbagliarmi. E questa, a mio parere, è ancora più grave della prima. Ecco quel che ho capito.-
-Non ti sbagli su niente. Ma tu avevi detto tre cose, quale è la terza?-
Lui la guardò negli occhi nel suo tipico modo, intenso e profondo in cui lei, anche dopo tutto questo tempo, riusciva a perdersi ogni volta.
La luce soffusa dell'abat jour sul tavolino del salotto, faceva da cornice ad un atmosfera magica che si stava man mano creando in quegli sguardi tra i due. Françoise iniziò a tremare ed il cuore le stava battendo talmente forte che, fosse stata lei al posto di Joe, l'avrebbe sentito benissimo. Joe, dal canto suo, era timoroso ed impacciato. Sapeva ciò che il suo cuore avrebbe voluto dire, ora il difficile era trasmetterlo alla propria bocca e dargli alito.
"Appena ti ho vista venire verso di me, è come se una lama mi avesse trafitto il cuore. Ho sempre ripetuto a me stesso di aver fatto la scelta giusta. Ma ora, tutto mi sembra così sbagliato. Mentre è giusto che abbia una voglia matta di abbracciarti e fare l'amore con te. Quanto mi sei mancata mia dolce Françoise... non immagini nemmeno quanto. Devi dirglielo... coraggio Joe."
Si avvicinò piano piano a lei, le prese la mano e l'aiutò ad alzarsi dalla poltrona in cui si era seduta davanti a lui. Lei non aspettava altro e si alzò, erano davanti l'uno all'altra, i loro visi a pochi centimetri , Joe le accarezzò la guancia un po' rigata da una lacrima appena scesa, asciugò la lacrima con le sue dita, lei gli mise le braccia al collo, respirando quel suo profumo tipico che, da sempre, la inebriava e si baciarono. Un bacio dolcissimo, ma carico di passione che durò molto tempo, tanto che rimasero entrambi senza fiato. Appena si staccarono...
-Françoise, posso farti una domanda?-
-Joe...-
-Quando sei venuta qui a Tokyo, tu speravi di incontrarmi? Non mi offendo se mi rispondi che il nostro incontro è stato solo... casuale.-
-Joe, dentro di me si... ci speravo. Non so perché... forse ti sembrerò matta ma ci speravo. Non ho mai smesso di sperarci.-
-Allora posso anche dirtelo.-
-Cosa?-
-La terza cosa che ho capito... che ho cercato di dimenticarti con tutte le mie forze ma mi è bastato rivederti un solo istante per capire che in realtà non voglio questo... non l' ho mai voluto.-
-Cosa vuoi Joe? Cosa desidera il tuo cuore?-
-Ho paura Françoise. Sono terrorizzato da quello che potresti rispondermi se ti esprimessi ciò che ho dentro.-
-Joe, se è quello che penso io, non hai motivo di temere niente da me perché.... perché io... io non ho mai smesso di pensare a te, ogni giorno, ogni notte. Amore mio, eri sempre nei miei pensieri.-
-Non voglio separarmi da te... mai più.-
Gli occhi di Françoise si illuminarono di luce intensa, un sorriso raggiante affiorò nel suo viso.
-Mai più. Nemmeno io lo voglio. Je t'aime Joe, non ho mai smesso di amarti.-
 -Aishiteru, Françoise, nemmeno io ho mai smesso di farlo.-
-Voglio fare l'amore con te, Joe. Fammi tua, come solo tu sai fare.-
-Amore mio, ti desidero da impazzire.-
Iniziarono a baciarsi, questa volta con più impeto, più frenesia. Senza staccarsi, finirono in camera da letto. Si amarono intensamente facendo in modo di assaporare ogni attimo di quella passione che da molto tempo era mancata ad entrambi. E mentre si lasciavano andare all'estasi anche i loro corpi nudi si erano perfettamente ricordati di appartenere l'uno all'altra fino ad esplodere e fluire insieme in un languido calore dentro di lei. Si abbracciarono, come facevano sempre, dopo aver fatto l'amore, si coccolavano, si accarezzavano, si baciavano dolcemente. La notte era ancora lunga.
Sfiniti nell'anima e nel corpo, si abbandonarono ad un dolce abbraccio.
Françoise si avvinghiò a lui appoggiando la testa sulla sua spalla, accarezzandolo dolcemente e infilando  la mano nei suoi capelli.
-Hai sonno?-
-Un po' si Joe, ma non voglio ancora dormire.-
-Tutto bene?-
-Non potrei stare meglio. Non puoi nemmeno immaginare quanto mi è mancato tutto questo. Quanto mi è mancato tutto di te. Ogni singola cosa, ogni gesto. Non mi sono mai sentita amata come mi ami tu, e nessuno potrà mai amarmi completamente come sai amarmi tu.-
-Mi sei mancata tanto anche tu, ogni singolo giorno.-
-Hai capito adesso perché non ho potuto mantenere completamente quella promessa? Per farlo, forse avrei dovuto io perdere completamente la memoria e non rivederti mai più. Forse, in quel caso ...e dico... forse.-
-Françoise, dimmi. Domani cosa succederà?-
Françoise non si aspettava una domanda del genere, per lei era scontato che sarebbero andati via insieme, ma, sotto quel punto di vista, era cambiata, maturata. Non era la ragazza indecisa e facilmente trascinabile di qualche anno fa. La sofferenza patita, la nascita del figlio, la nuova quotidianità, l'avevano rafforzata caratterialmente, era una donna ormai, decisa e ben conscia di ciò che desiderava. E, in quel momento, anche davanti a Joe sentiva di avere la risposta pronta, doveva usare l'istinto, non la ragione. Troppe volte, in passato, la ragione aveva preso il sopravvento e non sempre l'aveva aiutata a fare la scelta giusta.
-Io ho già una certa idea di quel che vorrei succedesse. Ma voglio sentire anche la tua opinione.-
-Françoise, io vorrei essere sicuro, ma non so se per te è un bene stare con me, ora che sei... diversa. Non voglio che ti leghi a me in ricordo del passato. Ora tu puoi pretendere molto più di un cyborg come me.-
Alzò di colpo la testa dall'incavo della sua spalla, accese la luce e lo fulminò con lo sguardo.
-Ti sei forse pentito di aver fatto l'amore con me?-
-Ma no, pentito no. Lo volevo tanto da star male. Ma forse non era giusto per te farlo con me.
Spero solo di non averti fatto male, so di essere stato un po’ irruento. Sono mortificato.-
-E sentiamo, cosa ti fa pensare tutto questo? Ti ho dato l'impressione di essere stata male? Ti ricordo che lo abbiamo già fatto dopo il mio intervento, o hai perso di nuovo la memoria?-
-Fran... non arrabbiarti, ti prego. E poi... avrei giurato che tu stessi piangendo...-
-No, non mi arrabbio.... SONO FURIOSA!.... SEI... SEI UN TESTONE, UN DEFICIENTE, POSSIBILE CHE NON TI ENTRI IN QUELLA ZUCCA VUOTA CHE VOGLIO SOLO TE, E CHE TI VORRO' PER SEMPRE? NON ME FREGA UN CAVOLO SE SEI UN CYBORG O QUALSIASI ALTRA COSA. IO TI AMOOOOO. TE LO METTI IN TESTA UNA BUONA VOLTA?-
-Scusa, lo so che sono sempre il solito lunatico, umorale, indeciso ed autolesionista. Ora però calmati, o sveglierai Xavier.-
-E TU NON FARMI ARRABBIARE.- Sospirò.....Cercò di calmarsi... poi riprese fiato...
-Le mie lacrime erano di pura gioia... Joe, io vorrei che tu capissi una buona volta che...-
Non gli dette il tempo di finire la frase che gli stampò le labbra sulle sue. Un bacio che la mandava su un altro pianeta, come sempre, fino a farla restare senza fiato.
Quando si staccarono...
-Va bene come risposta?-
-Si, è proprio quella che volevo di più.-
-Ora dormi dolce amore mio.-
-Non è che mi tramortisci un'altra volta come sull'aereo, vero?-
-Preferisco svegliarmi con te domattina.-
-Come ai vecchi tempi amore. E così come per i prossimi cento-mille anni, che ne dici? Ti va l'idea?-
-Non chiedo di meglio. Però... cosa penserà Xavier se ci trova insieme? Forse è meglio se tra qualche ora io...-
-Sciocco, ti adora. Sarà molto felice per la sua mamma, te lo assicuro. Non sai quando senso di protezione ha per me. Anche in questo mi ricorda te. Siete uguali in molte cose... troppe... a dire il vero.-
...Sospirò, anche se sorridendo velatamente.
-Stai chiedendo aiuto?-
-In un certo senso... ma è un pericolo che non vedo l'ora di correre.-
Sorrisero entrambi. Françoise tornò nella sua posizione preferita abbracciando il suo uomo con tutta se stessa per poi addormentarsi placidamente tra le sue braccia.
"E' qui che intendo stare d'ora in poi, stupido. E tu non me lo impedirai, anche a costo di tramortirti io questa volta... puoi giurarci!"
"Si, decisamente mi sento rinato. Ho la mia ragione di vita tra le mie braccia e farò l'impossibile per renderla felice. Si, decisamente è quello che più voglio."

Capitolo 20

Il risveglio non poteva essere dei migliori. Lei non si era staccata da lui di un centimetro e, quando si svegliò, cominciò a guardarlo, ad accarezzarlo dolcemente, fino ad arrivare ai suoi capelli. Quanto le piaceva farlo. "Se penso a questi anni passati senza di te e a quante donne possono averti toccato, baciato e amato come ho fatto io stanotte, divento pazza di rabbia." Era come se rivendicasse una sua proprietà personale. Lui si svegliò mugolando compiaciuto sotto le sue carezze, aprì gli occhi per incontrare subito quelli di lei conditi da un sorriso che sapeva essere riservato solo a lui.
-Buongiorno.-
-Buongiorno.-
-Da quanto sei sveglia?-
-Da mezz'ora circa.-
-Perché non mi hai svegliato?-
-Era troppo bello guardarti.-
-Come facevamo sempre.-
-Si, le vecchie abitudini non svaniscono mai.-
-Ho dormito proprio bene.-
-Davvero? Non ti ho lasciato molto spazio nel letto.-
-Appunto per questo.-
-Sono felice Joe.-
-Anch'io.-
-Cosa faremo ora?-
-Stanotte ho fatto un sogno, per la millesima volta... credo... Siamo sulla scogliera io e te... mi rimproveri per le stesse cose, tra cui l'aver deciso qualcosa di importante per entrambi... sei arrabbiatissima, mi dai del vigliacco ed io mi prendo un sonoro ceffone. Per poi andartene da me. Non voglio più fare quel sogno. Ed ora che sono riposato, sereno e felice, lascio decidere a te. Ogni cosa va benissimo.-
-Davvero posso decidere io per entrambi? Sarebbe la prima volta.-
-Si ma... ti prego... solo richieste ragionevoli... ok?-  le disse sorridendo.
Lei gli ricambiò il sorriso ma... "Ora ti faccio vedere io, carino!"
-Joe, prima che io parli, devo farti una domanda molto importante.-
-Chiedi pure, qualsiasi cosa.-
-Sicuro che... non c'è nessun'altra donna in questo momento?-
-Mi conosci bene. Sono qui insieme a te, come puoi solo pensarlo?-
-Non dirmi che in tutti questi anni tu...-
-No Françoise, no di certo. Mentirei se lo dicessi. Certo, c'è stata qualche ragazza, ma ogni volta era chiaro come il sole che non potesse esserci un futuro. Quello dovevo ancora trovarlo.-
-Ed ora pensi di averlo trovato?-
-Tu che dici?-
Françoise restò in silenzio, con il suo classico sguardo pensieroso che lui conosceva a memoria…
-Fran… sei ancora con me?-
-Se penso che un’altra donna possa averti toccato, baciato e amato, divento pazza di gelosia.-
-Ma non eri te che mi rimproveravi sempre per mia eccessiva gelosia?-
-Taci.-
-Va bene, ma non arrabbiarti…. gelosona.- …Le disse sogghignando…
-Joe, ascolta. Io ho chiaro ed in mente ciò che voglio ma capisci che la situazione è cambiata e non vorrei che tu... insomma... dopo aver fatto l'amore... Xavier... non deve essere facile per te decidere. Non fraintendermi,  io desidero che, quel che c'è stato tra noi stanotte, ci sia tutte le altre notti della mia vita, solo... non voglio che ti senti obbligato ecco...-
-Françoise, quando ti ho chiesto di decidere per entrambi, dentro di me era tutto chiaro e limpido e... quando ti dico tutto... dico davvero tutto.- "E poi sarei io il cervellotico cronico!"
Seguì un momento di silenzio, giusto il tempo necessario a Françoise per raccogliere i suoi pensieri…
-Joe, voglio che tu torni immediatamente a vivere a Parigi con me... con noi. Ecco l'ho detto!-
Lo disse tutto d'un fiato per paura che le parole le morissero in bocca prima di uscirne fuori, quasi tremolante. E' vero che era maturata e che era molto più sicura di se stessa ma davanti a lui era tornata quella di una volta... o quasi. "Perché dopo tutto questo tempo il suo sguardo mi fa sempre il solito effetto... sei una causa persa Françoise. Ma mi aspetto già una risposta ed una spiegazione contorta delle sue... non contarci troppo che sia cambiato". Si riprese da quei pensieri e continuò decisa…
-Ma stavolta sappi che la tua decisione deve essere quella definitiva. Non sono più da sola, ora c’è Xavier e, l’ultima cosa che voglio, è che lui soffra.- …lo avvertì…
-Accetto molto volentieri.- Lei lo guardò sgranando gli occhi, come se non avesse capito bene le sue parole…
"Cooosaaa? Sto sognando... no, non sto sognando. E' quello che ha detto. Rilassati Fran, è tutto a posto. Anzi... proviamo a cavalcare l'onda... non si sa mai!" Ritornò in se chiedendosi se dirgli o meno l’altra cosa che stava pensando in quel momento, ma oramai era troppo decisa a farlo… 
-E in un futuro non troppo lontano io... io vorrei... insomma.-
Non la fece nemmeno finire di parlare che Joe...
-Françoise. Sposami.-
"Ecco, ora sto davvero sognando. Qualcuno mi dia un pizzicotto per favore."
-Prima che tu mi risponda, la risposta è no. Non stai sognando. Te l'ho chiesto sul serio. Vuoi diventare mia moglie?-
Lo guardò imbambolata, come spesso le accadeva in passato quando lo guardava in quegli occhi scuri come la notte, rapita e perdutamente innamorata...
-Se lo voglio?... Se lo voglio?... certo che lo voglio. E' la cosa che ho sempre desiderato dal primo momento che ti ho visto.-
-MAMMAAA... MAMMAAAAA.-
Si stavano baciando appassionatamente quando lei...
-Si è svegliato... Arrivoooo tesoro.-
-Aspetta, vengo con te.-
Andarono insieme in cameretta di lui il quale, vedendoli assieme...
-Joeeee. Che bello vederti. Allora rimani con noi...Ma per quanto?-
Mentre lo diceva all'improvviso mise il broncio e divenne serio abbassandola testa.
-Joe e Françoise si sedettero nel suo lettino...
-Tesoro, Joe rimarrà con noi per sempre, se a te fa piacere.-
-Certo mamma che mi fa piacere... Evvivaaaaa.-
L'indomani passarono dal dottor Gilmoure, raggiante di vederli insieme.
-Tesoro, vai a cercare Ivan, così giocate un po' insieme.-
-Grazie mamma, vado subito.-
-Finalmente ci rivediamo Joe.-
-Professore, non mi faccia sentire in colpa più di quando non mi senta già... la prego.-
Spinti dalla commozione e da Françoise, Joe e Gilmoure si abbracciarono molto calorosamente.
-Devo dedurre che vi siete di nuovo ritrovati.-
-Si dottore, e questa volta per sempre.-
-Lo vedo.- Gilmoure osservava come Françoise tenesse Joe per la mano e di come cercasse il suo contatto come una cozza.
-Allora entrate, voglio mostrarvi una cosa.-
-Di che si tratta professore?-
-Di un qualcosa che sembra fatto a posta per voi, ora che siete di nuovo insieme. Prego, andiamo nel mio laboratorio.-
-Eccoci professore.-
-Sedetevi.-
Gilmoure prese dal piccolo frigorifero un pacchetto e lo mise sul tavolino davanti ai due ragazzi.
-Apritelo.-
Joe e Françoise si guardarono un po' stupiti e decisero di aprire la speciale scatolina, se Gilmoure la teneva ben al sicuro e al fresco insieme agli altri preparati, doveva essere molto importante.
-Ma cosa sono queste?- Esclamò Joe...
-Sembrano normali compresse.- Aggiunse Françoise
-Esatto... sembrano.- ... proseguì Gilmoure.
-Per arrivare a completarne la formula, ci ho impiegato quasi cinque anni, col prezioso aiuto a distanza di una vostra vecchia conoscenza, il dottor Ryan.-
A quel nome Joe aggrottò la fronte e Françoise si irrigidì all'istante.-
-Non fate quelle facce. Questi farmaci potrebbero aiutare Joe a darvi finalmente quello che avete sempre sognato, dei figli. Non garantisco il risultato al 100%, ma c'è una buona probabilità che abbiano effetto. Ve ne parlai anche anni fa, quando erano ancora in fase di sperimentazione. Quello che non vi dissi riguardava gli effetti collaterali. Sarebbe stato rischioso per Joe assumerli in quel momento. Ora invece sono innocui. Sono a vostra disposizione, se volete potete prendere anche tutta la confezione. Io posso farne quanto voglio.-
I due ragazzi si guardarono negli occhi, gli uni più in procinto di piangere di gioia degli altri. Forse, ne era valsa la pena aspettare così tanto per un figlio tutto loro.
-Professore, non sappiamo cosa dire.-
-Non dite niente. Solo... questa volta fate in modo di restare insieme. Ve lo chiedo come un padre.-
Si abbracciarono teneramente, Joe in particolare... era felicissimo. Promisero a Gilmoure che lo avrebbero invitato al matrimonio e alla futura nascita del loro figlio tanto desiderato.

Epilogo

Parigi, cinque mesi dopo....

Quando Françoise dette la notizia assieme a Joe e Xavier ai suoi genitori, era molto preoccupata. Rimase stupita dalle loro reazioni e dalla gioia con la quale appresero la notizia. Anche Joe si stupì, credendo di non essere ben accolto, Invece, ciò che entrambi lessero nei loro occhi e in quelli di suo fratello Jean furono frasi del  tipo: "Finalmente... era ora... alleluya... fossi stato in voi avrei aspettato un altro po'"... come se per loro fosse una cosa già scritta anni e anni fa.
All’inizio doveva essere un matrimonio per pochi intimi. A parte i parenti stretti di lei, gli altri cyborg, qualcuno con le rispettive compagne ed il dottor Gilmoure, Joe e Françoise consegnarono l’invito di persona a Erica e Ludmilla, la quale, oramai, abitava quasi stabilmente a Parigi dalla cugina.
Successivamente il numero degli invitati salì vertiginosamente, questo per molto merito o demerito di Anne e Maxence Arnoul, con parenti ed amici che spuntarono fuori da tutte le parti.
Il matrimonio tra Joe e Françoise ebbe luogo alla Eglise Sainte-Marie-Madeleine, la bellissima chiesa vicino al centro di Parigi. Era quella più vicina all'attico di Françoise ed inoltre era tradizione, per tutti gli Arnoul, sposarsi lì. Françoise non volle essere da meno. Gli sposi erano al settimo cielo e gli amici più intimi, come Cathrine, la compagnia di ballo di Françoise, piangevano di gioia.
Fu come l'inizio di una nuova era... dopo tante rincorse, pianti e avvenimenti, il fato aveva finalmente deciso per tutti e due, visto che da soli avevano combinato solo dei pasticci. Quello che ancora non sapevano, lo scoprirono, o meglio, lo sospettarono durante il viaggio di nozze.

Isole Maldive...

-Xavier l’ho sentito proprio felice. Quasi quasi non gli manchiamo. Credo che sia normale quando vivi con due nonni che ti fanno fare tutto quello che vuoi. Si è preoccupato solo un po’ quando mi hai passato il telefono all’improvviso e non lo hai quasi salutato. Gli ho detto che sei dovuta scappare in bagno e di non preoccuparsi. Ti salutano i tuoi.-
-Tutto bene da loro?-
-Si, sono molto occupati con il bambino. Tuo padre è ringiovanito di cinquant'anni. Non so chi si diverte di più con quella pista... se lui o Xavier.-
-Grazie Joe.-
-Stai bene?-
-Credo di si.-
-Quella nausea che hai da qualche giorno non è normale...ma... ACCIDENTI... NON SARAI MICA...-
-NO... non dirlo... ti prego. Fammi sognare fino a quando non torniamo a casa.-
-Hai ragione... sarebbe troppo bello.-

Parigi, due settimane dopo, presso l'ambulatorio medico della dottoressa Lemaire....

-Ragazzi... ho con me i risultati.-
Joe stava tenendo la mano di Françoise ancora sdraiata sul lettino dopo aver fatto l'ecografia. Appena udirono la dottoressa, i loro sguardi incrociarono i suoi e intuirono subito quali fossero i risultati. Il sorriso di Michelle non lasciava alcun dubbio.
-Dottoressa... ci dica...è... si?-
-Si Joe, la nostra Françoise è incinta.-
Lei strinse la mano di lui come per stritolargliela e lo accarezzò dolcemente nel viso.
Joe era visibilmente commosso, ancora non ci credeva. Lei lo abbracciò, capendo bene il suo momento particolare. Lo guardò negli occhi e posò la fronte sulla sua.
La dottoressa Lemaire, quasi si commosse di fronte a quei gesti...
-Vi lascio un po' soli, ci vediamo tra qualche minuto.-
-Grazie Michelle.-  Disse Fran... mentre lui era ancora assorto nei suoi pensieri ma con un sorriso che stava per esplodere assieme al pianto.
-Visto che ce l'abbiamo fatta?- Disse lei piangendo...
-Sei stata bravissima, sono orgoglioso di te.- Sopraggiunse lui mentre lei gli asciugava la lacrima sulla guancia e la stessa cosa faceva lui con lei.
-No, siamo stati bravissimi entrambi.-
-Ti amo Françoise.-
-Ti amo anch'io Joe.-
Poco dopo rientrò la dottoressa che si raccomandò ai ragazzi di usare la massima cautela, vista la particolarità della gravidanza, e di eseguire i normali controlli.
-Grazie di cuore Michelle.-
-Ci vediamo il prossimo mese per il controllo.-
-Arrivederci.-
-Arrivederci.-
-Non vedo l'ora di dare la bella notizia a Xavier.-
-Chissà come sarà contento, così avrà un po' di compagnia per giocare.-
-Dobbiamo dirlo a tutti gli altri, ci dividiamo i compiti?-
-Va bene, però senza barare... ok?-
Mentre andavano dai genitori di lei...
-Joe, sei sempre convinto di comprare quella casa enorme?-
-Françoise, a noi ci occorre una casa più grande, tra poco saremo in quattro... ti ricordo.-
-Dai Joe, il mio attico era più che sufficiente.-
-Meglio una casa con giardino e piscina, così i bimbi hanno più spazio per giocare.-
-Va bene, questa volta ti permetto di decidere per entrambi... ma che sia l'ultima volta...-
-Ricevuto sergente.-
-Quindi... a questo punto... direi che ho mantenuto al cento per cento la mia promessa.-
-Si, ora posso dire che lo hai fatto... anzi... LO abbiamo fatto insieme. Infatti siamo tu, io, Xavier... e tra otto mesi saremo al completo.-
-Te lo avevo detto che bisognava essere per forza in due.-
-Anch'io te lo avevo detto.-
-E quando?-
-Beh... ora.-
-Buffone.-
-Siamo arrivati.-
Scesero dall'auto di Joe e parcheggiarono nel vialetto della casa dei genitori di lei. Xavier, al suono inconfondibile del bolide di Joe uscì di casa di corsa e venne loro incontro...
-MAMMAAA, JOEEEE.-
Si abbracciarono affettuosamente, poi Joe lo prese in braccio e lo mise dietro sulle sue spalle. Era una cosa che a Xavier piaceva moltissimo. Françoise gli si mise di fronte...
-Amore, voglio che tu sappia una cosa.-
-Cosa mamma?-
-Ti ricordi quando ti chiesi se volevi avere un fratellino o una sorellina?-
-Siiii, una sorellina, un fratellino… vabbè, gli presterò i miei giochi.- Disse un po’ titubante ma sorridente…
-Allora voglio che tu sappia che, è ancora presto per sapere se sarà una sorellina o un fratellino ma sicuramene  tra otto mesi avrai il tuo compagno di giochi.-
-DAVVEROOOO? EVVIVAAAA.-
Françoise guardò Joe con Xavier sempre sulle sue spalle che canticchiava prima di entrare a casa dei suoi. Joe ricambiò con il solito sguardo d'intesa. Si avvicinò a lui e gli si strinse al petto. Poi lo baciò.
-Ce l'abbiamo fatta amore mio, ci pensi? Tutti i nostri sogni si stanno avverando.-
-Si amore, ci abbiamo messo tanto ma ce l'abbiamo fatta.-
-Andiamo dentro?-
-Si, andiamo.-
-Aspetta... Joe.-
-Si?-
-Niente... sono felice... strafelice.- Lui le sorrise e lei fece lo stesso...
Non sapeva esattamente cosa dire, troppe emozioni, e tanta felicità. Ne avevano passate tante, di belle e di brutte. Quando si dice il destino. Non sempre è stato benevolo con loro nel corso degli anni ma certo è che, nel finale, gli ha riservato quattro posti in prima fila per lo spettacolo più bello di tutti: quello della felicità.

 

 

NB: 1) Alcuni termini francesi e giapponesi sono volutamente scritti. Non tutti sono tradotti. Chi, come me, è amante delle fancic di Cyborg 009, non avrà grosse difficoltà a tradurli.
2) Alcuni fatti, personaggi, descrizioni ed alcune date storiche inerenti la Guerra Fredda USA-URSS, sono reali. Tutto il resto è pura invenzione.
Spero tanto vi possa piacere.                                                                                                                     
                                                                                                                           18/04/2021

 

 

 

© 15/05/ 2021

 



 
 


Questo e' un sito amatoriale il cui unico scopo è divulgare ed informare senza fini di lucro alcuno.
Tutto il materiale, le immagini e gli screenshots su queste pagine sono di proprieta' dei relativi autori e sono offerte solo a scopo dimostrativo e descrittivo

Copyright (c) 2006 - 2011   |   Cyborg 009 Il forum italiano   |   Kibou